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Il Trentino Rock, dagli anni '60 a oggi/ 6 – I Guelfi

Giorgio Cascone, ultimo poeta della musica trentina: «La musica non ha confini, è un linguaggio universale che unisce tutti i popoli»

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I Guelfi nascono nel 1965 grazie a un idea di Giorgio Cascone che ne diventa subito il leader carismatico.
Accanto a lui, per molti concerti e serate, suoneranno Giorgio Anesi alla chitarra, Sergio Depaoli alla batteria e Renato Meneghini al basso.
Cascone ha le idee chiare fin dall'inizio.
«la musica è il mio lavoro, - dice. - Voglio fare il professionista».
E così infatti sarà per molti anni.

Cascone inizia la sua carriera musicale molti anni prima quando, a 15 anni, suona con il maestro Gorgazzini e il longevo batterista Dallapellegrina.
Proprio mentre suona al Lido di levico, viene contattato da un agente con una proposta alla quale è impossibile dire di no: suonare a Jesolo per 3 mesi a 50.000 Lire al mese vitto e alloggio compreso. Si parte!

Purtroppo alla scadenza del terzo mese al momento dell'incasso la terribile scoperta,l'agente si era portato via tutti i soldi!
«Non avevamo nemmeno i soldi per tornare a casa, - ricorda Cascone - dovevamo fare qualcosa per sopravvivere.»
E da li cominciò un'odissea incredibile fatta di notti a dormire in cabine telefoniche, sulla spiaggia, in cantine umide e polverose.
«Ma dopo circa una settimana trovammo da suonare in altri locali e così la nostra estate finì bene.»



 

L'aspetto finanziario è stata un'incognita comune alla magior parte dei complessi dell'epoca.
I Britanni si trovarono a Milano nella stessa situazione raccontata da Cascone, perché l'impresario se ne andò a fine spettacolo senza farsi vedere.
Non fu la prima volta e non sarebbe stata l'ultima.
Merita in proposito citare il motto coniato da Virgillito per descrivere il loro manager Pino Romani: «Io sono Pino Romani, quello che i Britanni li paga domani.»


Da quella esperienza Cascone capisce che vuole far diventare la musica la sua unica e vera professione. E così, dopo un breve passaggio con i Provos (una stagione) nascono i Guelfi.
«Volevamo fare le cose sul serio, - precisa. - Ci siamo iscritti all'Enpals, abbiamo preso un agente serio di Firenze e abbiamo cominciato le tournée in giro per l'Italia»

Mentre parliamo, Cascone ci mostra il suo primo contratto stipulato alle Terme di Chianciano.
Rimango stupito quando, fra le 100 e più clausole del contratto, leggo: «È obbligo presentarsi con la divisa, è vietato ridere e sghignazzare, è vietato avere contatti con le cameriere…»
Decisamente altri tempi…

I Guelfi rimangono insieme fino alla fine del 1968, ancora una volta sarà la naja a dividerli.
I quattro amici non si ritroveranno mai più.



Incontriamo Giorgio Cascone insieme a Renata, la sua compagna di sempre. Leggiamo subito nei suoi occhi dolci la voglia di raccontarsi.

Sei uno dei musicisti trentini più longevi di sempre. Ti sei mai chiesto il perché?
«Credo che questa mia longevità sia dovuta a una capacità di adattamento alla musica e a una ricerca costante di nuove tecniche e nuovi arrangiamenti.

«Per questo ogni qualvolta che studio un arrangiamento diverso per una canzone trovo dentro di me nuove motivazioni ed entusiasmi».

Quali sono stati i tuoi punti di riferimento musicali in quegli anni?
«Bob Dylan per me ha rappresentato il mio modo di vivere e di pensare attraverso le sue canzoni.

«Ma ho seguito anche De André, Fossati, Lou Red, Neil Young, Gary Moore, e ho arrangiato anche dei pezzi dei Green Day.
Alla fine mi sento un Blues Man».

Hai citato alcuni autori che hanno fatto dei problemi sociali un loro cavallo di battaglia. Che rapporto hai con questo tipo di problematiche?
«Fin dagli anni 60 sono sempre stato attento e informato sui cambiamenti sociali, il razzismo le lotte per la libertà e l'immigrazione.

«La musica credo sia stata fondamentale per diffondere e dare visibilità a questi annosi problemi mai risolti del tutto.»

Ma dentro di te che rapporto hai con la musica?
«Ne sono profondamente innamorato, la musica è una cara amica da cui rifugiarsi quando sei triste, una splendida amante quando sei alla ricerca di emozioni. E una mamma quando vuoi sicurezza e fiducia.

«Chi non ama la musica non conosce l'emozione, la sensibilità, quindi diventa una persona arida e vuota. La musica allarga la mente, non ha confini, è un linguaggio universale dove bianchi, neri, gialli, diventano una persona sola.»

Che ne pensi dei giovani musicisti Trentini?
«Come per tutte le generazioni emergeranno sicuramente dei piccoli fenomeni. Ma per far conoscere la musica ai giovani d'oggi bisogna proporla con il loro linguaggio.
«Mi è capitato in alcuni locali di sentire musicisti anni 60 che proponevano le stesse canzoni di quel tempo senza nessun arrangiamento o cambiamento. Questo, oltre che essere patetico, credo non aiuti i giovani ad ascoltare le vecchie canzoni dei nostri tempi.»

Che ne pensi degli spazi dati alla musica in Città?
«Totalmente insufficienti e gestiti male. Nella nostra città ci sono delle piazze uniche al mondo come bellezza e storia. Sarebbe bello che l'estate ogni sera in queste piazze si facesse musica, ma non altisonante o fracassona ma d'ascolto e magari impegnata.

«Basterebbe un piccolo angolino con quattro strumenti e sono sicuro che la gente ogni sera accorrerebbe volentieri.
«Anche nei locali pubblici ormai l'intolleranza dei tanti e la severità di leggi ormai obsolete hanno contribuito all'estinzione della musica live

Hai ancora un sogno nel cassetto?
«Si,voglio prendermi ancora delle soddisfazioni con il Music Project trio [il suo gruppo attuale- NdR] proponendo canzoni di tutte le età arrangiate sia nella musica che nei testi».


Qualche rimpianto ?
«Forse non aver continuato il professionismo, ma nel 1972 ho dovuto scegliere se sposarmi e mettere su famiglia o vagabondare con la chitarra in mano per tutta l'Europa. Allora scelsi la famiglia…»

Se un giovane chitarrista che sta iniziando a suonare ti chiedesse tre consigli?
«Gli direi di ascoltare tanta musica. Qualsiasi tipologia di musica. Di non copiare mai, ma ascoltare, assimilare e rielaborare ogni brano a sua fantasia e creatività.

«Copiando la musica tale quale dal disco non fa crescere il musicista ma anzi lo isola completamente dalla sua creatività.
«E per finire gli direi credere sempre in se stesso e in quello che fa.»



In queste sue ultima parole, per la prima volta sento la voce di Giorgio Cascone alterarsi, al punto di rompersi sotto la pressione di antiche emozioni.
Ora ha gli occhi lucidi, trattiene a forza le lacrime, sento il suo cuore battere forte pieno di emozione, di ricordi. Forse è quel ragazzo che tanti anni fa era partito con la chitarra sulle spalle cantando la sua musica, forse è l'uomo di oggi che rivede la sua vita. Entrambi bussano alla porta della sua sensibilità, quella stessa che per tutta la vita gli ha permesso di trasformare la canzone in poesia.

Dopo la fine dei Guelfi, Giorgio Cascone per cinque anni continuerà con volontà e abnegazione la professione di musicista suonando in tutta Europa e in Asia.
Poi, complice il matrimonio, si ritirerà dal campo musicale costruendosi una carriera imprenditoriale di primo piano e diventando un grande punto di riferimento per la città con la sua agenzia di viaggi.

Nel 1991, complice stavolta il vecchio amico Meneghini [bassista dei Guelfi - NdR] ritornerà a fare musica grazie all'«Altro 68», kermesse con i vecchi gruppi degli anni 60 organizzata da Paolo Curcu all'Hotel Trento e dintorni.
Da quel momento Giorgio Cascone ha tenuto ben salda la sua chitarra in mano, suonando dapprima con il gruppo «Equipaggio» (dove nasceva Un signor pianista di nome Max Florio ora The Ducktails) poi con Jumpin' Shadow, e per finire, come detto, con il Music Project trio.
Ma per l'ultimo poeta della musica trentina che sogna Bob Dylan e Fabrizio De Andrè, quest'ultimo è solo un nuovo inizio, i versi di una nuova poesia…

Roberto Conci
r.conci@ladigetto.it

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