Home | Archivio | Archivio rubriche | Passeggiando tra le righe | «Il Misterioso caso di via Delia da Gilal-Gulta»

«Il Misterioso caso di via Delia da Gilal-Gulta»

Il «sogno surreale con tinte di giallo» di Claudio Fiorentini – Di Valentina Zamboni


 
Titolo: Il misterioso caso di via Delia da Gilal-Gulta

Autore: Claudio Fiorentini
Editore: Città del Sole Edizioni 2011

Pagine: 256 – Brossura

Prezzo: € 13,00
 

 
Per questo appuntamento con i libri abbiamo incontrato Claudio Fiorentini, autore di «Il misterioso caso di via Delia da Gilal-Gulta».
 
Claudio il tuo romanzo ha un titolo che cattura l'attenzione, di cosa parla?
«Il romanzo è stato definito un giallo metafisico, ma io credo che sia più indicato descriverlo come un sogno surreale con tinte di giallo. Non svelerò la trama e gli intrecci, ma mi limiterò a dire che, partendo da un equivoco, una coincidenza ed una omonimia, persone del tutto anonime animano una storia dove eroi minimi, che partecipano ad una storia più grande di loro, e che durante una manciata di giorni, vivono di più.
Il titolo? E ti pare che ti dico da dove viene? Leggete il libro fino alla fine, e capirete cosa significa.»
 
In quale dei personaggi del tuo romanzo ti riconosci maggiormente e perché? E da dove vengono i tuoi personaggi?
«In tutti. Del resto non potrei scrivere se questi personaggi non fossero in me. Eppure nessuno di loro mi assomiglia. Troppo facile scrivere cose che abbiamo vissuto, allora forse è meglio scrivere quello che non c’è, non esiste o non è ancora accaduto (almeno per quanto mi è dato sapere).
Trovo qualcosa di magico nello scrivere storie di gente che non esiste, o che esiste solo nell’immaginazione: a un certo punto un’idea viene alla mente, prende forma, poi esce dal suo involucro, e con le sue forme mi parla, ed evolve a modo suo, ha una vita propria.
«Faccio un esempio con uno dei personaggi che incontrerete leggendo: un giorno ho pensato a un vecchio ubriacone, di professione rigattiere, che racconta la vita degli oggetti perché, osservando come sono consumati, capisce come sono stati toccati, e quindi capisce come si sono animate le mani che li hanno posseduti, capisce l’anima dell’uomo osservando come si è plasmata nel consumo degli oggetti. Poi, a un certo punto, è scoppiato il personaggio ed è riuscito anche a fare il contrario, cioè, guardando le mani capisce come queste consumeranno gli oggetti, e quindi vede vita morte  e miracoli dell’uomo a cui quelle mani sono appese.
«Quanto mi sono divertito a chiacchierare con questo vecchio ubriacone. A parte le sfiatate etiliche, che disinfettavano le parole prima che venissero fuori, la compagni di quel rigattiere mi ha arricchito molto.
«Vedete? Ne parlo come se fosse lì a due passi da casa, eppure lui è solo in me perché non esiste fuori di me. Ma leggete il libro, che così diventa anche amico vostro. Io, nel momento in cui l’ho fatto uscire, ho visto che ne ha combinate di tutti i colori, ed ha socializzato con tutti i lettori.
«Allo stesso modo escono gli altri personaggi. A un certo punto butti il pennello sulla tela, e gli schizzi, le sbavature, uno starnuto, il telefono che squilla… tutto serve ad animare la prima pennellata…
«E sapete cosa credo? Credo che facendo questo lavoro meraviglioso, quella parte di me che si manifesta come rigattiere ubriacone, trombettista frustrato, prostituta filosofa, casalinga ingenua o alpinista sedentario… quella parte di me che a un certo punto si esprime e dà luce a nuove vite, uscendo dal guscio e trasformandosi in parole e sogni, lascia spazio alle altre stranezze che ancora non si sono manifestate. Potreste farmi la domanda seguente «è una catarsi delle idee?» e allora io potrei rispondervi: ma no, non esageriamo. Le idee vanno usate, perché se non le usi fanno da tappo alle altre idee che vorrebbero venir fuori. E poi le idee non finiscono mai. Io mi identifico in tutte le idee che prendono forma, ma ancora di più, mi identifico in quella che sta lì lì per venire fuori, perché quella è il mio io in quel momento, e proprio per la proprietà del momento, che è una continua transizione, rivela la dinamica della vita.»
 
Tu hai scritto altri romanzi, in cosa differisce questo da precedenti?
«Questo è il sesto libro che pubblico, di strada ne ho fatta … Questo qui è certamente il più maturo, quello scritto meglio, con ritmo rapido ed omogeneo, con maggiori intrecci, con misteri manifesti e con storie latenti… ma oltre le questioni di stile, c’è la trama che è quasi un poliziesco, benché burlone, con contorni mistici, aloni esoterici e tanto dilettantismo. Ma il punto focale, credo, è il lato magico che spesso viene attribuito a una certa letteratura latinoamericana. Quel lato magico c’è proprio tutto, del resto fa parte di me… ma non imbratta il libro in quanto non è esagerato. Proprio per essere più magico è solo accennato, e dagli stessi personaggi è accettato come parte del tutto che lo circonda. E poi gli anagrammi, pochi e cruciali, inseriti nel libro e non sempre risolti, che fanno parte di un mistero nel mistero.»
 
La copertina del libro, una persona di spalle, cosa vuole comunicarci?
«Uno dei personaggi si veste così e attraversa la strada così, e poi…»
 
Parlaci di te...
«Bene, io sono un insopportabile appassionato di musica, insopportabile e drastico. Di poesia un po’ ne capisco, e di letteratura comincio ora a farmi una cultura. Sono anche un buon viaggiatore, ma non un turista. Parlo tre lingue oltre l’italiano, ma non ho mai veramente studiato, io sono un eterno apprendista «on the road».»
 
Claudio ama: parlare di sogni, di cose non vere… l’Italia semplice… la strada… la mia famiglia… i miei dischi… dipingere… raccogliere cose inutili e belle (un sasso, un pezzo di legno bruciato, uno scampolo di stoffa colorata… li raccolgo e poi ci faccio qualcosa… un auqdro, una scultura…)… amo il buon cinema, la sensualità che sfugge a chi la possiede, il casino di Porta Portese, chiacchierare con la gente per strada, Sant’Egidio, Emergency, il cane Tullio (non è mio), E lucevan le stelle, Ombra mai fu e Ebben me ne andrò lontana…
 
Claudio odia: i cassonetti debordanti, l’Italia clientelare, i troppi graffiti, l’imprenditore profittatore, il furbetto che parcheggia sulle strisce mentre tu accompagni le figlie a scuola e attraversi proprio su quelle strisce, il saccentone che non ti lascia parlare, il prepotente con la macchina nera che ti si mette dietro a due centimetri a centoquaranta e se starnutisci ti sfonda la tua modesta berlina e fugge salutandoti con un ghigno, gli integralisti d’ogni religione, la religione, lo sfarzo, la gente che parla troppo forte, la gente che parla troppo piano, la gente che straparla di sé… non amo il populismo, non amo chi è forte con i deboli, e debole con i forti… odio la televisione e i cinepanettoni, odio le cacche dei cani sul marciapiede, il ballo del quaquà, gloria, la mediocrità musicale, Sanremo e la vinaigrette sull’insalatina fresca.
 

 
Chi è Claudio Fiorentini?
Claudio Fiorentini (nella foto) è scrittore, poeta e pittore.
Nasce a Roma nel 1959, e dopo un’infanzia periferica, nel 1971 emigra con la famiglia in Messico, dove impara che la vita è sconfinata. Immerso in altre culture e modi di vivere, inizia il suo percorso creativo con la poesia in lingua spagnola. Nel 1981 rientra in Italia, dove aderisce con entusiasmo al movimento di sperimentazione poetica «Metasimbolismo» e, nel 1992 pubblica il libro di poesie «Da Comunque Uomo».
Insieme al gruppo dei meta simbolisti, che per alcuni anni è attivo nella scena della poesia contemporanea romana, partecipa attivamente alla vita culturale della capitale e riscuote discreto successo.
 
Nel 1994 però non ne può più dei suoi sperimentalismi, e comincia un nuovo percorso letterario esplorando le vie della narrativa.
Allo stesso tempo il suo lavoro lo porta a viaggiare, e sposando arte e sussistenza, ne viene fuori una raccolta di racconti, tra cui «Puerecha» col quale nel 1996 è finalista al «Premio Gubbio per la letteratura di viaggio».
Trasferitosi a Parigi e poi in Marocco, quindi immergendosi in una città cosmpolita e poi in un paese di diversa cultura religiosa, si lascia andare al piacere di narrare, ultima il suo primo romanzo, inizia il secondo ed intraprende un percorso parallelo come pittore.
Nel 2002 rientra in Italia e tiene la sua prima mostra personale, presso il centro di promozione culturale «Polmone Pulsante», di Saverio Ungheri, uno dei fondatori dell’astralismo romano.
 
Sempre nel 2002 pubblica «Ovvero, le porte del Mare», il suo primo romanzo, definito un romanzo favolistico, con il quale è finalista all’europremio «Città di Corato» ed al premio «Marengo d’Oro».
Nel 2004 pubblica il suo romanzo più sperimentale, proto-burlone e musicale, «Io Parlo Jazz», nel quale si lascia guidare dalle improvvisazioni Jazz per raccontare un mondo onirico, scevro da malinconia, storie improbabili di una popolazione notturna.
Con questo libro vince il terzo premio al Pinayrano 2005.
Nel 2007 pubblica «Il Faro di Bighlise», un ironico affresco di personaggi surreali che si incontrano al faro per ascoltare un vecchio che parla in modo incomprensibile.
 
Con questo libro è terzo (ex aequo) al premio al Alfonso Di Benedetto.
È da questo lavoro che il suo stile si definisce come un viaggio ironico, umoristico e leggero, senza mai cadere nella banalità, prendendo sempre di petto la realtà e le sue assurdità.
La vena creativa evolve in questa direzione, e nel 2008 pubblica «La stella e la sua luce», un’avventura culturale in un reality show, con il quale ottiene diversi riconoscimenti: premio speciale della critica Alfonso di Benedetto, segnalazione al Livio Paoli e a Insieme nel Mondo, medaglia di merito al Città di Cava de’ Tirreni.
 
Nel frattempo anche la sua pittura evolve in modo significativo, e nel 2011 torna ad esporre i suoi quadri in una mostra personale alla galleria d’arte Saman di Via Giulia, ed aderisce al movimento «quelli degli anni '10».
Successivamente partecipa a cinque collettive, riscuotendo numerosi consensi nell’ambiente dalla pittura astratta romana.
Nel novembre 2011 pubblica «Il Misterioso caso di via Delia da Gilal-Gulta», il suo libro più maturo e complesso, definito dai critici un giallo metafisico, e che l’autore ama presentare come «un sogno surreale con tinte di poliziesco».
Claudio Fiorentini vive a Roma in Via Pascarella 34, ed è online su www.claudiofiorentini.it
 
Chiunque avesse domande da porre all'autore non esiti a contattarmi.
 
Valentina Zamboni
v.zamboni@ladigetto.it

Condividi con: Post on Facebook Facebook Twitter Twitter

Subscribe to comments feed Commenti (0 inviato)

totale: | visualizzati:

Invia il tuo commento comment

Inserisci il codice che vedi sull' immagine:

  • Invia ad un amico Invia ad un amico
  • print Versione stampabile
  • Plain text Versione solo testo