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Consegnata a Fabrizio Da Trieste l'Aquila di San Venceslao

L'antico sigillo della città di Trento al concittadino poeta e scrittore Fabrizio Da Trieste

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Oggi è stata consegnata a Fabrizio Da Triste l'Aquila di San Venceslao, l’antico sigillo della Città di Trento, l’onorificenza più alta che possa essere consegnata dal sindaco.
 
Fabrizio Da Trieste è nato a Grado, ma la sua vita artistica, prima ancora che operativa, si è svolta a Trento.
È stato funzionario del Museo Tridentino di Scienze Naturali (di cui è conservatore onorario) con l’incarico di curatore dell’Orto Botanico alle Viote di Monte Bondone.
È docente all’Università della Terza Età, presidente turnario dell’Associazione Internazionale Giardini Botanici Alpini, delegato nel Gruppo Micologico G. Bresadola.
Ha collaborato con il quotidiano «L’Adige» e con la sede RAI di Trento, è stato delegato regionale dell’Associazione Nazionale Poeti e Scrittori Dialettali.
Già componente di giurie in concorsi di poesia sia a carattere interregionale che nazionale e responsabile del settore poesia del Club Armonia di Trento.
Fa parte del Comitato di redazione di «Strenna Trentina». Alcuni suoi testi sono stati musicati per coro alpino.
 
Fabrizio Da Trieste è uno dei massimi poeti trentini viventi. Che si esprima sia in vernacolo o in lingua italiana, i valori espressi nelle sue parole sono universali.
La sua produzione è enorme, ma ci permettiamo di segnalare quella che più ci ha affascinati. Si intitola «Soldati», un lavoro in quartine costruito sul al dramma della prima Guerra Mondiale e al macello dell'Ortigara.
Lo mise in scena al teatro Sociale di Trento il 13 dicembre 2008 e fu una rappresentazione memorabile. Composizione arrangiamento a cura del maestro Federico Scarfì, per banda sinfonica, con oro maschile e con voce recitante dell’autore.
Chi volesse leggere la nostra recensione scritta per quell’occasione, può farlo tramite questo link.
 
Qui di seguito le motivazioni espresse dal sindaco di Trento Alessandro Andreatta al momento della consegna dell’Aquila di san Venceslao.

Illustre e caro concittadino, la cerimonia di oggi – che la vede meritato ed ammirato protagonista – si muove, per così dire, tra due dimensioni: da un lato, la dimensione colloquiale dell'incontro fra persone che riconoscono in Lei una figura apprezzata, una presenza amica, un riferimento al quale si sentono legati da un'antica e solida consuetudine; dall'altro lato, la dimensione istituzionale, giustamente solenne, che sottolinea come nella Sua biografia, che preferisco chiamare la Sua vicenda umana, sia possibile cogliere un tratto esemplare e irripetibile.
In questa vicenda credo si possano registrare, tra i numerosi elementi di interesse, almeno due circostanze del tutto peculiari e, direi, legate da una relazione di reciprocità: è incredibilmente evidente come tutta la sua vita esprima, tanto nella dimensione artistica quanto nella dimensione professionale, uno strenuo attaccamento al contesto, al territorio, alla dimensione locale, ai suoi linguaggi, alla sua identità.
 
La parola-chiave è radicamento.
È però altrettanto vero che questo radicamento ha una natura aperta e plurale: non è chiusura localistica, non è compiacimento nostalgico nei confronti di un passato idealizzato ed ipotetico: al contrario, esprime l'intenzione e la capacità di confrontarsi con il mondo sapendo chi si è; di guardare lontano con una solida consapevolezza delle circostanze specifiche nelle quali Le è stato dato di vivere, ma anche dell'opportunità di «contaminarle» con l'apertura a prospettive vaste.
 
Ce lo confermano in maniera evidente le Sue frequentazioni, le Sue amicizie, la stessa rara ampiezza dei Suoi riferimenti culturali.
È, questa, una metafora impegnativa, direi quasi provocatoria, del Trentino degli anni Duemila, del Trentino come terra che intende e deve rilegittimare la propria speciale Autonomia diventando, in qualche modo, «quello che già è» ma, nello stesso tempo, accettando la sfida dell'internazionalità.
 
Stanno qui l'originalità e la straordinaria attualità della Sua figura.
Un ulteriore tratto distintivo del Suo profilo vive nella capacità, ormai sempre più «inattuale», di coniugare la cultura scientifica e la cultura umanistica.
 
Viviamo in un mondo nel quale un prevalente e talora ottuso scientismo ha portato all'archiviazione frettolosa delle lettere, delle arti, della misura non commerciale, della poesia stessa, ritenute inessenziali e superflue; viviamo in un mondo nel quale lo scientismo prevalente ha portato alla frammentazione dei saperi e delle competenze: voler spiegare, voler analizzare, voler governare dinamiche ha voluto dire troppo spesso aver rinunciato al significato: noi abbiamo poteri sempre più forti nei confronti della realtà, ne sappiamo sempre di più, ma perdiamo di vista il senso delle cose.
Lei ci insegna, invece, che la dimensione colta, creativa, umanistica non è un passatempo, non ha un valore accessorio rispetto alle cose «che contano», ma assume un valore imprescindibile per dare forma e contenuti ad una vita pienamente consapevole.
 
Da ultimo – avendo scelto di limitarmi a poche sottolineature – vorrei cogliere la relazione che La lega ad alcune delle migliori espressioni della cultura trentina: realtà storiche – quali il Museo tridentino e il Club Armonia – la cui vicenda lontana e recente dimostra che fare cultura significa soprattutto avere lo sguardo lungo, significa sapersi rinnovare, significa muoversi in una dimensione collettiva e civile, significa abitare il proprio tempo senza considerarlo né scontato né immobile.
Mi fermo qui. Ma solo per dirLe che, a nome della comunità tutta e di questa Amministrazione, ho il piacere e l'onore di conferirLe l'Aquila ardente di San Venceslao, antico sigillo della città, riconoscendo nella Sua persona quei tratti morali, intellettuali e civili che ne fanno un modello da conoscere e, per quanto possibile, da imitare.
 
Alessandro Andreatta
Sindaco della città di Trento

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