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«Via Rasella, il Sudtirol e Kappler» – Di Luigi Sardi

La drammatica ricostruzione della fine che ha fatto il battaglione Bozen, quello che ha subito l’attentato di Via Rasella, avvenuto il 23 marzo di 70 anni fa

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Titolo: Via Rasella, il Sudtirol e Kappler. Fra storia e cronaca dalle Fosse Ardeatine al tesoro di Fortezza 
 
Autore: Luigi sardi
Editore: Temi 2014
 
Pagine: 128 illustrate, brossura
Prezzo: € 12

Segnaliamo proprio oggi questo nuovissimo libro scritto dallo stimato collega Luigi Sardi, perché il 24 marzo fa ricorre il triste 70esimo anniversario della strage avvenuta a Roma alle Fosse Ardeatine, ma soprattutto perché il 23 marzo 1944 avvenne l’attentato di via Rasella che scatenò la rappresaglia dei tedeschi.
Nell’attentato, compiuto dai partigiani dei GAP (Gruppi di Azione Patriottica), morirono 32 militari del Polizeiregiment «Bozen», tutti dell’Alto Adige.
Si trattava di persone non più giovani, essendo nate nel primo decennio del ’900, il cui ruolo era quello di gendarmeria. Ogni giorno il reparto passava in pieno assetto di guerra (era guerra) di pomeriggio, cantando una canzone militare tedesca. Un appuntamento così regolare e un obbiettivo così facile suscitò l’interesse dei partigiani che fecero esplodere al loro passaggio un ordigno ad alto potenziale.
 
Quello che accadde dopo, purtroppo, lo sappiamo tutti. L’ordine di Hitler di fucilare 10 italiani per ogni tedesco ucciso. La drammatica scelta degli ostaggi da uccidere. La triste conta dei condannati a morte e di quelli che probabilmente lo sarebbero stati al termine di un processo. La inevitabile opzione degli ebrei. La drammatica selezione tra i detenuti comuni per arrivare al numero critico… I febbrili contatti e i gli sporchi tradimenti per salvare qualcuno al posto di qualcun altro.
L’uccisione di 5 ostaggi in più costò a Kappler l’ergastolo, anche se come abbiamo visto con Priebke, la massima pena l’avrebbe subita ugualmente anche se fosse stato più corretto. Oltretutto che l’indomani morì il 32esimo soldato del Bozen in seguito alle ferite riportate nell’attentato. E altri nove sarebbero morti nei giorni successivi.
 
Ma non è di questo che vogliamo parlare, argomento che rinviamo alla lettura del libro di Sardi.
Quello che qui vogliamo riportare è la sorte che ebbero i soldati di quel battaglione Bozen formato da cittadini altoatesini. 
Sapevamo più o meno tutto, ma sono i dettagli che Luigi Sardi ha ricostruito che ci hanno fatto prendere dalle emozioni.
Eccone due.
 
Quando Kappler diede al Bozen l’«onore» di fucilare gli ostaggi, i soldati del battaglione altoatesino si rifiutarono di farlo.
Kappler non perdette tempo e affidò l’incarico ai suoi dipendenti.
La motivazione ufficiale addotta dai superstiti del Bozen fu di carattere religioso: «Siamo cattolici». In realtà, più semplicemente, non erano assassini.
Onore alle vittime che non vogliono vendetta.
 
L’altro dettaglio riguarda il ritorno a casa dei superstiti dello sfortunato battaglione, a guerra finita. Erano SS, erano reduci, ma soprattutto erano sopravvissuti e per questo tremendamente scomodi.
In un momento in cui tutto ciò che era tedesco era criminale, quei ragazzi cercarono di dimenticare, di passare inosservati e di riprendere il lavoro che svolgevano prima della chiamata alle armi per l’Alpenvorland.
Solo una traccia è rimasta di questi sopravvissuti, un ex voto portato al santuario della Madonna di Pietralba. Tra le altre immagini di miracoli avvenuti, troviamo «un quadretto che racchiude un foglio di carta pergamena , vergata a mano con inchiostro di china».
Ci sono 32 nomi riportati sotto la scritta «Zum Gedenken unserer Kameraden welche am 23.3.1944 in Rom gefallen sind» (in ricordo dei nostri compagni caduti a Roma il 23 marzo 1944).
Tutto qui. Nessun altro ricordo.
 
Luigi Sardi ringrazia tutti coloro che hanno collaborato per riportare alla luce i fatti che, come lui stesso precisa, sono qui ricostruiti tra cronaca e storia. La storia è per le vittime delle Fosse Ardreatine, la cronaca per quei 32 poveri ragazzi.
In particolare Sardi ringrazia Umberto Gandini non solo per aver ricostruito i fatti, ma anche per le uniche interviste ottenute da un giornalista storico dai sopravvissuti, dei contadini prestati alla storia.
Il libro non si esaurisce con la strage di via Rasella, ma ne parleremo quando sarà il momento.

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