Trentino Alto Adige: La svolta, nella Realpolitik di S. Magnago
L'intuito di trasformare il «los von Rom» in «los von Trient»
Per capire meglio il ruolo che
Silvius Magnago giocò nella storia del moderno Sudtirolo, è bene
cominciare un po' indietro nei tempi, risalendo alla fine della
Grande Guerra, quando il trattato di pace di Versailles stabilì
quali fossero i nuovi territori attribuiti all'Italia.
Per una sorta di incongruente interpretazione dei principi
declamati da Wilson, fu impedito all'Italia di congiungersi a
Fiume, ma le fu permesso di annettersi la provincia di Bolzano.
L'Italia parlò (forse giustamente nella logica di allora) di
«vittoria mutilata», ma nessuno difese i Sud Tirolesi (appartenenti
ad una nazione sconfitta), sicché si trovarono ad essere «italiani»
obtorto collo non appena lo Statuto Albertino ratificò il nuovo
confine.
L'apice dell'intolleranza verso gli Altoatesini venne tuttavia
raggiunto nel 1938, quando Hitler e Mussolini firmano il trattato
per cui i cittadini italiani di madre lingua tedesca dovevano
optare tra il restare italiani o l'emigrare in Germania.
Bisogna dire che Hitler in questo caso fece un'eccezione in onore
al suo amico e maestro Benito Mussolini, perché era abituato a
prendersi militarmente senza troppi complimenti tutti i territori
popolati da tedeschi, mentre in questo caso si abbassò ad accettare
il solo trasferimento della sua gente nella madre patria
Deutschland.
Fatto sta che in quel maledetto 1938 gli Altoatesini si trovarono
costretti a scegliere tra l'essere dei «Dableiber» (restare qui) e
degli «Optanti» (andarsene).
Come si vede, la storia ci ha consegnato spudoratamente una parola
in tedesco per definire chi voleva restare in Italia e in italiano
per chi voleva andarsene in Germania.
Optarono in 220.000, dei quali solo 60.000 lasciarono
effettivamente il Paese. Più o meno altrettanti decisero di
rimanere.
Poi, dopo l'8 settembre 1943, Hitler riuscì finalmente ad
annettersi il Sud Tirolo tout-court. Già che c'era si prese anche
il Trentino e il Bellunese, raggruppando il tutto in quello che
chiamò Alpernvorland e lo fece dipendere dal Gauleiter di
Innsbruck.
La guerra nel modo che sappiamo e per gli Altoatesini ricominciò
l'incognita dell'appartenenza, sulla cui scelta non potevano
esprimere la propria volontà, sostanzialmente perché la guerra
l'avevano nuovamente perduta.
Con la complicazione che stavolta l'aveva persa anche l'Italia.
I cittadini della provincia di Bolzano rimasero apolidi
fino al Trattato di Parigi del 1948, dove (grazie a De Gasperi) si
stabilì che l'Alto Adige era italiano.
Per avere idea di che cosa abbia significato quel periodo senza
cittadinanza, basti sapere che gli Altoatesini non votarono né per
il referendum tra Repubblica e Monarchia, né per la costituente che
avrebbe dovuto scrivere la Costituzione, proprio perché nel 1946
non erano ancora Italiani.
Il primo atto ufficiale che li riguardò fu l'accordo
Degasperi-Gruber, avvenuto in quello stesso 1946, quando venne
costituita quella che fu chiamata «Frame», una «cornice»
all'interno della quale «gli Italiani e i Tedeschi avrebbero dovuto
trovare un accordo quadro».
I veri problemi dunque erano ancora da venire.
Nel 1945, alla fine della guerra, gli «Optanti» avevano cominciato
a tornare in Alto Adige, sperando probabilmente che stavolta le
cose sarebbero andate meglio.
E quello stesso anno nacque la Südtiroler Volkspartei, un movimento
popolare «trasversale» che non era un partito così come lo è oggi,
ma appunto una posizione comune perché raccoglieva tutti i
cittadini che non condividevano l'appartenenza all'Italia e che
volevano difendere la propria identità.
Nel 1948 la Volkspartei aderì all'impianto costituzionale italiano,
che prevedeva la nascita di una Regione autonoma costituita da due
province, Trento e Bolzano.
Ma le successive esperienze portarono a un graduale allontanamento
dell'area altoatesina da quella trentina, per motivi che
vedremo.
Certo è che dopo i primi difficili anni del dopoguerra, una serie
di concause portò un grande cambiamento epocale: l'intera classe
dirigente originaria della Volkspartei, fino a quel momento
costituita dalle grandi famiglie dell'Alto Adige (ex «Dableiber»),
venne sostituita da una nuova leadership completamente diversa,
formata dagli ex «Optanti». Cosa era successo?
Gli storici attribuiscono la metamorfosi a quattro ordini di
motivazioni, tra le quali la «Questione Odorizzi» (come vuole la
Storia ufficiale) è solo una parte.
1. Il primo è dato da quel progressivo allontanamento degli
Altoatesini voluto dai Trentini dall'esecutivo della Regione, dove
la maggioranza era inevitabilmente italiana. L'autonomia risultava
dunque così fittizia, e gli Altoatesini la ritennero una presa in
giro.
2. Il secondo è dato da un importante avvenimento storico. Nel
giugno del 1957 l'Austria sottoscrsse il cosiddetto «Trattato di
Stato», grazie al quale finalmente tornava ad essere uno Stato
dotato di una sua propria sovranità, con l'unica condizione di non
potersi schierare né con il Patto Atlantico né con il Patto di
Varsavia.
3. Il terzo è frutto del precedente, perché l'evento generò le
prime istanze nazionali da parte dell'Austria, che voleva
riprendersi (o quantomeno tutelare) i fratelli rimasti fuori dai
confini. In particolare, i cittadini del Tirolo del Nord iniziarono
a fare pressioni su Vienna affinché lo Stato si adoperasse per
riunirli con i Tirolesi del Sud.
4. Con l'insorgere delle istanze rivendicative dei cugini di oltre
Brennero, anche in Alto Adige si sollevarono le frange più
interessate al raggiungimento della propria autodeterminazione.
Fatto sta che ad un certo punto la leadership della Volkspartei
venne sostituita da politici del livello di Magnago, Brugger,
Volgger, Dietl e altri ancora. Leader di coloro che erano decisi a
conservare la propria identità, Magnago organizzò a Castel Firmian
per il 17 novembre del 1957 il congresso della Volkspartei.
Ed è lì che coniò il motto destinato a passare alla storia: «Los
von Trient».
Di fatto, però, è a Casterl Firmian che Magnago fece la grande
svolta che molti patrioti definirono deleteria, ma che la storia
consegnò al leader altoatesino la statura di grande statista.
Lo slogan che fino a quel momento era in voga presso i separatisti,
era «Los von Rom». Gli "optanti" tornati a casa non avevano vie di
mezzo: volevano staccarsi da Roma, cioè dall'Italia, punto e basta.
Il clima era esattamente come quello che si sarebbe respirato per
decenni nell'Irlanda del Nord.
Magnago, che evidentemente aveva una visione realistica sulle
possibilità di ottenere l'"indipendenza" dall'Italia, smise di
predicare il «Los von Rom», per la semplice ragione che sapeva
perfettamente che era una strada impercorribile.
Insomma, se da una parte non abbandonò l'idea
del'autodeterminazione, dall'altra non la rivendicò mai.
In un periodo di Cortina di ferro, di Guerra fredda e quant'altro,
non sarebbe mai stato ammesso neanche un pur minimo spostamento
degli equilibri internazionali.
L'unica strada percorribile invece era la separazione da
Trento.
Invece coltivò un altro principio, quello proprio del
«Sammelpartei» (partito di raccolta), che tenne uniti i propri
sostenitori grazie a una perenne rivendicazione di diritti.
Di fronte ai grandi ideali, su questo non c'erano dubbi, gli
Altoatesini non si sarebbero mai frazionati in molti partiti che ne
avrebbero indebolito la forza e la portata politica in sede
nazionale italiana.
Un uomo di stato, dunque, ma anche un grande politico
Qui finisce la nostra storia del «Los von Trient», dalla quale - è
da ricordare - cominciò anche la vera storia del Trentino.
Ripercorriamo qui di seguito i passi principali di quanto
accadde dopo
- Nel 1959 la Volkspartei esce dalla Giunta
Regionale del Trentino Alto Adige, lasciando solo un assessore a
titolo di rappresentanza etnica.
- Alla fine di quello stesso anno, l'Austria presenta all'ONU un
primo ricorso nel quale espone il problema della separazione del
Tirolo del Nord da quello del Sud. Non ne esce nulla.
- Nel 1960 l'ONU si esprime su una seconda istanza
presentata dall'Austria, deliberando stavolta che «Italia e Austria
devono mettersi d'accordo». Può sembrare a prima vista una
decisione salomonica, ma invece è una rivoluzione vera e propria,
perché l'Alto Adige diventa finalmente un problema di politica
internazionale.
- Nulla accadendo, a fine giugno del 1961 scoppia
quella che viene chiamata «la Notte dei fuochi»: vengono fatti
saltare in aria una decina di tralicci dell'alta tensione. Nessun
morto e nessun ferito, solo un «incentivo» a mettersi al tavolo
della trattativa.
(Seguirà anche una stagione di attentati mortali, dei quali non
vogliamo parlare in questa sede, sostenuti e finanziati da ambienti
di Monaco e di Norimberga. Ricordiamo solo il primo caduto della
stagione degli attentati, un povero stradino di Salorno di nome
Postal.)
- Sempre nel 1961 il Presidente del consiglio
Scelba istituisce finalmente la «Commissione dei 19», formata da
Sudtirolesi e da Trentini.
- Nel 1964, alla fine delle trattative, i 19
redigono un rapporto finale che diventa la base sulla quale verrà
poi elaborato il «Pacchetto Trentino Alto Adige». Verrà firmato da
Saragat e Kreisky.
- A metà 1969, un congresso della Democrazia
Cristiana trentina approva il Pacchetto.
- Alla fine di quel medesimo 1969, Magnago riesce
a far approvare il Pacchetto dalla Volkspartei in un congresso
difficile e tumultuoso. La maggioranza è appena sufficiente, ma
c'è.
- Nel 1972, il Parlamento Italiano approva il
Pacchetto, che modifica l'impianto costituzionale italiano dando
vita alle due province autonome di Trento e di Bolzano, accomunate
da una Regione destinata a perdere sempre più importanza.
- L'Austria darà l'imprimatur solo nel 1992,
quando il Pacchetto oramai sarà quasi completamente attuato.
- Dal 2001, i cittadini di entrambe le province
autonome eleggono i propri Consiglieri Provinciali, che - riuniti -
vanno a formare il Consiglio Regionale. Prima venivano eletti i
Consiglieri Regionali che, ritirandosi nei rispettivi emicicli,
formavano il proprio Consiglio Provinciale.
Nel dicembre 2006, l'onorevole Michl
Ebner chiese al senatore trentino Giorgio Postal di scrivere una
testimonianza sul Los von trient da pubblicare nel suo libro
intitolato «Weil das Land sich ändern muss…». La riportiamo qui di
seguito. |
Dunque, oggi «Los von Trient» è uno slogan «ampiamente superato»,
grazie a Dio.
Comunque sia, è stato l'inizio di un lungo e faticoso cammino che
ci ha portati a questo stato dell'Autonomia per le due province,
che tutto il Mondo ci invidia.
E la gente del Trentino e dell'Alto Adige, che ne gode i frutti,
dovrebbe sempre ricordarsi degli eventi che ci hanno portati fin
qui in questi 50 anni di strada, dei quali Silvius Magnago fu uno
dei grandi artefici.
Guido de Mozzi
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