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Controcanto all’8 Marzo, festa delle donne. – Di Vittoria Haziel

L'elogio dell'espressività femminile arriva proprio quando i maschi sono accusati di non essere più tali, quando i ruoli sono confusi e anche le donne si sentono perdute e rimpiangono «i veri uomini». Ventiduesima parte

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Le donne sanno che c'è un universo maschile nascosto e silenzioso, protagonista di un mondo diametralmente opposto a quello dei patriarchi? Ebbene, eccolo venire allo scoperto, come uno sciame di formiche che esce fuori dalle crepe tra le pietre.
Il maschile cosciente agita il vessillo del cambio di civiltà al posto dello scontro di civiltà. Alza una bandiera bianca, sventola una richiesta di pace per la fine della guerra dei sessi combattuta attraverso secoli e Paesi. Il pennello del colore di pace è intinto in «una nuova qualità della relazione tra uomini e donne».


Un'immagine emblematica: la guerra dei sessi lascia solo macerie. Su queste, femmine e maschi devono ricostruire con materiali nuovi, antisismici.

Qualcuno comincia ad aprire le imposte e un po' di luce entra nelle stanze fredde e scure. Vediamole da vicino, queste particelle luminose e calde.

«Credo davvero che per un uomo sia bene provare a entrare in contatto con il femminile che è in lui», dice lo scrittore Peter Høeg. «È una saggezza antica... non siamo solo il nostro sesso biologico ma in noi c'è anche l'altro sesso, e per comprendere meglio una donna dobbiamo recuperare doti femminili: emotività, compassione.»

L'elogio dell'espressività femminile arriva proprio quando i maschi sono accusati di non essere più tali, quando i ruoli sono confusi e anche le donne si sentono perdute e rimpiangono «i veri uomini». Forse siamo andati troppo avanti e ora c'è un riflusso. Ma non credo affatto che gli uomini perdano autorità integrando l'altro sesso, al contrario.

«Alcune delle persone più forti che conosco sono riuscite a completare la propria personalità con ciò che non appartiene al loro sesso biologico. È l'unico modo per sperare di capire davvero una donna, per non sentirsi soli anche quando si è in due, e non cadere nella disperazione più insopportabile quando - e capita quasi sempre - la coppia finisce per rompersi.»
Insomma, Høeg, alla ricerca di «una spiritualità profonda in modo non dogmatico», non ha paura del suo lato femminile.

Negli ultimi tempi altri maschi si propongono come costruttori di ponti. Firmano un appello.
«La violenza sulle donne ci riguarda: prendiamo la parola come uomini.»
Proprio così: una rivoluzione per le donne fatta da uomini. Non è una pièce teatrale.
Succede in Italia dall'anno 2006. Accade che un gruppo di uomini abbia cominciato a muoversi per rivendicare diritti di donne. I nomi di coloro che rivendicano una presa di coscienza sono centinaia, e ci auguriamo aumenti ancora negli anni a venire. Persino il termine che ricorre è lo stesso della rivoluzione femminista: «coscienza», tirato fuori e rimesso a nuovo dal baule dei ricordi lontani di donne che oggi sono nonne o non ci sono già più.
Erano femmine che tiravano su la testa dal giogo plurisecolare, desiderose di scoprire il proprio corpo e di togliere le foglie di fico dalle vergogne, stufe di essere azzittite solo per la colpa di essere donne.
Ora però è tempo di rivoluzioni fatte in due, o meglio di una «pace rivoluzionaria».
I separatismi appartengono alla Storia.

Nella foto, una tavola apparecchiata per una donna sola, titoli di giornale che gridano l'ostilità verso il femminile, codificata soprattutto dalle religioni.

Questi maschi alieni ammettono di essere poco originali e di copiare dalle femministe degli anni Settanta, confessano di assumere «la libertà conquistata dalle donne come occasione per interrogarsi e scoprire cose nuove su di sé». Pensano che per loro sia giunto il momento di assumersi delle responsabilità.
«È necessaria una presa di coscienza collettiva... Una riflessione pubblica tra gli uomini, nelle famiglie, nelle scuole e nelle università, nei luoghi della politica e dell'informazione, nel mondo del lavoro.»
Il documento prende atto della situazione problematica dei tempi che viviamo: «La crisi e lo spaesamento negli uomini richiedono una nuova capacità di riflessione, di autocoscienza, una ricerca approfondita sulle dinamiche della propria sessualità e sulla natura delle relazioni con le donne e con gli altri uomini».

I firmatari sono consapevoli del fatto che per cambiare il mondo occorre cambiare se stessi e quindi prima conoscersi. Dove andiamo per stanarli? Che nomi hanno i loro gruppi? Si riuniscono da una decina d'anni in associazioni sparse per l'Italia, affittano sale o usano abitazioni, parlano, discutono di questioni private e pubbliche spesso non facili da affrontare. Affondano sonde nei fenomeni della pedofilia e della prostituzione, nella guerra e nello stupro. Ma indagano anche su questioni intime. Mettono sul tavolo la paura del proprio corpo che tende all'aggressività.
Per natura o per cultura?
Riflettono sul disagio del contatto fisico che non accomuna i maschi ma li divide, al contrario della complicità che c'è tra le femmine. Cercano i modi per conciliare dentro di sé tenerezza e desiderio, fuori di sé donne e madonne. E per conciliare gli opposti nella relazione con l'altro sesso. Insomma, l'imperativo categorico è: parliamone. Già di per sé può rivelarsi costruttivo. Ascolteranno anche questi gruppi di maschi la voce religiosamente scorretta che chiama in causa le religioni monoteiste nel riconoscere la necessità di aggiornare le scritture?

Me lo auguro. Sarebbe un grande passo in avanti. Uno dei firmatari è Gad Lerner.
In un suo articolo sul settimanale Vanity Fair ha ricordato il «maschio di potere» che è «dominatore» e «si compiace di esibire arroganza sessuale», mette «le donne al posto loro» e si vanta con gli altri maschi delle sue prodezze di ripetute violenze. Proprio lui, ebreo, porta un esempio per tutti: quello del capo dello Stato ebraico Moshe Katsav, indagato per stupro e molestie sessuali ai danni di una decina di donne.
Una breve parentesi a questo proposito. L'ottavo presidente dello stato ebraico, molestatore sessuale seriale, dopo l'uscita dell'articolo di Lerner è stato incriminato dal procuratore Menachem Mazuz non per stupro, ma solo per molestie. Ventimila persone - donne e uomini - sono scese in piazza, al centro di Tel Aviv, per contestare il patteggiamento tra il procuratore generale e gli avvocati dell'illustre imputato.
Israele reagisce con polemiche feroci ed editoriali al vetriolo.
La Corte Suprema troverà un giudice coraggioso che, considerando inadeguata la pena, annullerà il patteggiamento?

Il best seller di Vittoria Haziel «e dio negò la donna».

Tornando a Lerner, in casi come questo mette in evidenza la fierezza dell'uomo di potere nell'«esprimere una forza maschile naturale, una superpotenza virile vera o falsa, ma comunque vantata come preliminare al ruolo di potere acquisito». Riflette sulla differenza tra donne ridotte in schiavitù e donne che si abbandonano a un uomo, tra violenza ed erotismo. Ricorda inoltre quanto oggi i desideri «s'inaridiscano nel virtuale invece di concentrarsi su persone in carne ed ossa». Sottolinea la pratica consueta della «riduzione del corpo femminile a mero oggetto di scambio».
Un copione ormai consumato e sbiadito, che ora conosciamo bene, ma che vorremmo riscrivere con battute nuove. Confessa la colpa dei maschi di «saper desiderare e corteggiare sempre meno» le donne di oggi, «sempre più provocanti».
Vero.

L'altalena oscilla tra il «sempre meno» e il «sempre più». Lerner si rivela un fotografo preciso della realtà di oggi, non c'è che dire. Con pochi tratti sa riprodurre l'anima complessa nel «negativo».
Queste squadre speciali di uomini in cerca invece del «positivo», si rendono conto che ogni volta che si parla di violenza alle donne si sottovaluta la questione maschile, cioè il rapporto che gli uomini hanno con il proprio corpo e con quello dell'altro sesso.

I gruppi sono nati dalla necessità di «incidere sui meccanismi di costruzione dell'identità sessuale», di «educare alla civiltà della relazione, riconoscere l'autonomia e la libertà delle donne» non solo nella famiglia e nella scuola, ma ovunque. E di «puntare a un'alternativa di relazione: né simbiotica né gerarchica».
A questi signori dico «grazie» pure a nome di molte femmine certe ormai che i maschi veri siano una specie in via d'estinzione. Ma aggiungo e ripeto che la loro presa di coscienza, anche se è un ottimo inizio, non basta. Se si ignora la religione, sarà sempre e dappertutto una questione monca, come rimettere gambe nuove a un individuo che ha il cervello in tilt.

Dobbiamo poter tessere la bandiera bianca a due mani: Penelopi e Ulissi insieme. Ce n'è bisogno, e con urgenza.

Davincianamente vostra,
Vittoria Haziel

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