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L'Italia, dopo l’uscita dalla «procedura di deficit eccessivo»

Ora che i conti pubblici del nostro Paese hanno completato l’aggiustamento, potrebbero liberarsi risorse fino a 20 miliardi di Euro

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• L’uscita dell’Italia dalla procedura di deficit eccessivo libera risorse per 8 miliardi di Euro dal 2014, ma il passo decisivo verrebbe dall’applicazione della golden rule che potrebbe apportare risorse aggiuntive fino a 12 miliardi di Euro.
• Il pagamento dei debiti della Pubblica Amministrazione per 40 miliardi di Euro avrà un impatto complessivo sul tasso di crescita del PIL dello 0,2% nel 2013 e dello 0,4% nel 2014.
• Il fabbisogno di cassa vede all’inizio del 2013 un moderato peggioramento per effetto di misure straordinarie, anche a sostegno della crescita economica.
• Una simulazione mostra che con la legislazione vigente è possibile ridurre il debito pubblico anche in assenza di una crescita economica elevata, ma è cruciale il contenimento del costo del debito.
• La domanda interna resta stagnante (-4,3% i consumi privati nel 2012) mentre l’export continua a crescere (+2,2%) favorito dal recupero della domanda mondiale.
• Il dibattito sull’austerity è a un punto di svolta, mentre il nuovo Governo rafforza il fronte europeo a favore di un maggiore sostegno alla crescita economica
• Il programma economico del nuovo esecutivo è molto ambizioso, ma le fonti possibili di finanziamento non mancano: accelerazione della spending review e della lotta all’evasione, minor costo del debito, dismissioni e riforma fiscale. 

Secondo l’AIAF, Associazione Italiana degli Analisti Finanziari, il raggiungimento del 3% nel rapporto deficit/PIL nel 2012 e l’uscita dalla procedura per deficit eccessivo rappresentano un importante fattore di stabilità che dovrà, tuttavia, tradursi in un maggiore stimolo alla crescita economica nell’ambito dei margini di manovra che si renderanno disponibili.
Già il fabbisogno statale dei primi mesi del 2013 risente di una maggiore attenzione ai pagamenti o alle compensazioni dovute alle imprese.
Una simulazione sulla dinamica del debito pubblico evidenzia quanto sia cruciale il ruolo dei tassi d’interesse, che rischiano comunque di salire anche in caso di normalizzazione dei mercati.
La situazione economica resta preoccupante e necessita di interventi urgenti, sebbene le esportazioni continuino a crescere grazie alla tenuta della domanda internazionale.
Il sostegno alla crescita deve necessariamente passare dall’utilizzo di risorse economiche da recuperare attraverso una redistribuzione dei carichi fiscali in senso più equo e più favorevole all’occupazione, una più concreta solidarietà in ambito europeo (attraverso l’utilizzo di risorse comuni per investimenti infrastrutturali nei Paesi in difficoltà economica) e una maggiore flessibilità (in intensità e in tempistica) nel percorso di risanamento dei conti pubblici, anche alla luce dell’uscita dell’Italia dalla procedura per deficit eccessivo.
Intanto il dibattito sull’austerity è a un punto di svolta e un concreto cambiamento di rotta potrebbe vedersi al Consiglio Europeo del prossimo mese. 
 
 L’uscita dell’Italia dalla procedura di deficit eccessivo
Sebbene ampiamente atteso, il via libera della Commissione Europea all’uscita dell’Italia dalla procedura per deficit eccessivo è un fattore di indubbia stabilità e può rappresentare un punto di svolta per la politica fiscale in Italia. I margini di manovra che si apriranno si potranno articolare su due fronti:
1) utilizzo degli spazi di deficit pubblico disponibili nell’ambito del mantenimento del limite del 3%;
2) richiesta di maggiore flessibilità all’Europa nella gestione contabile delle spese dirette a investimenti e sostegno alla crescita economica.
 
Sul primo punto il margine di manovra deriva dalla possibilità di tenersi nei prossimi anni sul limite del 3% nel rapporto deficit/PIL. Le misure fiscali adottate nell’ultimo biennio vanno al di là del semplice raggiungimento di tale limite, con la previsione, ad esempio, di un deficit in ulteriore calo al 2,5% nel 2014.
L’utilizzo del margine dello 0,5% nel prossimo anno libererebbe risorse per circa 8 miliardi di Euro. Senz’altro si tratterebbe di un equilibrio precario e dipendente dallo scenario economico, ma l’attuale Documento di Economia e Finanza ha significativamente ridotto le stime di crescita dell’economia (-1,5% quest’anno, 0,5% il prossimo), rendendo l’ipotesi di una sorpresa negativa sul fronte economico più improbabile, anche alla luce della ripresa dell’economia mondiale e delle misure fiscali che dal 2013 si stanno mettendo in atto (pagamento dei debiti della PA, maggiori rimborsi in conto fiscale).
 
Sul secondo punto le risorse potenzialmente liberabili sono più elevate, ma gli esiti sono maggiormente incerti.
In seguito alla chiusura della procedura per deficit eccessivo, che sarà formalizzata dal Consiglio Europeo di fine giugno, l’Italia potrebbe ottenere di scorporare dal deficit, in tutto o in parte, la quota nazionale degli investimenti attivati in cofinanziamento con la UE per progetti transfrontalieri giudicati di importanza strategica.
L’importo scorporabile va dai 7 ai 12 miliardi di Euro, ma il via libera spetta al Consiglio Europeo del prossimo 27-28 giugno.
In tal senso risulterà cruciale l’azione di persuasione che il Governo italiano dovrà esercitare nelle prossime settimane, anche alla luce della flessibilità in termini di deficit concessa a Francia, a Spagna e all’Olanda ma non all’Italia, seppure a causa del nostro debito pubblico eccessivamente elevato. 
 
 I conti pubblici e il DEF
Dai dati di finanza pubblica emerge un quadro che si rilevava chiaramente già nel corso del 2012: la correzione dei conti pubblici è avvenuta in larga misura attraverso l’aumento delle entrate e in misura solo modesta sul fronte delle spese.
Inoltre, nonostante un’attenta ed efficace gestione del costo del debito, un aumento della spesa per interessi è risultata inevitabile, complice il rifinanziamento del debito in scadenza e del fabbisogno a tassi mediamente più alti rispetto agli scorsi anni.
La sfida del nuovo Governo si misurerà sull’obiettivo ambizioso di mantenere il controllo dei conti pubblici attraverso il contenimento della spesa corrente, in misura tale da consentire anche una riduzione della pressione fiscale.
Tale scenario è, peraltro, chiaramente indicato in termini programmatici nell’ultimo Documento di Economia e Finanza presentato dal Governo Monti e che sarà, molto probabilmente, aggiornato dal nuovo Governo Letta. 
 
 I debiti della Pubblica Amministrazione
Il Decreto n. 35 del 2013 prevede lo stanziamento di circa 40 miliardi di Euro entro il 2014, un ammontare che dovrebbe consentire di mantenere il livello del deficit pubblico entro il 3% del PIL.
L’impianto presenta diverse criticità sull’effettiva possibilità di erogazione delle risorse alle imprese. Nonostante tali criticità, il potenziale impatto sul ciclo economico sarebbe dello 0,2% nel 2013 e dello 0,4% nel 2014. 
 
 Una simulazione sul debito pubblico
Una simulazione sulle variabili chiave del debito pubblico evidenzia che ai valori del 2012 il debito pubblico non sarebbe sostenibile ma, a regime, il ritorno della crescita (moderata), un ulteriore aumento del saldo primario e il contenimento del costo del debito consentirebbero una riduzione graduale dello stock di debito in percentuale del PIL.
A tal fine sarebbe dunque necessario:  
1. mantenere contenuto lo spread (dunque il tasso), sebbene i tempi perché aumenti il costo medio del debito siano lunghi (+100pb = 4 miliardi circa dopo un anno);
2. il saldo primario va preservato, una riduzione della pressione fiscale è infatti possibile solo in concomitanza con una riduzione della spesa pubblica;
3. resta cruciale la crescita economica (soprattutto quella potenziale) e anche la dinamica del deflatore. 
 
 La situazione macroeconomica
Da un punto di vista macroeconomico i dati di fine 2012 hanno confermato una profonda recessione, soprattutto a causa della forte caduta della domanda interna. Si conferma, invece, la tenuta delle esportazioni, unica componente della domanda a restare in crescita.
È da fattori quali l’accelerazione dell’economia mondiale e l’auspicato stimolo alla domanda interna attraverso le leve fiscali che potrà venire la ripresa dell’attività produttiva, più probabilmente a partire dalla seconda metà del 2013.
In tale contesto appare cruciale utilizzare gli spazi di politica economica che si apriranno a seguito dell’uscita dell’Italia dalla procedura di deficit eccessivo. 
 
 Il dibattito sull’austerity
Gli ultimi mesi hanno visto confrontarsi in modo acceso la tesi della prosecuzione dell’austerity e quella di un maggiore stimolo all’economia tramite l’intervento dello Stato, anche a costo di un temporaneo aumento del deficit e del debito.
A ben vedere le caratteristiche dell’area Euro, un’Unione monetaria compiuta unitamente a un’Unione economica incompiuta rendono il tema della gestione delle politiche fiscali senz’altro più complesso.
La necessità che ogni singolo Stato dell’area valutaria comune europea preservi la fiducia dei mercati finanziari sulla propria solvibilità ha di fatto contribuito a rendere necessarie politiche di controllo dei conti pubblici.
Il caso dell’Italia è emblematico. Seppure si trattasse di un’azione necessaria per la difesa della solvibilità del nostro Paese, è indubbio che la significativa restrizione fiscale degli ultimi due anni ha pesantemente deteriorato le condizioni economiche, determinando una lunga e profonda recessione, ancora in corso.
Tuttavia, il percorso di risanamento dei conti pubblici potrebbe in ogni caso essere regolato, in termini di intensità e di durata, in modo da determinare il minore effetto negativo possibile -se non addirittura un effetto positivo -sulle condizioni economiche.
In tal senso, le indicazioni programmatiche del Governo da poco in carica evidenziano la volontà di perseguire proprio la strada di una maggiore attenzione alla crescita economica, anche e soprattutto in sede europea. 
 
 La politica economica del nuovo Governo
Il totale delle misure elencate dal Presidente del Consiglio Enrico Letta nel suo discorso programmatico alla Camera avrebbe un valore superiore ai 15 miliardi di Euro, risorse che, se non si vuole superare il tetto del 3% in termini di deficit/PIL, andranno recuperate in altro modo.
Come noto le fonti di finanziamento sono limitate. Tuttavia, esistono alcuni spazi di manovra sia sui conti nazionali che in ambito europeo. In ambito interno una minore spesa per interessi, l’accelerazione della spending review, la lotta all’evasione, le dismissioni del patrimonio pubblico e la riforma fiscale, con la razionalizzazione di detrazioni, deduzioni e contributi a famiglie e imprese.
In ambito europeo, invece, l’uscita dell’Italia dalla procedura di deficit eccessivo potrebbe portare una maggiore flessibilità da parte delle autorità europee sui conti pubblici italiani: ad esempio attraverso una gestione «fuori bilancio» dei pagamenti della Pubblica Amministrazione alle imprese, attraverso la pre-deduzione delle spese di cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali o attraverso la cosiddetta «golden rule» per escludere dal deficit le spese per infrastrutture considerate strategiche per il sostegno alla crescita e all’occupazione.
L’ordine di grandezza di tali risorse è di diverse decine di miliardi. 
 
 Il ruolo cruciale dell’Europa
La strada della sempre maggiore integrazione europea è, dunque, una condizione essenziale perché una politica economica per la crescita possa essere efficace in Italia e in tutti i Paesi europei nei quali le attuali condizioni economiche sono preoccupanti.
Seppure a costo zero, le cosiddette «riforme strutturali» spesso citate quali strumento di sostegno alla crescita economica sono poco efficaci se non addirittura recessive per la crescita economica nel breve periodo e spesso difficili da realizzare per i numerosi interessi in gioco o la radicalità dei cambiamenti necessari.
Il sostegno alla crescita deve necessariamente passare dall’utilizzo di risorse economiche da recuperare attraverso una redistribuzione dei carichi fiscali in senso più equo e favorevole all’occupazione, una più concreta solidarietà in ambito europeo (attraverso l’utilizzo di risorse comuni per investimenti infrastrutturali nei Paesi in difficoltà economica) e una maggiore flessibilità -in termini di intensità e di tempistiche -nel percorso di risanamento dei conti pubblici, anche alla luce dell’uscita dell’Italia dalla procedura per deficit eccessivo. 

AIAF-Associazione Italiana degli Analisti Finanziari, costituita nel 1971 senza fini di lucro, rappresenta nell’ambito della comunità finanziaria italiana circa 1.000 analisti finanziari operanti presso Istituti di credito, SIM, Società finanziarie, SGR e Studi indipendenti.
Scopi dell’AIAF sono quelli di promuovere e diffondere lo studio, la cultura e l’educazione per l’analisi finanziaria, valorizzare, sviluppare e tutelare l’esercizio delle professionalità che utilizzano l’analisi finanziaria e contribuire alla trasparenza, ed efficienza dei mercati finanziari, tenuto conto di criteri e prassi internazionalmente riconosciute anche interagendo per il raggiungimento di tali finalità con Organismi, Enti e Associazioni pubblici e privati.

 

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