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Trentino Rock, dagli anni '60 a oggi/ 17 – I Reportage

Con loro comincia l’era dei sintetizzatori, che cambieranno per sempre la musica

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«La musica è come una medicina nei momenti di sofferenza, una passione inarrestabile che vince contro il tempo e non tradisce mai»
 
I Reportage nascono nel 1981. I cinque protagonisti sono Valerio Dalvit alla chitarra, Carlo Patton alle tastiere, Lorena Leonardelli alla voce, Dario Merler alla batteria e Ivano Panizza al basso.
La formazione storica poi nell’arco degli anni subirà dei mutamenti, infatti Panizza e Merler verranno sostituiti da Cristiano Dallapellegrina e da Carlo Lamanna.
L’anno successivo sono in tournée tutto l’anno con Enzo Malepasso, cantante che l’anno prima aveva raggiunto l’apice della sua carriera con il secondo posto a Sanremo.
 
L’avventura live continua con il primo posto al festival pop di Bregenz grazie al quale i Reportage faranno delle importanti apparizioni alla TV Svizzera.
Tutti i musicisti dimostrano di essere piuttosto versatili, infatti spaziano dalla musica Pop alla disco Music, dalla musica leggera ai grandi successi hard rock dell’epoca. Grazie a questa loro caratteristica fino alla fine degli anni 80 collaboreranno con Bobby Solo, Riccardo Fogli e Luciana Turina.
Il gruppo cessa di esistere alla fine degli anni 80. Dalle sue ceneri nasce un duo, Lory e Wolly, cioè Valerio Dalvit e Lorena Leonardelli che per molti anni suoneranno e saranno apprezzati in numerosi locali di tutt’Italia. Oggi a distanza di oltre 30 anni dalla fine dei Reportage incontriamo Valerio Dalvit, tutt’ora apprezzato chitarrista.
 
 
 
Cosa ti ha dato la musica in tutti questi anni?
«Per me è stata una grande medicina nei momenti di sofferenza. – Ci risponde Valerio Dalvit. – Un rimedio per l’esistenza. Dalla Musica ho imparato molto, ma soprattutto la disciplina.»
 
Qual’è stata la tua musica di riferimento allora?
«La mia generazione è tutta figlia del Rock, ho seguito con molta passione Jimmy Page e Jeff Beck. Ora però sto seguendo con molto entusiasmo Il country elettrico, in particolare Albert Lee che si può considerare un virtuoso chitarrista country, con uno stile ricco di fantasia e improvvisazione.»
 
Perché  hai scelto di suonare la chitarra?
«La chitarra è uno strumento molto espressivo e per certi versi somiglia alla voce – continua Valerio, – e la sua forma esprime allegria e mistero. Ho sempre visto questo strumento come un enigma da scoprire. Musicalmente parlando la chitarra ha delle sonorità eccezionali, credo che il suo campo d’azione sia davvero infinito.»
 
Quali sono le caratteristiche che secondo te deve avere un buon chitarrista?
«Una grande capacità di improvvisazione, molta pazienza e costanza. Ricordiamoci che il chitarrista è un uomo solo e il suo impegno verso lo studio deve essere totale e senza fine.»
 
Hai qualche rimpianto?
«Assolutamente no. Anzi, mi ritengo fortunato per aver avuto opportunità di suonare molto e soprattutto la musica che mi piace. In tutti questi anni – ci confessa Valerio, – ho sempre cercato di mantenere l’equilibrio fra l’uomo ed il musicista, forse per questo sono entrato in una dimensione particolarmente creativa che mi ha molto gratificato.»
 
Ti sei sentito mai sottovalutato?
«Mai. Ho avuto molti apprezzamenti e credo di aver ricevuto dalla musica quello che ho dato. Anche con gli altri musicisti ho sempre avuto ottimi rapporti.»
 
Hai apprezzato qualche chitarrista trentino?
«Ricordo con grande affetto Franco Mosna, quando ero agli inizi lo seguivo nei suoi concerti e per me era un mito. Poi il grande Mauro Borgogno.»
 
Ti ritieni un bravo insegnante?
«Credo di si, insegnare mi piace. Anche se di solito chi comincia ad insegnare uno strumento spesso è alla fine della carriera, spero – aggiunge sorridendo – che non sia il mio caso.»
 
Ci sono differenze nel fare musica adesso rispetto agli anni 80?
«Allora potevi emergere solo se eri bravo veramente, adesso grazie alla tecnologia anche i musicisti mediocri possono ritagliarsi il loro successo specie se supportati da una grande spinta economica. Ricordiamoci sempre – precisa Valerio, – che i Beatles, i Rolling Stones ed Elvis presley erano di estrazione molto povera. La mia paura, è che magari oggi talenti del genere non possano essere riconosciuti tali perché non supportati adeguatamente.»
 
Ti è rimasto qualche sogno da far diventare realtà?
«Sto lavorando a dei pezzi di musica d’ascolto, vorrei inciderli e farne un CD.»
 
Hai qualche divertente aneddoto da ricordare?
«Più che divertente, un pochino pericoloso. Stavo tentando di costruire un alimentatore per modificare il distorsore della mia chitarra e improvvisamente è partita una fiammata, liberando una scossa infernale. Sono stato scaraventato a metri di distanza cadendo sulla mia preziosa “Gibson”. Ricordo di aver preso un bello spavento.»
 
 
 
Poi Valerio Dalvit ci racconta quando al suo primo concerto appena salito sul palco fu colto dal panico.
«Quando salii sul palco – racconta Valerio – e vidi tutta quella gente che ci stava aspettando fui preso dal panico, non riuscivo nemmeno a muovere un dito, dovetti essere sostituito da un altro chitarrista.»
La piacevole chiacchierata continua e si sposta sui valori.
«Per me la famiglia è stata molto importante, – confida Valerio. – Mia madre mi ha sempre spronato e aiutato in questa mia passione, ora purtroppo da poco tempo i miei genitori sono mancati entrambi.»
Ora notiamo l’emozione cogliere il suo sorriso. Valerio diventa pensieroso, sa che non potrà più condividere questi ricordi con le persone care che l’hanno sempre aiutato.
Forse anche la mancanza di un figlio rende più difficile questa sua solitudine. Ma siamo sicuri che la sua grande passione per la musica lo aiuterà ancora una volta a superare questo brutto momento.
Tanti anni fa con la chitarra fu un vero colpo di fulmine, questo amore continua ancora oggi e sarà per sempre…
 
Roberto Conci
r.conci@ladigetto.it
(Continua)
 
Nel prossimo appuntamento avremo ospite un vero Big della musica trentina, il grande Mauro Borgogno.
 

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