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Le patologie urologiche/ Seconda parte – Di Nadia Clementi

Ne parliamo ancora con lo specialista, dott. Marco Tiberi, professionista autore di numerose pubblicazioni in ambito Urologico, Andrologico e Uro-Ginecologico

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Questo servizio è la seconda parte di un’intervista importante e dettagliata, la cui prima metà è stata pubblicata la settimana scorsa (vedi).
Anche questa volta, per rendere leggibile e di facile consultazione, abbiamo deciso di raggruppare in appositi riquadri i dettagli del caso.
In questo modo, chi vorrà approfondire uno specifico argomento potrà farlo leggendo ciò che più l’interessa, mentre chi vuole passare all’argomento successivo può farlo saltando la scheda nel riquadro.

Dottor Tiberi, come viene diagnosticato il tumore alla vescica? Quali le cause più probabili e quali le cure?
«Le procedure diagnostiche, nel caso vi sia un sospetto di cancro alla vescica, si basano sull'ecografia, sulla radiologia (urografia e TAC), sulla risonanza magnetica e sui metodi endoscopici, come la cistoscopia.
«Quest'ultima consiste nell'introduzione di uno strumento a fibre ottiche nella vescica attraverso le vie urinarie e, pur essendo fastidiosa, permette di vedere all'interno della vescica e prelevare campioni sospetti di tessuto che verranno poi analizzati al microscopio.
«Importante è anche la ricerca di cellule tumorali nel campione di urine (citologia urinaria).
«La TAC, la PET e anche la scintigrafia ossea sono utili per valutare se il tumore si è esteso oltre la vescica coinvolgendo altri organi.»

 Trattamenti 
Chirurgico. 
La possibilità di trattamento chirurgico di un tumore della vescica comprendono la resezione transuretale, per neoplasie di piccole dimensioni non infiltranti, trattamento spesso risolutivo, e la cistectomia (asportazione dell'organo) parziale o totale, a seconda dello stadio clinico, dell'aggressività e del tipo di tumore.
L'approccio terapeutico oggi comunque prevede interventi combinati, che possono vedere impiegati, in combinazioni varie, chirurgia, chemioterapia e radioterapia.
Alta efficacia ha inoltre, nel carcinoma in situ, soprattutto per evitare che la malattia si ripresenti, il trattamento intravescicale con il bacillo di Calmette-Guerin (BCG, lo stesso che si usava per la tubercolosi) che, depositato sulle lesioni direttamente nella vescica, ne provoca l'eliminazione.
Nel tumore della vescica in fase avanzata l'approccio terapeutico è di tipo polichemioterapico.
 
Farmacologico.
Esistono diversi farmaci attivi contro il tumore della vescica; tra questi vi sono il cisplatino e la gemcitabina, la vinorelbina, le antracicline e i taxani.
Per il tumore della vescica sono stati individuati i seguenti fattori di rischio: il fumo di sigaretta, l'esposizione cronica alle amine aromatiche e nitrosamine (frequente nei lavoratori dell'industria tessile, dei coloranti, della gomma e del cuoio), l'assunzione di farmaci come la ciclofosfamide e la ifosfamide e l'infezione da parassiti come Bilharzia e Schistosoma haematobium, diffusi in alcuni paesi del Medio Oriente (Egitto in particolare).
• Anche la dieta gioca un ruolo importante: fritture e grassi consumati in grande quantità sono infatti associati a un aumentato rischio di ammalarsi di tumore della vescica.
• Esistono infine prove a favore di una componente genetica quale fattore di rischio predisponente.
• Il tumore della vescica rappresenta circa il 3 per cento di tutti i tumori e, in urologia, è secondo solo al tumore della prostata.
• È più comune tra i 60 e i 70 anni, ed è tre volte più frequente negli uomini che nelle donne. Alla diagnosi, il tumore della vescica è superficiale nell'85 per cento dei casi, infiltrante nel 15 per cento.
• La sopravvivenza a cinque anni supera, in Italia, il 70 per cento dei casi.
• Prevenzione
• Non esistono al momento programmi di screening o metodi di diagnosi precoce scientificamente affidabili. Anche la citologia urinaria può dare falsi negativi se le cellule tumorali sono difficilmente distinguibili dalle cellule sane.
• Occorre quindi mettere in atto misure di prevenzione legate alle abitudini di vita che consistono nell'abolizione del fumo, una dieta sana ed equilibrata e la prevenzione per i lavoratori a rischio.

Parliamo dell’apparato genitale maschile: un calo di erezione o del desiderio sessuale deve preoccupare?
«La disfunzione erettile, chiamata in passato impotenza, viene definita l'incapacità del soggetto di sesso maschile a raggiungere e/o mantenere un'erezione sufficiente a condurre un rapporto soddisfacente.
«Si tratta di un disturbo che interessa milioni di uomini nel mondo alterandone la qualità della vita. In Italia si stima che circa 3 milioni di uomini ne siano affetti, con una prevalenza globale del 13% (pari al 2% tra 18 e 34 anni e del 48% oltre i 70 anni).
«Viene distinta in primaria o secondaria rispettivamente se è manifestata fin dall'inizio dell'attività sessuale del soggetto o se è intervenuta in un secondo momento, dopo un periodo di attività sessuale soddisfacente.
«Si parla inoltre di disturbo generalizzato o situazionale a seconda se è sempre presente nell'attività sessuale dell'uomo o soltanto in determinate situazioni, attività o partner. Può infine essere di natura prevalentemente psicologica o organica.»

 Disfunzioni erettili 
Tipi di impotenza. 
Nell'ormai superato concetto di impotenza venivano distinte tre categorie di tale condizione tra le quali soltanto una corrisponde alla disfunzione erettile:
1. impotentia generandi - impossibilità di generare prole, ovvero causata da un'azoospermia o da un'anomalia degli spermatozoi; quindi incapaci di dar vita ad un embrione vitale
2. impotentia coeundi - impossibilità fisica di eiaculare, ma con una normale capacità erettiva. Spesso è causata da un'incapacità di formare lo sperma (aspermia), oppure a causa di un'interruzione dei dotti deferenti, impedendo così l'emissione all'esterno del seme.
Può infine derivare dalla difficoltà nel raggiungere l'orgasmo che può essere causata da danni neurologici o più spesso da difficoltà psicologica con il nome di Disturbo dell'Orgasmo Maschile.
Altra causa può essere l'assenza di sufficienti stimoli o insoddisfazione sessuale. Hanno poi influenza cause iatrogene dovute principalmente a farmaci antidepressivi.
3. impotentia erigendi - È la più grave ed è caratterizzata dall'impossibilità fisica dell'organo di compiere l'erezione; quindi l'atto sessuale. In taluni casi potrebbe essere causata o accentuata, specie nei soggetti giovani, dalla presenza di un blocco psichico (come nel caso dell'ansia da prestazione).
Possono intervenire altri fattori: per esempio insorgenza di diabete o uso di farmaci anti-ipertensivi.
 
Cause.
Le cause possono riguardare numerosi fattori fisici e psicologici, spesso concomitanti e in interazione reciproca, tra le più comuni cause psicologiche vi sono l'ansia, la depressione, conflitti intrapsichici profondi ma anche lo stress e i condizionamenti ambientali Un ruolo centrale è assunto dalla cosiddetta «ansia da prestazione» che determina un effetto inibitorio sulle erezioni ed è frequente nei giovani alle prime esperienze sessuali o dopo il verificarsi di un primo fallimento nei rapporti sessuali. Altra causa può essere una scarsa intesa col partner.
Difatti qualora la causa sia psicologica vi possono essere notevoli differenze a seconda del comportamento della partner e dell'ambiente in cui si svolge il rapporto; in tal caso spesso la mancanza di erezione è determinata dalla percezione inconscia di rifiuto da parte del(la) partner.
La disfunzione erettile di natura psicologica non è una condizione permanente paragonabile ad una malattia o a un'invalidità; persone che non riescono ad avere la minima reazione erettiva con un(a) partner, possono tranquillamente averne di normalissime con altre/i; a conferma, la disfunzione erettile di natura psicologica non sussiste in genere nell'autoerotismo.
Una recente ricerca italiana ha individuato un significativo legame tra la disfunzione erettile e la difficoltà nel riconoscere ed esprimere le proprie emozioni o alessitimia.
Le cause organiche possono essere di tipo endocrino (ipogonadismo, iperprolattinemia, sindrome di Cushing, carenza di somatotropina), di tipo vascolare (sia di natura venosa che arteriosa), di tipo neurologico (Parkinson, Alzheimer, traumi spinali, neuropatia periferica), legati a malattie croniche (diabete, insufficienza renale o epatica), derivanti dall'uso di farmaci (cortisone, psicofarmaci, antipertensivi) o da trattamenti medici (prostatectomia radicale, cistectomia, radioterapia per cancro prostatico).
Sono stati infine riconosciuti numerosi fattori di rischio che aumentano la probabilità di insorgenza di una Disfunzione Erettile tra i quali l'età, il fumo, il consumo cronico di alcol e droghe, la carenza di esercizio fisico, l'ipercolesterolemia e l'obesità.
 
Trattamenti.
Dal momento che molto spesso sia la disfunzione erettile che la sindrome metabolica (con i conseguenti diabete mellito tipo 2 e obesità) sono causati da ipogonadismo (carenza di testosterone), queste patologie sono molto spesso presenti nello stesso individuo
Il trattamento elettivo nei casi in cui il disturbo sia di origine psicologica è la psicoterapia e in particolare la terapia sessuologica quale approccio specifico focalizzato sulla soluzione del sintomo nel breve periodo (il professionista di riferimento è lo psicoterapeuta - sessuologo).
Ad essa può essere associata, quando presente una significativa condizione depressiva, una terapia farmacologica antidepressiva.
Nei casi di origine emotiva, la sessuologia consiglia lunghi preliminari allo scopo di aumentare l'intesa e la fiducia con la partner. 
In particolare la partner deve essere resa consapevole che l'erezione del maschio dipende dal comportamento della partner, e deve adeguarsi di conseguenza onde favorirlo facendolo sentire desiderato da essa.
 
Cure. 
Nei casi di disfunzione erettile di origine organica sono primariamente utilizzati i farmaci inibitori della fosfodiesterasi di tipo 5 con assunzione orale (Sildenafil, Tadalafil, Vardenafil) e il trattamento ormonale (testosterone) solo nel caso di oggettivabili cause endocrine.
Tra le opzioni terapeutiche di secondo livello, scelte in genere quando risultano inefficaci o controindicati i farmaci orali, vi sono i farmaci vasodilatatori (come quelli a base di prostaglandine) da assumere attraverso iniezioni locali prima dell'atto sessuale (lo specialista di riferimento è l'urologo - andrologo).
Solo in caso di una non efficacia dei trattamenti descritti, è valutabile l'intervento chirurgico che prevede l'utilizzo di protesi

L’inquinamento elettromagnetico (cell.) può generare patologie?
«Con il termine elettrosmog si intende l'inquinamento elettrico, magnetico e elettromagnetico derivante in genere da radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti,
«Comprendono quelle prodotte dai radar, anche civili e da diporto dove vennero scoperti i primi, evidenti effetti biologici delle microonde durante la seconda guerra mondiale, dalle infrastrutture di telecomunicazioni come la radiodiffusione e telediffusione, ponti radio, reti per telefonia cellulare, dagli stessi telefoni cellulari, dagli apparati wireless e dalle infrastrutture di trasporto dell'energia elettrica
«L'esistenza di un rischio rilevante per la salute è a tutt'oggi complessa e controversa, vista anche la dimensione e la durata degli studi epidemiologici.
«In aggiunta alla variabilità degli agenti causali, i danni provocati possono essere di tipo tumorale, benigno o maligno.
«Il danno tumorale è stato associato al fatto che i campi elettrici e magnetici inibiscono nella ghiandola pineale la produzione di melatonina, nell'uomo e nei ratti, fattore oncostatico.
«Si possono avere danni di tipo non tumorale come, specialmente a causa dei cellulari, danni all’apparato riproduttivo (infertilità)
 
Cos’è il varicocele, richiede un intervento chirurgico?
«Il varicocele è una patologia varicosa che interessa il sistema vascolare del testicolo, caratterizzata da dilatazione ed incontinenza delle vene testicolari (o spermatiche) che hanno il compito di drenare il sangue dal testicolo.
«Esiste anche il varicocele femminile, definito anche come insufficienza venosa pelvica, caratterizzato da una dilatazione delle vene ovariche che è causa di dolore pelvico cronico.
«Si manifesta in particolar modo a carico del testicolo sinistro (95%) e raramente nel testicolo destro (5%) a causa delle differenti caratteristiche anatomiche tra le due vie vascolari. La vena spermatica sinistra, infatti, è tributaria della vena renale che ha basso flusso rispetto alla vena cava nella quale refluisce la vena spermatica destra, questo perché la vena testicolare sinistra sfocia nella vena renale perpendicolarmente, a differenza della testicolare destra che sfocia nella vena cava ad angolo.
«Talvolta il varicocele può coinvolgere entrambi i testicoli ed allora si parla di varicocele bilaterale.
«Il varicocele non influisce sul meccanismo dell'erezione. Tuttavia, il dolore provocato dalla pressione esercitata dal sangue nelle vene dilatate attorno al testicolo, può inibire la risposta erettile a livello psicologico.»
 
«È dibattuta fra gli endocrinologi la correlazione fra varicocele, soprattutto di primo e secondo grado, e sub-fertilità. Dato che il reflusso di sangue aumenta la pressione sulle pareti delle vene dilatate e quindi anche la loro temperatura, l'ipotesi sottostante è che durata e ampiezza di questa variazione siano sufficienti ad alterare i valori termici dell'intera zona circostante il testicolo, e a determinare un forte rischio di deterioramento di numero, forma e motilità degli spermatozoi. Il solo aumento di pressione è anch'esso correlabile all'infertilità perché causa ipossia, stress ossidativo ed una concentrazione di testosterone più bassa nel testicolo.
«Per questi motivi, dopo la diagnosi di varicocele, viene effettuato uno spermiogramma, per valutare quantità e qualità degli spermatozoi nel liquido seminale.
«Il varicocele è piuttosto comune, con un picco dell'8% tra i 10 e i 19 anni. Colpisce il 15-20% della popolazione maschile ed è presente nel 30-40% degli uomini con problemi di fertilità.
«Nella maggior parte dei casi non si hanno sintomi evidenti. Un ragazzo può non accorgersi affatto di avere un varicocele.
«I sintomi tendono a presentarsi con il caldo, dopo un duro esercizio, alla fine di un rapporto sessuale, oppure dopo un tempo prolungato in stazione eretta.»

 SINTOMI
I sintomi includono:
• un dolore sordo nel/i testicolo/i;
• un senso gravativo di pesantezza a livello scrotale;
• fastidio al testicolo o in una parte dello scroto;
 
I segni più frequenti sono:
• nessun segno evidente visibile ma vene dilatate palpabili a livello scrotale. Vengono spesso descritte come un sacchetto di vermi;
• il testicolo colpito da varicocele può risultare più piccolo rispetto all'altro. 
 
Diagnosi: 
La diagnosi di varicocele è semplice e si basa sull'obiettività clinica e su indagini ecografiche. Un'accurata ispezione dello scroto ed un completo esame obiettivo da parte del medico (andrologo o urologo) permette di determinare la presenza di varicosità a livello testicolare. 
Le indagini strumentali di supporto (eco-color-Doppler dei vasi spermatici) permettono di stabilire l’entità del reflusso.
Solitamente si distinguono 4 livelli di varicocele: I, II, III e IV grado. L’indicazione al trattamento della patologia viene data dall’andrologo, o dall'urologo con competenze andrologiche, quando il varicocele è associato ad alterazione della quantità e qualità degli spermatozoi, quando è associato a dolore testicolare e quando ravvede la necessità di preservare la fertilità del paziente.
  
Trattamenti: 
L'attuale trattamento di scelta, per la ridottissima invasività e totale assenza di scopertura (o microscopertura) di strutture anatomiche, è radiologico le cui indicazioni principali sono: alterazione dello spermiogramma o algie invalidanti. Tale trattamento, chiamato scleroembolizzazione retrograda, non necessita di anestesia generale, essendo sufficiente quello locale nella sede di introduzione del catetere (inguinale o al braccio).
La fattibilità di tale intervento dipende però molto anche dall'esperienza del Centro e quindi dell'Operatore.
La presenza inoltre di importanti varianti anatomiche (nel 7% dei casi) del distretto veno-spermatico ne può controindicare l'esecuzione, preferendo in quel caso le tecniche chirurgiche classiche con riferimento alla varicocelectomia che viene eseguita però in anestesia generale, spinale o anche locale a seconda delle tecnica utilizzata.

Cosa sono le prostatiti?
«Per prostatite si intende qualsiasi forma di infiammazione della ghiandola prostatica.
«La prostatite ha un'incidenza che va dal 7% al 12% a seconda del territorio e delle statistiche.
Il termine prostatite, in senso stretto, si riferisce all'infiammazione istologica (microscopica) del tessuto ghiandolare prostatico, ciononostante il termine è stato usato in maniera vaga per descrivere una serie di condizioni cliniche relativamente differenti fra loro. 

 Tipi di prostatite
La prostatite è stata suddivisa in quattro differenti categorie.
• Categoria I: prostatite acuta (batterica)
• Categoria II: prostatite cronica batterica
• Categoria III: prostatite cronica abatterica oppure sindrome dolorosa pelvica cronica (o chronic pelvic pain syndrome, CPPS),
• Categoria IV: prostatite asintomatica 
 
La categoria III può essere suddivisa in III a (infiammatoria) e III b (non-infiammatoria), a seconda del livello di leucociti rilevato nei secreti prostatici a seguito delle analisi di laboratorio, nonostante tale divisione queste sottocategorie hanno una utilità limitata nella pratica clinica.
I soggetti affetti da prostatite acuta riferiscono brividi, febbre, dolore alla schiena e nell'area genitale, frequenza ed urgenza urinaria spesso durante la notte, bruciore e fastidio durante la minzione, dolenza diffusa ed una infezione del tratto urinario, evidenziata, a seguito di analisi di laboratorio, dalla presenza di leucociti e batteri nelle urine.
Possono essere presenti secrezioni dal pene. Una evenienza relativamente comune è rappresentata dalla ritenzione acuta d'urina, dovuta al fatto che l'infiammazione determina un restringimento del primo tratto dell'uretra (l'uretra prostatica). Il Paziente cerca di urinare ma non ci riesce, e ha forti dolori alla parte bassa dell'addome. In questo caso per drenare l'urina è necessario mettere un tubo che dalla parete anteriore dell'addome va in vescica, e lasciarlo finché la malattia non è guarita. È sconsigliato l'uso del catetere in quanto può rendere più grave la malattia determinando una ulteriore irritazione sull'uretra prostatica.
 
Diagnosi.
La diagnosi si basa sulla raccolta dei dati anamnestici, degli esami clinici e strumentali. In corso d'anamnesi talvolta si rilevano rapporti sessuali a rischio (nuovo partner, rapporti anali non protetti ecc.). Gli esami di laboratorio evidenziano la presenza di agenti microbici nei campioni biologici raccolti.
I batteri più comuni sono Escherichia Coli, Klebsiella, Proteus, Pseudomonas, Enterobatteri, Enterococco, Serratia e Stafilococco aureo. Tali infezioni possono rappresentare una minaccia per alcuni pazienti e può essere necessaria l'ospedalizzazione con la somministrazione di antibiotici per via endovenosa.
Gli antibiotici rappresentano il trattamento di prima linea nella prostatite acuta (Cat I). Deve essere utilizzato un antibiotico verso cui il batterio sia sensibile, scelto a seguito di antibiogramma.
Alcuni antibiotici presentano uno scarso indice di penetrazione nella capsula prostatica, altri penetrano bene ma occorre sempre avere un antibiogramma specifico. Pazienti gravemente ammalati possono necessitare dell'ospedalizzazione, mentre di norma i pazienti in condizione di salute accettabile possono essere curati restando a casa nel letto, utilizzando analgesici ed avendo cura di mantenere una buona idratazione.
Nella maggior parte dei casi la prognosi è positiva con un recupero completo senza conseguenze negative successive.
 
La prostatite batterica cronica è una condizione relativamente rara (<5% dei pazienti con problemi prostatici), tale condizione presenta solitamente il classico quadro delle infezioni del tratto urinario con un carattere intermittente ed è considerata come un'infezione cronica della ghiandola prostatica. La maggior parte delle volte causata da escherichia coli I sintomi possono essere completamente assenti, fintanto che non ci sia anche una infezione della vescica; il maggior problema causato da tale condizione è rappresentato dalle ricorrenti cistiti.
In caso di prostatite batterica cronica vengono rilevati batteri nella prostata anche se non sono presenti altri sintomi. L'infezione della prostata è diagnosticata a seguito della coltura delle urine, dello sperma e del liquido prostatico, ottenuto, quest'ultimo, dall'urologo eseguendo un massaggio prostatico.
Se a seguito del massaggio non è stato possibile raccogliere secreto prostatico, l'urina post-massaggio dovrebbe comunque contenere alcuni batteri prostatici. L'analisi del PSA potrebbe mostrare un valore elevato nonostante l'assenza di neoplasie. 
 
Terapie.
La terapia richiede cicli prolungati di antibiotici (4-8 settimane), con alta penetrabilità della ghiandola prostatica. Tali antibiotici includono chinolonici, sulfamidi, macrolidi. Infezioni persistenti possono beneficiare di un miglioramento sintomatologico nell'80% dei pazienti grazie all'utilizzo di alfa-bloccanti (tamsulosina, alfuzosina), o dall'utilizzo prolungato nel tempo di una bassa dose di antibiotici. Le ricorrenti infezioni possono essere causate da una inefficiente minzione (IPB), anomalie strutturali possono rappresentare un serbatoio per ricorrenti infezioni. L'avvento di nuove molecole antibiotiche appartenenti alla famiglia dei chinolonici di ultima generazione, come la moxifloxacina e la plurifloxacina, ha migliorato la prognosi delle prostatiti croniche.
Col passare del tempo il tasso di miglioramento è elevato e supera il 50%.
 
La CPPS è caratterizzata da un dolore pelvico di causa ignota, che dura da almeno 6 mesi ininterrottamente. I sintomi solitamente presentano un carattere ciclico con dei periodi di miglioramento seguiti ad altri in cui si avverte una recrudescenza degli stessi. Il dolore può essere lieve o debilitante, e può irradiarsi dai glutei o dal retto, rendendo difficoltoso restare seduti.
Disuria, mialgia, fatica cronica, dolore addominale, bruciore costante all'interno del pene, frequenza ed urgenza urinaria possono essere presenti. L'urgenza e la frequenza minzionale la fanno apparire simile alla cistite interstiziale (una infiammazione della vescica piuttosto che della prostata).
L'eiaculazione può essere fastidiosa o dolorosa a causa della contrazione della prostata durante l'emissione del liquido seminale benché il dolore muscolare e l'irritazione nervosa siano più comuni e debbano essere considerati un classico segno di CPPS. Alcuni pazienti riportano un calo della libido, disfunzioni sessuali ed erettili.
Il dolore post eiaculatorio è un sintomo che permette di distinguere i pazienti affetti da CPPS da quelli affetti da ipertrofia prostatica benigna (IPB).
 
Scuole di pensiero.
Ci sono differenti teorie riguardanti l'eziologia della CPPS, fra queste meritano una menzione l'ipotesi autoimmune, per la quale però ci sono scarse evidenze, l'infiammazione neurogena e la sindrome del dolore miofasciale.
Le ultime due ipotesi, possono avere una genesi in disfunzioni locali del sistema nervoso causate da traumi passati o da una predisposizione genetica che in alcuni individui porta ad un'anormale ed inconscia contrazione della muscolatura pelvica che causa una infiammazione dei tessuti mediata da sostanze rilasciate dal sistema nervoso
La prostata (e gli altri tessuti dell'area genitourinaria: vescica, uretra e testicoli) possono infiammarsi a causa dell'azione di attivazione che il sistema nervoso pelvico ha sui mastociti nelle terminazioni nervose.
Non esistono prove diagnostiche definitive per la CPPS. Questa infatti è una sindrome poco conosciuta nonostante rappresenti il 90%-95% delle diagnosi di prostatite. È stata diagnosticata in soggetti di qualsiasi età, con un picco massimo intorno ai 30. La CPPS può essere di tipo infiammatorio (categoria III a) o non infiammatorio (categoria III b).
Nel primo tipo, le urine, lo sperma o il liquido seminale contiene pus (leucociti morti), mentre nel secondo tipo non sono presenti residui di pus o leucociti.
Gli individui affetti da CPPS hanno una maggiore probabilità di soffrire della sindrome da fatica cronica rispetto alla normale popolazione, e di sindrome del colon irritabile. I livelli di PSA possono essere elevati sebbene non sia presente una neoplasia.
 
Farmaci.
C'è una lunga lista di farmaci adottati per trattare questa sindrome. Alfa bloccanti (tamsulosina, alfuzosina) sembrano avere un leggero effetto migliorativo sulla sintomatologia ostruttiva in soggetti affetti da CPPS; la durata della terapia, per avere un certo grado di efficacia deve essere almeno di tre mesi.
La quercitina e l'estratto di polline hanno dimostrato la loro efficacia in uno studio controllato. Terapie comunemente usate che non sono state valutate in maniera appropriata in studi clinici sono le modificazioni della dieta, gabapentin e amitriptilina.
Negli ultimi anni la prognosi per la CPPS è migliorata notevolmente con l'avvento di terapie multimodali, sostanze fitoterapiche e protocolli mirati al rilassamento della tensione muscolare attraverso lo scioglimento dei trigger point ed il controllo dell'ansia.

Il Tumore alla prostata da sintomi? È un male incurabile?
«Per carcinoma della prostata si intende una categoria diagnostica che annovera le neoplasie maligne che si originano dalle cellule epiteliali della prostata, una ghiandola dell'apparato genitale maschile.
Questa neoplasia può dare luogo a metastasi, con predilezione per le ossa e i linfonodi loco-regionali. Il tumore alla prostata può causare dolore, difficoltà alla minzione, disfunzione erettile e altri sintomi.»

 Tumori della prostata
• Il tumore alla prostata si sviluppa più frequentemente negli ultracinquantenni; è il secondo più comune tipo di tumore negli Stati Uniti, dove è responsabile del maggior numero di morti da tumore, dopo il tumore del polmone. Molti fattori, compresa la genetica e la dieta, sono stati implicati nello sviluppo del carcinoma prostatico. Attualmente non è una malattia prevenibile.
• Il tumore prostatico viene più spesso scoperto all'esame obiettivo o per il tramite di esami ematici, come la misurazione del PSA (antigene prostatico specifico). Un sospetto tumore alla prostata è tipicamente confermato tramite l'asportazione (biopsia) di un frammento di tessuto, e il successivo esame istologico. Si può ricorrere a ulteriori test come l'ecografia, la radiografia e la scintigrafia, per determinarne la diffusione e se il tumore abbia o meno originato metastasi.
• Il tumore prostatico si può trattare con la chirurgia, la radioterapia, la terapia ormonale, occasionalmente la chemioterapia, o combinazioni di queste. L'età e lo stato di salute del paziente, così come la diffusione del tumore, l'aspetto microscopico, e la risposta al trattamento iniziale, sono importanti per determinare la prognosi. Poiché il tumore della prostata è una malattia tipica degli uomini anziani, molti di essi potranno andare incontro a morte prima che il tumore possa espandersi o causare sintomi; ciò rende difficoltosa una selezione del trattamento. La decisione se trattare o meno un tumore localizzato (ossia completamente confinato all'interno della prostata) implica un bilancio tra i benefici attesi e gli effetti negativi in termini di sopravvivenza del paziente e della sua qualità della vita.

Cos’è l’ecografia prostatica transrettale? È dolorosa?
«L’ecografia della prostata transrettale consente di verificare le dimensioni e la morfologia della prostata, la ghiandola che arricchisce il liquido seminale di componenti essenziali.
«Lesioni o formazioni anomale sono ricercate attraverso una sonda ecografica lubrificata che viene inserita nell’ampolla rettale del paziente. Attraverso l’emissione di onde sonore ad alta frequenza, non udibili dall’orecchio umano e del tutto innocue per la salute, si formano immagini che vengono visualizzate su uno schermo apposito.
«Durante l’esecuzione dell’ecografia della prostata il paziente è sdraiato sul fianco destro, con le cosce flesse verso il petto. Prima di introdurre la sonda, il medico effettua un’esplorazione con il proprio indice per verificare che non vi siano controindicazioni all’esame. L’esame non è pericoloso né doloroso.»
 
Cos’è la cistoscopia?
«La cistoscopia è l'endoscopia della vescica urinaria attraverso l'uretra. Viene effettuata con un cistoscopio. La cistoscopia diagnostica è di solito eseguita in anestesia locale.
«L'anestesia generale è talvolta necessaria per alcune procedure operative in corso di cistoscopia.
«L'uretra è il condotto che trasporta l'urina dalla vescica all'esterno del corpo. In essa viene inserito il cistoscopio.
«Il cistoscopio è uno strumento dotato di lenti che consentono la visualizzazione diretta da parte del medico e lo studio della parete interna (mucosa) della vescica al fine di individuare eventuali anomalie e/o effettuare prelievi di tessuto.
«Alcuni cistoscopi utilizzano le fibre ottiche che veicolano l'immagine dalla punta dello strumento fino all'altra estremità dotata di un'ottica collegata ad una telecamera. I cistoscopi hanno uno spessore variabile da pochi millimetri fino a circa 1cm e sono dotati di una fonte luminosa alla punta.»
 
«Molti cistoscopi sono dotati di tubi extra oltre a quello principale per guidare altri strumenti nel corso di procedure chirurgiche endoscopiche per il trattamento di problemi urinari.
«Ci sono due tipi principali di cistoscopi: rigidi e flessibili, che differiscono nella duttilità del cistoscopio. La cistoscopia flessibile viene eseguita in anestesia locale su entrambi i sessi. Tipicamente, un anestetico locale, in genere la lidocaina gel, viene applicata sulla parte.
«Il farmaco viene instillato nell'uretra attraverso il meato urinario da cinque a dieci minuti prima dell'inizio del procedimento.
«La cistoscopia rigida può essere eseguita nelle stesse condizioni, ma è generalmente effettuata in anestesia generale, soprattutto nei soggetti di sesso maschile, a causa del dolore causato dall'inserimento della sonda.
 
Cos’è la chirurgia robotica?
«La chirurgia robotica (Robotic Assisted Surgery) consente all'operatore di praticare un intervento chirurgico manovrando, a distanza, un robot non completamente autonomo ma capace di eseguire manovre comandate.
«È una tecnica entrata in uso recentemente, sia pure in centri selezionati, e rappresenta un ulteriore passo nell'ambito della chirurgia mini-invasiva. Ha fondamentalmente le stesse indicazioni ma, al momento, è riservata a pazienti selezionati.
«Rispetto alla chirurgia video assistita tradizionale presenta alcune differenze importanti. Il chirurgo è distante fisicamente dal campo operatorio e siede ad una consolle, dotata di un monitor, dalla quale, attraverso un sistema complesso, comanda il movimento dei bracci robotici.
«A questi vengono fissati i vari ferri chirurgici, pinze, forbici, dissettori, che un'equipe presente al tavolo operatorio provvede ad introdurre nella cavità sede dell'intervento.
«L'impiego dei bracci meccanici ha il vantaggio di consentire una visione tridimensionale con un'immagine più ferma, e di rendere le manovre più delicate e fini anche perché gli strumenti sono articolati all'estremità distale.
«Lo svantaggio è legato ai tempi operatori più lunghi, ed alla difficoltà di dosare la forza (come può accadere nel dare la giusta tensione ad un nodo chirurgico).
«In futuro si può ipotizzare che la chirurgia robotica consentirà, con lo sviluppo delle esperienze, il diffondersi delle apparecchiature, ed il miglioramento dei sistemi di telecomunicazione e telematici, di operare a distanze sempre maggiori.
«Se si pensa che oggi, dai centri spaziali, è possibile azionare dei robot inviati sulla luna o più lontano, non è difficile credere che diventerà usuale operare da una parte all'altra della terra mettendo a disposizione di tutti le migliori e più specifiche professionalità. 
 
Fine della seconda e ultima parte. La prima parte è raggiungibile tramite questo link.
 
Nadia Clementi - n.clementi@ladigetto.i
Dott. Marco Tiberi - marcotiberi48@libero.it
 
Il dott. Marco Tiberi collabora con il Centro Sanitario Trento via Trener.
Per informazioni tel. 0461 830596 - www.csttrento.it

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