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«A furor di popolo», la ricreazione secondo Lidia Menapace

Presentato ieri a Palazzo Trentini il suo ultimo sforzo editoriale

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È stato un momento intenso, la sala dell’Aurora gremita oltre l’uscio, all’ascolto attento e silenzioso di Lidia Menapace raccontando le «occasioni» di vita vissuta contenute nel suo ultimo sforzo editoriale, «A furor di popolo», libro di appunti, riflessioni e spunti lunghi quasi un secolo, tanto è lunga la sua storia di donna, classe 1924.
Già introvabile, edito da Marea, il libro è per stessa ammissione dell’autrice incompleto, perché sarebbero tanti altri e infiniti gli elementi ricreativi offerti dalla vita.
 
Militante della Resistenza, che definisce «il movimento attraverso il quale il popolo italiano ha fatto la più grande presa di coscienza politica e sociale della storia», Menapace fu tra le prime donne elette in Consiglio provinciale a Bolzano e una delle prime femministe d’Italia.
Convinta pacifista e antimilitarista, senatrice nelle liste di Rifondazione Comunista, nel presentarla il presidente del Consiglio provinciale Bruno Dorigatti ha evidenziato il suo essere donna straordinaria e coraggiosa in un tempo in cui tutto era da costruire e conquistare.
Un esempio per ogni donna d’oggi che si impegni o voglia impegnarsi in politica e non solo.
Fa parte del Comitato nazionale dell’ANPI che stasera era con lei al tavolo dei relatori, attraverso il Presidente trentino Sandro Schmid.
 

 
Menapace ha affascinato la sala con una serie di storie e aneddoti di vita, molti dei quali descritti nel libro, in quella che ha definito la sua personale «teoria delle occasioni», racconti che affondano nella realtà e nella capacità di tirar fuori dal quotidiano lo spunto, la finestra di comunicazione, la «maglia rotta, attraverso la quale vedere oltre, inventare qualcosa, comprendere».
«Nei momenti più difficili – ha detto, – è curioso come vengano fuori le occasioni più belle e più numerose.»
 
La scrittrice ha poi parlato della crisi strutturale del capitalismo, che è quella che a suo avviso stiamo vivendo.
«In questo contesto – ha detto, – non servono modifiche o riforme, bensì mutazioni, ovvero cambiamenti non reversibili.»
 
Fondamentale è anche perseguire senza indugio quella che ha chiamato «alfabetizzazione totale», ovvero la capacità di garantire l’uguaglianza nella comprensione dei diversi linguaggi, da quello primario della scrittura a quello della pittura, da quello della fotografia a quello della musica, del cinema e della scultura.
Occorre che tutti conoscano i diversi modelli di lettura affinché comprendano come tirar fuori dalla realtà le occasioni per la propria storia e per la propria vita.
Quanto alle donne, a suo avviso c’è ancora molto da fare.
Sono stati e per certi aspetti sono tuttora, tempi di «barbarie diffusa», di comode abitudini degli uomini a dominare, secoli che non si cancellano in pochi anni.
 
Infine, Menapace ha concluso con una nota d’ilarità, ricordando Rosa Luxenburg: anche nei momenti più difficili, occorre costruire occasioni ricreative e «frivole», come quando la filosofa tedesca, teorica del socialismo marxista, chiese dalla prigione dov’era rinchiusa che le andassero a comperare una giacca vista in negozio in città: «come si può vivere senza una giacchetta lilla?».
 

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