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80 anni fa 1.022 ebrei di Roma furono deportati in Germania

I tedeschi si erano fatti consegnare 50 kg di oro per evitare la deportazione. Gli ebrei consegnarono l’oro, ma furono deportati ugualmente. Tornarono in 16

Il 16 ottobre 1943 accadde in Italia il primo gravissimo delitto contro l’umanità perpetrato dai tedeschi in Italia ai danni della Comunità ebraica, dopo l’occupazione del Paese.
Mussolini era stato liberato dai Tedeschi e già il 23 settembre venne fondata da Hitler la Repubblica Sociale Italiana, conosciuta come Repubblica di Salò, alla cui guida il Führer insediò Mussolini.
Il Duce era un fantoccio nelle mani dei tedeschi e lui stesso aveva accettato l’incarico solo perché non poteva evitarlo. L’unica cosa che sperava era salvare l’«Italianità», cui teneva molto. A volte si batté per evitare alcune stragi, ma fu sempre inascoltato. «Non facciamo altro che incitare alla rivolta», diceva.
Anche i ministri della Repubblica di Salò contavano poco o nulla.
Insomma, i Tedeschi comandavano. Facevano letteralmente quello che volevano.
E il primo delitto spaventoso avvenne quasi subito: il 16 ottobre 1943. Ottanta anni fa.
 
Mussolini, con l’alleanza dei tedeschi del 1938, aveva varato le famigerate leggi razziali. E il Re - si trattava dunque di una “dittatura costituzionale” - le aveva approvate tout-court. Una leggerezza quella del Re tuttora inspiegabile.
Però il fascismo aveva discriminato gli ebrei, ma non li aveva mai perseguitati. Una volta Hitler chiese addirittura al Duce di inviare gli ebrei italiani in Germania, ma Mussolini lo aveva mandato al diavolo.

Theodor Dannecker.

Sempre nel nome dell’«Italianità», non venivano discriminati solo gli ebrei, ma anche i cittadini che non parlavano italiano. Ai Valdostani di lingua francese, agli Altoatesini di lingua tedesca e perfino ai Giuliani di lingua slava fu vietato di studiare le loro madri lingue.
In Alto Adige l’insegnamento del tedesco fu mantenuto nella clandestinità, la sera, come i carbonari. Probabilmente anche in Val D’Aosta e nella Venezia Giulia si fece la stessa cosa.
Gli ebrei invece erano sì italiani, ma rispondevano anche allo Stato di Israele. Per il Duce era un’«italianità bislacca». Oggi hanno semplicemente il doppio passaporto.
 
Fatto sta che quando vennero i tedeschi a Roma, la prima cosa che fecero fu di perseguitare gli ebrei.
Già il 26 settembre le SS romane (e di conseguenza la polizia italiana, ormai assoggettata al nuovo padrone) comandate da Herbert Kappler, tenente colonnello a 36 anni, aveva convocato all’ambasciata tedesca il presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche Dante Almasi e il presidente della comunità romana Ugo Foà.
I due si presentarono e la richiesta di Kappler fu perentoria e precisa:
«Non ci interessano le vostre vite. Vogliamo solo il vostro oro. Entro 36 ore dovete portarci 50 chili di oro per le armi del Reich, altrimenti verrete deportati in Germania.»
Le autorità italiane, cui si rivolsero subito i due esponenti ebraici, non fecero a nulla.
I due allora cominciarono freneticamente a cercare l’oro. Nel timore di non trovarne abbastanza, gli ebrei si rivolsero anche al Vaticano. E il Vaticano li aiutò. Tano vero che alla fine si trovarono nelle mani 80 chilogrammi d’oro. Ne consegnarono 50 e portarono i 30 in eccesso al Vaticano, che li mise in salvo.
I tedeschi pesarono l’oro e lo presero senza rilasciare ricevute.
 
Il 13 ottobre i tedeschi fecero irruzione nei centri culturali ebraici e devastarono la biblioteca, senza che la polizia italiana facesse nulla.
Ma il peggio era ancor da cominciare.
All’alba del 16 ottobre, del quale oggi ricorre l’80esimo anniversario, 350 agenti tedeschi circondarono il ghetto di Roma e portarono via tutti. Erano comandati dal capitano SS Theodor Dannecker, che riferiva direttamente a Adolf Eichmann, l’autore della «Soluzione finale».

Pio XII.

Alcuni ebrei riuscirono a cavarsela perché furono ospitati da amici che non avevano paura di ritorsioni (come Anna Frank). Ma alla fine furono deportati 1.022 ebrei.
Alla fine della guerra ne tornarono solo 16, una donna e 15 uomini.
Nessuno, neanche il Papa, provò a impedire la partenza del convoglio che portava gli ebrei in Germania.
Forse il Papa avrebbe potuto fare qualcosa, ma non era un segreto che Hitler avrebbe voluto deportare anche il Santo Padre. Pio XII fece bene a non intervenire? Fece male? Gli storici su questo sono ancora divisi.
 
Dannecker diede la lista a Kappler, il quale fece rapporto a Wolff, capo delle SS in Italia, che a sua volta riferì a Mussolini l’accaduto. Non sappiamo come il Duce prese la notizia.
La razzia al ghetto di Roma fu il più odioso episodio di persecuzione ebraica nel nostro Paese.
In altre regioni, forti di quanto accaduto a Roma, gli ebrei vennero ospitati di nascosto dai cittadini e nei conventi.
Ma sarà impossibile dimenticare che i Tedeschi si comportarono da volgari truffatori della peggior specie, briganti da strada. Prima hanno estorto l’oro (che forse - senza ricevuta - non hanno mai inviato in Germania), per poi rimangiarsi la parola: sicuramente avevano deciso a priori questo comportamento immorale.
Alla fine della Guerra, il Vaticano consegnò allo Stato di Israele i 30 chili di oro che erano avanzati.
 
Guido de Mozzi - g.demozzi@ladigetto.it
 
 Che fine hanno fatto  
Herbert Kappler era nato a Stoccarda nel 1907. Arruolato nelle SS, fu l’autore della spaventosa rappresaglia delle Fosse Ardeatine, ordinata da Hitler, ma incrementata da lui.
A fine della guerra fu processato in Italia e condannato all’ergastolo.
Il 15 agosto 1977 riuscì a evadere e morì a casa sua sei mesi dopo, il 9 febbraio 1978.
 
Theodor Dannecker era nato a Tubinga nel 1913.
È stato un militare tedesco, membro delle SS nazionalsocialiste ove raggiunse il grado di SS-Hauptsturmführer (capitano).
Fu uno dei principali collaboratori di Adolf Eichmann nell'esecuzione della cosiddetta «Soluzione finale della questione ebraica».
Alla fine della guerra fu arrestato dall’Esercito americano nel dicembre 1945.
Ebbe il buongusto di suicidarsi pochi giorni dopo il suo arresto.

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