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Lorenzo Dellai, stoppato da un collega, non va all’Antimafia

E il senatore Mario Monti lascia la presidenza di Scelta Civica: il partito è nella bufera

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Lorenzo Dellai doveva insediarsi alla presidenza della Commissione Antimafia della Camera dei Deputati con l’accordo di tutti.
Poi, d’improvviso, si è fatto avanti il collega di partito on. Andrea Vecchio per opporsi alla sua elezione.
E lo ha fatto in maniera piuttosto offensiva, avendo motivato la sua opposizione nella mancanza di esperienza di Dellai in tema di Mafia e definendolo sì «un buon amministratore», ma proveniente da una provincia dove «i contributi corrono a fiumi rispetto al resto d’Italia».
Offensiva nei confronti dei Trentini, anzitutto, perché la Provincia autonoma di Trento non vive di contributi ma delle proprie risorse. E che non scorrono affatto a fiumi. Forse confonde il Trentino con la Sicilia, che nella sua autonomia è partita con le stesse opportunità della Provincia autonoma di Trento.
Ma il concetto di «contributi» alle amministrazioni degli Enti locali è propria di chi vede uno Stato accentratore, dimenticando che è la periferia che invia i soldi a Roma e non viceversa.
 
Molto probabilmente l’onorevole Andrea Vecchio voleva assumere lui la presidenza dell'Antimafia, altrimenti non si spiega un tale atteggiamento, dannoso soprattutto per il suo stesso partito.
L'on. Vecchio accusa il proprio partito di aver agito alla vecchia maniera, cioè sulla base delle spartizioni, anziché sulle competenze. E commette due errori.
Il primo è che un partito non può permettersi di esibirsi in pubbliche baruffe. Già questo parlamento dà l’impressione di essere un insieme ingovernabile di politici alla rinfusa. Se poi si mettono anche a litigare platealmente tra colleghi, il Paese ha diritto di sentirsi sconcertato.
Il secondo riguarda l’inosservanza di un principio di fondo, quello per cui la politica non deve assolutamente assumere ruoli propri dei tecnici.
 
Forse poi vale la pena ricordare che fu proprio un senatore trentino ad assumere un importante ruolo al Ministero dell’Interno.
Giorgio Postal, che «non aveva esperienza di mafia», venne nominato sottosegretario con delega alla Polizia di Stato, prima col ministro dell’Interno Amintore Fanfani (1987-1988) e poi con l’onorevole Antonio Gava (1988-1990), solo perché aveva avuto un ottimo risultato elettorale.
Ed era ra talmente «a digiuno» di criminalità organizzata che, dopo aver messo in piedi il primo impianto antimafia del Paese del dopoguerra, la Democrazia Cristiana affidò a Postal il compito di andare a Palermo a fare pulizia nel partito…
Insomma, la nostra opinione è che l’onorevole Vecchio abbia perso una grande occasione per stare zitto.
 
Non è la prima volta che Scelta Civica si mette contro Lorenzo Dellai, il deputato trentino che è stato eletto con una percentuale pari al doppio del resto del paese.
La precedente, altrettanto clamorosa, avvenne quando venne proposto di eleggere Dellai alla Presidenza della Camera dei deputati.
Anche allora c’era la volontà di tutti, salvo quella del presidente del suo partito, Mario Monti.
Il quale si era opposto perché altrimenti lui non avrebbe potuto essere eletto presidente del Senato (è impensabile che uno stesso partito ricopra la presidenza di entrambe le Camere).
Come si ricorderà, Monti fece solo una brutta figura. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano glielo aveva proibito platealmente in quanto per essere eletto doveva lasciare la Presidenza del Consiglio dei Ministri, lasciando così il Paese senza un esecutivo. Puerile.
 
Quindi il fatto che Mario Monti, sfiduciato dai suoi senatori, si sia dimesso oggi dalla presidenza del partito che lui stesso aveva fatto nascere, per quanto singolare, non può che essere preso positivamente.
Certo è che Scelta Civica ha dimostrato di non essere un corpo politico solido e solidale.
Insomma, qui il problema non è Lorenzo Dellai. Non è attorno all’onorevole trentino che si sta addensando la bufera, ma intorno al Professore che non è riuscito a fare molto per compattare la propria forza parlamentare.
E, in vista di un inevitabile (per quanto auspicabilmente lontano) ritorno alle urne, sarebbe forse meglio per Dellai studiare un nuovo soggetto politico.
 
G. de Mozzi
 
Nella foto, Monti e Dellai a Trento per la scorsa campagna elettorale.
Nel riquadro l'estratto dell'intervento di Andrea Vecchio. 

«Il collega Lorenzo Dellai è certamente un buon amministratore, ma non ha le competenze per presiedere la Commissione antimafia e finora non è neppure membro. La sua candidatura appartiene, dunque, alle peggiori pratiche della vecchia politica. Dellai viene da Trento, che vuol dire contributi a fiumi rispetto al resto d'Italia. Di conseguenza, da quelle parti, a gestire bene la cosa pubblica ci vuole poco, soprattutto se non devi contrastare la mafia. Dellai, infatti, la mafia l'avrà vista al massimo al cinema. Credo che non si debba affidare una carica del genere per calcoli di palazzo. L'antimafia non può essere un giochino politico.»

 

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