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Il romanzo dell'estate: «Operazione Folichon» – Capitolo 25°

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Guido de Mozzi

«Operazione Folichon»

Primavera - Estate 2010

PERSONAGGI


Dott. Marco Barbini

Imprenditore italiano

On. Vittorio Giuliani

Senatore della Repubblica Italiana

Arch. Giovanni Massari

Imprenditore italo americano

Eva de Vaillancourt Massari

Moglie di Massari

Geneviève Feneuillette

Baby-sitter di casa Massari

Antonio Longoni
Cesare Agnolin
Giancarlo Negroni

Soci d'affari di Massari

Julienne (Giulia) Lalancette

Assistente di Massari

Rag. Luciano Pedrini (610)

Promotore finanziario di Massari

Giuseppe Kezich

Maestro di caccia

Amélie Varenne

Estetista di Eva Massari

Ing. Giorgio Scolari

Titolare del calzificio Technolycra Spa

Col. Antonio Marpe

Dirigente del Gico

Gen. Massimo Frizzi

Alto funzionario della DIA

Massimiliano Corradini

Finanziere sotto copertura del Sisde

Ammiraglio Nicola Marini

Direttore del Sismi


Nomi, fatti e personaggi di questo romanzo sono frutto della fantasia dell'autore.
Eventuali riferimenti alla realtà sono fatti solo per inquadrare il momento storico di riferimento.
Il locale «Le Folichon» esiste, ma non è mai stato teatro di fatti come quello descritto nel presente romanzo.
Stessa cosa per l'Hilton di Roma.


Capitolo 25.
Roma, Hotel Hilton, 15 agosto 2002.




Improvvisamente mi si era presentato il quadro preciso della situazione. Probabilmente la chiaroveggenza dell'idiozia si era fatta strada da sola, e i professionisti odiano i dilettanti proprio per questi sprazzi imprevedibili di lucidità.
«Che sta succedendo, dottore? - Mi chiese Cesare mentre mi portava d'urgenza all'Hilton. - Se vuole posso accendere la sirena ed esporre le luci…»
«Tolte le variabili impazzite, - gli risposi, - quello che rimane è una scienza esatta
«Come ha detto scusi?»
«Vedi, - continuai, spiegandolo più a me che a lui, - se togliendole non resta più niente, significa che le variabili sono delle costanti ben precise.»
«Chiarissimo.» - Mi rispose Cesare con benevolenza. E proseguì di corsa verso l'hotel.
Chiamai al cellulare Marpe.
«Sono io.» - Mi presentai.
«Io chi?» - Domandò il colonnello del Gico.
«Barbini. Ora le faccio io il nome della persona che materialmente ha disposto il mio fermo all'aeroporto di Verona e lei mi dirà…»
«Non lo dica al cellulare, per carità… - Rispose stancamente Marpe. - E non faccia assolutamente nulla…»
La risposta mi bastava. Ero sulla strada giusta. Purtroppo.
«Corri. - incitai Cesare. - Ma non usare né sirene né luci.»
Arrivammo in fretta.
«Aspettami qui.» - Gli dissi, ed entrai di fretta nella hall.
Presi l'ascensore e salii fino al quinto piano perché per raggiungere i due piani superiori ci vuole la chiave magnetica delle camere del Club Vip, che si trovano appunto al sesto e al settimo. E' una sorta di zona riservata ai clienti speciali o abitudinari. Uscii dall'ascensore e salii a piedi la rampa per raggiungere il sesto piano. Se avevano voluto separare i Vip dalla gente comune, dovevano credere che la gente comune non avrebbe mai preso le scale per raggiungere i Vip. Mi portai in uno dei grandi salottoni centrali, in fondo al quale stavano seduti a chiacchierare in tutta intimità Massimo Frizzi e... Eva Massari

Lo sapevo. Il ruolo di Eva si era fatto strada dentro di me sempre con maggiore insistenza da quando avevo parlato con Frizzi. Tutte le cose quadravano alla perfezione, al punto da non quadrare per niente. Poi, mentre ripercorrevo le tappe di questa incredibile storia, mi erano venute in mente due cose.
La prima era l'orario indicato nei messaggi chatt di Eva: portavano la mia stessa ora. Quindi era collegata con un server italiano, magari collocato in Tailandia ma raggiunto di sicuro dall'Italia… Lei dunque era qui. Ma perché mentirmi allora? Perché mentirmi se io e lei eravamo così amici, così vicini? Io e lei non ci saremmo mai mentiti. A meno che… a meno che non si trattasse di qualcosa di una gravità abissale…
E la seconda era che Frizzi non poteva sapere che io avevo raccontato di lui ad Eva perché ne avevamo parlato solo a voce. In vasca, in pieno idromassaggio. Un posto senza cimici.
Eva quindi glielo aveva detto lei. Lei era in collegamento con Massimo Frizzi.
E Marpe mi aveva tacitamente confermato che era stato Frizzi a denunciarmi alla Guardia di Finanza dell'aeroporto di Verona. E io avevo comunicato da poco con lei, ma via Internet.

Anche se me lo aspettavo, confesso che vederli insieme seduti lì a parlare tra loro quando avrebbero dovuto addirittura non conoscersi neanche, mi infastidì non poco. Mi vide per prima Eva, che fece un cenno d'imbarazzo con la mano a Frizzi per avvisarlo della mia presenza. Lui si girò e rimase assolutamente impassibile.
«Salve ragazzi. - Dissi. - Come va? Come va? Tutto bene? Tutto bene?»
Avevo voluto richiamare il saluto cordiale di Giovanni Massari per dare all'incontro una chiave di lettura tagliente. D'altronde, avevo le palle girate e volevo farle girare anche a loro.
«Marco, non ti aspettavamo a quest'ora, - disse Eva. - E' già finita la conferenza stampa?»
Sembrava la risposta di una moglie sorpresa dal marito tornato a casa prima del previsto.
«Abbiamo da fare. - Disse invece Frizzi seccato. - Vattene.»
Non mi è capitato spesso nella vita, ma lì per lì mi sembrava una buona idea. Diedi uno sberlone a Frizzi da fargli voltare la faccia. Scattò in piedi come una molla, ma restò fermo davanti a me come scioccato dalla mia azione, per lui del tutto inimmaginabile. E così riuscii a dargli anche un pugno diretto in faccia che lo ribaltò dietro alla poltrona.
Eva scattò in piedi.
«Marco, cosa hai fatto! Hai perso la testa? E' un alto funzionario della Dia!»
«Sbagliato, è il più basso! Lo puoi addirittura calpestare per la strada.»
«Ma cosa ti prende?»
«Fanculo Eva. Ma con chi cazzo te la vai a fare?»
«Ma chi è che se la fa con lui? Ehi, dico, non sarà mica una scenata di gelosia?»
Perché no? Mi domandai per un attimo, poi tornai a ragionare.
«Da quand'è che lo conosci?»
«Da un anno. Si sono fatti vivi con me quando il clamore dell'operazione si era spento.»
Mi sentii cedere le gambe, perché questo significava che avevo più che ragione.
«Eva, dobbiamo andarcene, altrimenti ci uccideranno.»
«Devi essere impazzito!»
Frizzi iniziò a muoversi dal suo torpore, e sentii che l'ascensore stava arrivando al piano Vip.
Presi Eva per un polso e la strattonai verso le scale. In qualche modo mi seguì e scendemmo la prima rampa di corsa. Al piano di sotto però ci stavano aspettando. Mi fermai e tenni Eva dietro di me.
«Arrestatelo!» - Disse una voce che conoscevo.
«Corradini. - Dissi. - Purtroppo non sei morto…»
Si toccò le palle e sghignazzò, mentre due uomini suoi si mettevano al mio fianco ed Eva si tirava da una parte in attesa di capire che cosa fare. O da che parte stare…
«Ora sentirai se sono morto…»
Sbadabam!
Lo stronzo mi aveva dato un pugno nello stomaco. Me lo aspettavo, per cui non subii un pesante contraccolpo, ma mi piegai lo stesso in due dal male. Forse adesso non mi avrebbe colpito più.
Sbadabam!
E due, vaffanculo… Stavolta mi aveva colpito dal basso all'alto e non me lo aspettavo. Mi mancò il fiato e mi parve di morire.
«Portiamolo nel pianerottolo delle scale di sicurezza, così non ci vede nessuno.» - Disse ai suoi.
Passammo la porta di servizio, mentre cercavo di farfugliare qualcosa per dimostrarmi forte.
«Dunque, - riuscii a bofonchiare, - hai tradito lo Stato, hai rubato milioni di euro, ma hai capito che è finita perché ti ho scoperto.»
«Ti credi intelligente? - Ghignò verso di me. - Sei stato solo un menagramo, un bug, un virus nel sistema… Hai fatto perdere allo stato una montagna di miliardi, hai fatto morire un sacco di persone, hai sfasciato complessi piani d'azione contro la criminalità organizzata e…»
«Quindi non contro di te, dato che appartieni alla criminalità disorganizzata…»
Mi domando sempre perché non riesco a tener chiusa la mia boccaccia di merda, ma non riesco mai a darmi una risposta esaustiva.
Sbadabam!
«Ahhh!»
Stavolta mi aveva dato un diretto alla spalla, facendomi cedere le gambe. Il grido però l'aveva fatto Eva che stava seguendo la scena in mezzo a due sicari di Corradini.
«Io sono intoccabile, pezzo di merda! Per l'anagrafe non esisto perché sono un funzionario dei servizi…»
«Dei cessi, pirla!» - intervenni. Poi mi pentii. - «No, fermo! Giuro che non dico altro…»
Sbadabam!
«Ahia, stronzo! Mi hai fatto male!»
«Fermi, lasciatelo stare!» - Urlò Eva, e Corradini si fermò.
«Fatela star zitta!» - Ordinò ai due gorilla, i quali però non mossero un dito.
«Dunque ho doppiamente ragione. - Dissi. - La mente è Frizzi e tu sei solo la sua mano. Quella che usa per toccarsi le palle, immagino…»
«Frizzi il cervello? Ma se non sarebbe riuscito a nascondere neanche un milione, ha ha, imbecille! Lui è il cervello? Ma chi è che è riuscito a trasferire denaro senza lasciare tracce? Chi è che ha dato le coperture giuste? Chi è che ha tenuto i rapporti con la malavita organizzata? Con la polizia di Duvalier? Idiota! Ti avevamo offerto montagne di quattrini da prendere semplicemente usando il tuo status di illustre e sconosciuto uomo per bene e invece sei riuscito solo a farci cambiare piani per tre volte e infine mi hai costretto ad abbandonare Massari al suo destino.»
Guardai Eva.
«Un piano che doveva fruttare miliardi per tutta la vita, finito nei rifiuti. - Aggiunse. - Dovevano ucciderti fin da quella volta che eri in barca con lei e i bambini…»
«Bene. - Le cose andavano chiarendosi. - E adesso hai intenzione di spararmi qui all'Hilton?»
«Io uso il coltello. Dà più soddisfazione di una pistola. E non fa rumore…»
Si mise i guanti e tirò fuori una babuchka uguale a quella che avevo visto nelle mani di Giuseppe al Folichon e la ruotò più volte in aria per farmi sentire il tipico rumore dell'arma che andava a preparare. Un suono davvero tagliente.
«Cos'è che fa questo rumore? - Gli chiesi, sorprendendomi per aver trovato il coraggio di fare una battuta. - I tuo braccialetto d'oro che sbatte sul temperino?»
«Ti ammazzo.» - Urlò caricando il braccio per accoltellarmi.
«Fermi! Cosa fate?» - Gridò Eva inorridita.
«Portatela via.» - Ordinò Corradini.
«Mani in alto!»
Ci girammo tutti a vedere chi aveva dato quell'ordine improvviso.
«Cesare!» - Gridai con gioia.
Aveva in mano un'automatica gigantesca.
«Mettetevi contro il muro!» - Ordinò deciso.
«Imbecille! - Ghignò Corradini. - Siamo dei Servizi!»
«E allora pulitevi il culo!»
Una battuta che superò quella famosa di Totò quando aveva risposto al colonnello delle SS che gli aveva urlato Ho carta bianca!.
Uno sparo echeggiò nell'aria, e il povero Cesare Cadde per terra. Era stato quel porco di Frizzi che si era ripreso e ci aveva raggiunti dal piano di sotto.
«Cesare!» - Urlai.
A quel punto sparai a Frizzi con la mia Beretta, nessuno aveva pensato di perquisirmi, però avevo centrato in pieno un gorilla, al quale non avevo mirato.
«Dannazione!» - Urlò l'altro gorilla cercando una via di fuga.
Corradini riuscì ad accoltellarmi proprio quando ancora uno sparo esplose dalle mani di Cesare. Con il suo cannone aveva abbattuto Corradini, il cafone, che cadde in terra come un sacco. Di merda.
Persi pietosamente conoscenza.

Mi svegliai la sera in una camera d'ospedale, con un torpore tipico degli antidolorifici più pesanti.
«Come sto?» - Chiesi all'infermiera che si era portata a me non appena mi vide svegliare.
Non rispose e andò a chiamare il medico, poi rientrò. Stavo incominciando a mettere a fuoco le cose.
«Posso alzarmi? - Domandai a bassa voce. - Non ho niente. Un paio di botte in tutto…»
«Lei ha una brutta ferita da taglio. - Disse il dottore. - Quattordici punti esterni e sei interni, le bastano?»
Rimasi immobile dall'idea di avere uno squarcio.
«Mi dica che sta scherzando…»
Il medico reagì malamente e allora cercai con la mano sul ventre finché non trovai una parte del tutto insensibile e coperta da garze e cerottoni. Corradini era riuscito ad infilarmi il coltello e l'idea mi fece star male.
Il medico si rivolse all'infermiera.
«Dica al Prefetto che può entrare, il paziente è in grado di sopportare qualsiasi cosa.»
Entrò il capo della Polizia con… Frizzi, che rimase alla porta. Immaginai che avrebbero dovuto darmi un po' di spiegazioni.
«Come sta?» - Mi chiese il capo.
Non dissi nulla, perché non ne avevo la minima idea.
«Non è niente di grave, - si rispose da solo il Capo. - Però dovrà stare qui qualche giorno. Mi spiace averla messa in questo pasticcio, ma solo lei poteva combinare questo… questo…»
«Questo casino.»
«Sì ecco, vede, non era proprio così che pensavano di condurre le fila. - Indicò Frizzi. - Non la credevamo così reattivo.»
Non dissi nulla.
«Sapevamo tutto e, come le abbiamo confermato l'altra sera, l'infedele Corradini aveva sottratto centinaia di milioni di euro. Non c'era possibilità oggettiva di dimostrare né che erano spariti né che erano stati lui e Massari, ufficialmente morto. Non con le vie normali almeno, quando invece la cosa andava stroncata e subito. Il ministro aveva dato fiato alle trombe e…»
«Dio mio… - Sorrisi chiudendo gli occhi. - Ma non poteva aspettare, anche lui…»
«L'ordine è arrivato anche a lui, dal Presidente del Consiglio in persona.»
«Ma… Il ministro ha appena dichiarato alla stampa che era stata conclusa la più bella operazione antiriciclaggio della storia…»
«Nessuno può mentire il ministro.»
Lo guardai interrogativo.
«E gli spari all'Hilton?»
«Quale sparatoria? Non l'ha sentita nessuno…»
«E la scomparsa di funzionari dello Stato, come la mette?»
Per quanto cotto dagli analgesici, ragionavo ancora.
«Fa parte dei rischi del mestiere. C'è una prassi precisa per gli agenti e i funzionari dei servizi caduti nel compimento del proprio dovere…»
«Dal punto di vista contabile - osservai - si tratta di un regolamento di conti…»
A quella battuta Frizzi si era girato con uno sguardo feroce, ma non proferì parola.
«Ma come facevate a pensare che io avrei fatto scatenare questo inferno? - Chiesi ancora. - Non sapevo nulla fino a poco prima…»
«Non lo pensavamo affatto, come le ho detto. - Rispose costernato. - Secondo noi, lei avrebbe semplicemente attirato qui Eva Massari e di conseguenza Corradini. Massimo Frizzi.»
«Perché io? Come facevo ad attirarli, secondo voi?»
«Lei è così candido e spontaneo…»
«Ingenuo, vuol dire.»
«…Che chiunque avrebbe pensato di poterla infinocchiare.»
«E Cesare? - Gridai alzandomi di scatto. - Dio mio, il ragazzone è morto?»
«Si calmi o si fa male. Cesare sta bene. Aveva il giubbotto anti proiettile. Si è solo rotto un paio di costole, ma ha il fisico di un bue. E' già a casa.»
«Meno male.» - Mi rilassai.
«Lei ha sparato a un agente corrotto.»
«Perché non mi sento in colpa?» - Chiesi più a me che a lui.
«Le dovremo sospendere il porto d'armi, dottor Barbini. - Aggiunse, come se quello fosse il mio problema più importante. -Almeno fino alla chiusura dell'inchiesta, è la prassi. Ma le farò avere la scorta per i primi tempi, finché la faccenda non sarà chiusa del tutto e i soldi recuperati.»
Ma io sapevo che con ogni probabilità, a torto o a ragione, non mi avrebbero più dato il porto d'armi né mai la scorta.
«Già. - Sussurrai invece. - I soldi mancanti. La cresta che si erano fatti. Come pensate di recuperarli?»
«I nostri funzionari, con l'aiuto di Eva e Amélie.»
Lo guardai in silenzio.
Quindi Eva in un modo o nell'altro riusciva sempre a starne fuori e tornarne dentro…

(Continua)
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