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Ricerca: sarà sempre più difficile impedire la fuga di cervelli

Tagliato alla Fondazione Mach il 10% del budget destinato alla ricerca: avrà due milioni in meno

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La cosa fantastica dell’esperienza che la Fondazione Mach ci ha concesso oggi nella degustazione di quattro nuovi vini sta nei 16 anni che ci sono voluti per arrivare a questo risultato.
È l’occasione per spiegare che cosa sia la ricerca e cosa sia l’innovazione.
Se i 16 anni trascorsi rappresentano a pieno titolo i tempi sacrosanti della «ricerca scientifica» in agricoltura, è bene sapere che ce ne vorranno altrettanti perché diventino «innovazione».
Questo perché, una volta dimostrato che questi nuovi vini sono di alta qualità e hanno un futuro in quanto generati da viti molto resistenti alle insidie naturali, per la seconda fase bisognerà attivare tre iniziative uguali e distinte.
La prima è quella di presentare al mondo il risultato di questi anni di ricerca. La comunità scientifica lo sa già, ma ci si dovrà rivolgere per forza di cose all’intero universo di estrazione.
La seconda è quella di spiegare ai consumatori che esistono questi nuovi gioielli bianchi e rossi. In un mondo in cui una ventina di varietà costituisce più della metà dell’intera produzione mondiale di uva, il lavoro non sarà facile. Basti pensare al Müller Thurgau che, per quanto conosciuto in tutto il mondo, continua a rappresentare un mercato di nicchia.
La terza è conseguenza delle prime due: convincere gli agricoltori a orientare la propria produzione al (nuovo) mercato. Il mondo agricolo per definizione si orienta preferibilmente alla produzione perché sa che ogni cambiamento viticolo costa tre anni di mancata produzione...
 
Come dicevamo, però, siamo a metà di questo percorso: concluso il «momento» della ricerca, inizia quello dell’innovazione.
La logica che ricaviamo da questa esperienza è di doppia natura.
La prima è che l’aver «inventato» dei nuovi vini è un risultato ben comprensibile a tutti, contrariamente alla maggior parte della ricerca scientifica, la cui valenza sociale ed economica sfugge alla gente della strada.
La seconda è che tempi così lunghi, all’apparenza biblici, presuppongono che chi crede nella ricerca creda nel futuro, perché sa di non lavorare per sé ma per le generazioni che verranno.
Questo è uno degli argomenti per i quali si deve fare tanto di cappello all’ex presidente della Provincia autonoma di Trento Lorenzo Dellai, che ha sempre sostenuto la ricerca.
 
E qui vogliamo aprire un altro capitolo legato al nuovo corso dell’Autonomia.
Come abbiamo detto più volte (l’ultima l’altro ieri in merito a Trento Risevedi servizio) la Provincia ha dovuto ridurre le linee di investimento sulla scorta delle proprie risorse, sempre più taglieggiate da Roma. Dai 300 milioni dei tempi d’oro destinati alla ricerca si è dovuti passare a cifre ben più basse. Se l’Università non è stata toccata per ragioni forse di principio, le altre realtà hanno dovuto riassestare le proprie risorse secondo le ridotte disponibilità.
La Fondazione Mach, che aveva una dotazione finanziaria superiore ai 20 milioni di euro, si è vista decurtare due milioni dal proprio budget.
Non vogliamo criticare le decisioni prese in tal senso, per la semplice ragione che non siamo in grado di farlo. Però abbiamo chiesto al presidente Salamini di spiegarci le ripercussioni di tale pragmatica sanzione.
 
I livelli occupazionali non verranno toccati, ci ha assicurato. Quello che cambierà sarà il modo di fare ricerca con i giovani che intendono frequentare stage e dottorati specifici a San Michele.
In pratica, le centinaia di piccoli potenziali scienziati che passeranno dalla Fondazione Mach dovranno sapere che, una volta terminato il ciclo di studi e l’esperienza di ricerca, dovranno lasciare la FEM.
Forse questo è il modo giusto di fare ricerca, sia pur dettato dalla necessità di rivedere i conti, perché consentirà di conoscere la più ampia disponibilità degli studiosi.
Ma con il gap di non poter fermare quei cervelli che nel corso di queste esperienze dovessero dimostrarsi vere e proprie eccellenze emergenti.

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