Home | Festival Economia | 2007 | Il capitale e le diversità etniche al «Focus» di questo pomeriggio

Il capitale e le diversità etniche al «Focus» di questo pomeriggio

Eliana La Ferrara: «Il una società multietnica ci sono gioie e dolori, ma bisogna puntare sull'incontro»

image

La multietnicità aumenta la performance economica di un Paese solo se scattano i meccanismi dell'accoglienza e del dialogo - Essere soli è comunque una prigione!

Eliana La Ferrara insegna economia politica alla Bocconi di Milano, ma al Festival dell'Economia, dov'è stata chiamata a parlare di «Capitale delle diversità etniche», non ha portato solo la sua esperienza di giovane economista, consulente della Banca Mondiale e collaboratrice di numerose importanti riviste di settore.
Al «Focus» di questo pomeriggio nel Giardino dell'Auditorium Santa Chiara, dove è stata introdotta da Laura Strada, caporedattore RAI di Trento, Eliana La Ferrara ha portato soprattutto i risultati di alcune sue interessanti ricerche compiute sul campo, in Africa e in Oriente. E una poesia finale, che ha riassunto soprattutto le speranze e le prospettive dell'integrazione interetnica soprattutto nei Paesi occidentali.

Rispondendo alla prima domanda, «Perché bisogna parlare di capitale etnico, oggi?», l'intervento dell'economista si è fatto subito concreto.
«Dobbiamo parlarne perché la nostra società occidentale, diciamo europea per rimanere nell'ambito a noi più vicino, sta diventando multietnica. Nel 1995 gli stranieri presenti in Europa erano il 23 % della popolazione, oggi sono diventati già il 27%, distribuiti soprattutto in Germania, Francia, Regno Unito e Italia. Gli stranieri, in Italia, in questi ultimi quattro anni sono pressoché raddoppiati: erano il 2,7% allora, oggi sono il 4,5%, e l'andamento delle cifre ci dicono che la velocità di aumento continuerà anche nel prossimo futuro. In Europa assistiamo quindi al nascere prepotente di una società con molte diversità etniche, diversità che cambiano da Stato a Stato: abbiamo Nazioni in cui si raccolgono etnie provenienti dall'America Latina, altre in cui prevalgono quelle asiatiche, altre ancora che catalizzano etnie dell'est Europa. Questa diversità offrirà all'Europa opportunità di crescita, ma le procurerà anche problemi di convivenza.»

Analizzando la struttura dei conflitti, ha poi detto Eliana La Ferrara, «in questi ultimi decenni si sia passati, in Europa, da conflitti originati da diversità economiche del tipo ricchi contro poveri, borghesi contro proletari, destra contro sinistra con una visione tutto sommato marxista, ad una visione più etnica della diversità e del conflitto, e questo ha dato origine a contrasti violenti (nei Balcani, ad esempio, o in Indonesia, in Afghanistan, in Irlanda del Nord e in Medio Oriente), ma anche a conflitti non violenti o meno violenti (come in Kenya, nello Zimbabwe, nel Niger o, anche, negli Stati Uniti d'America).»

A questo punto, assodato che le diversità etniche esistono, sono percepite e possono provocare conflitti o coesioni sociali, La Ferrara ha provato a rispondere a un'altra domanda: «La diversità etnica può avere effetti positivi sulla performance economica di un paese? In altre parole: la diversità etnica è un capitale?»
«È evidente - ha proseguito la relatrice, - che la percezione di un miglioramento economico la si ha solo se la performance coinvolge le persone del mio stesso gruppo: se tocca a me decidere, come avviene negli Stati Uniti, l'aliquota delle tasse sulla casa per finanziare la scuola pubblica, in una comunità coesa, in cui tutti si riconoscono, è più facile che il livello dell'aliquota deciso per votazione sia maggiore, rispetto a quelle comunità in cui la presenza di altri gruppi contrastanti, porta la maggioranza a chiudersi in sé stessa, a preferire le scuole private e a votare per aliquote di prelievo fiscale molto basse!»

Non solo: in una società multiforme, ogni individuo avrà più difficoltà a riconoscersi nelle scelte operate da coloro che sono stati eletti come rappresentanti, perché è più facile che tali scelte vadano contro i miei interessi di gruppo. E questo è provato da alcune città americane in cui la presenza di una realtà multietnica ha come conseguenze strade, ospedali e scuole con pochi, pochissimi fondi pubblici a disposizione. Se faccio transazioni commerciali, è evidente che mi fido di più di un appartenente al mio stesso gruppo, così come le banche in certi Paesi in via di sviluppo sostengono solo gli imprenditori di gruppi etnici vicini

«Ma non dobbiamo esaminare il problema solo da un punto di vista economicistico - ha allora proseguito Eliana La Ferrara, - perché numerose ricerche, ma anche l'esperienza pratica raccolta sul campo mi fa dire che esistono anche altri fattori ugualmente determinanti. Se metto assieme in un gruppo persone tutte brave in egual misura e in un secondo gruppo persone brave e persone meno capaci, mi accorgo che a livello di risultati, di creatività nelle soluzioni, di innovazione negli strumenti individuati, il secondo gruppo è migliore, ottiene le performance più qualificanti! La diversità, allora, offre spunti e vantaggi, stimoli e risultati. Ecco, allora, che sempre le città multietniche americane attraggono stranieri più di quelle monoetniche, e attraggono soprattutto persone con molto capitale umano, persone molto istruite, che innalzano ancor di più il livello di civiltà di quella città. E se vado a spulciare le statistiche degli immigrati che sono arrivati in questi anni in Italia, mi accorgo che il 12% della popolazione straniera è laureata o in possesso di un diploma di istruzione universitaria, mentre gli Italiani laureati sono all'incirca il 10%. Il 28% circa degli immigrati Ucraini sono laureati, e dall'America Latina i dottori sono il 10%...»

Siamo allora un Paese multietnico, e questo lo sapevamo; siamo un Paese che attrae cultura d'eccellenza, ma non è ancora sufficiente.
«Non basta creare quartieri multietnici, per dire che abbiamo raggiunto l'integrazione - ha quindi concluso Eliana La Ferrara, - perché nei quartieri misti possono scoppiare conflitti di appartenenza etnica che nascono dalla non-accoglienza reciproca.»

E allora è tutto un fattore più che altro culturale e psicologico, un fattore di comportamento e di atteggiamento che nasce da lontano e dal profondo di ognuno di noi. Lo pensa anche il poeta camerunese del quale Eliana La Ferrara ha letto, in chiusura, una poesia:
«Vivere una sola vita / in una sola città / in un solo Paese / in un solo mondo... è una prigione! Amare un solo amico, / conoscere una sola lingua, / conoscere una sola logica... è una prigione! / Vivere in una sola famiglia, / avere un solo lavoro, / un solo costume, / una sola civiltà... è una prigione!»

(mn)

Condividi con: Post on Facebook Facebook Twitter Twitter

Subscribe to comments feed Commenti (0 inviato)

totale: | visualizzati:

Invia il tuo commento comment

Inserisci il codice che vedi sull' immagine:

  • Invia ad un amico Invia ad un amico
  • print Versione stampabile
  • Plain text Versione solo testo

Pensieri, parole, arte

di Daniela Larentis

Parliamone

di Nadia Clementi

Musica e spettacoli

di Sandra Matuella

Psiche e dintorni

di Giuseppe Maiolo

Da una foto una storia

di Maurizio Panizza

Letteratura di genere

di Luciana Grillo

Scenari

di Daniele Bornancin

Dialetto e Tradizione

di Cornelio Galas

Orto e giardino

di Davide Brugna

Gourmet

di Giuseppe Casagrande

Cartoline

di Bruno Lucchi

L'Autonomia ieri e oggi

di Mauro Marcantoni

I miei cammini

di Elena Casagrande