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Case di riposo: più di 1.000 anziani in attesa di un posto letto – Di Nadia Clementi

Ne parliamo con il Presidente avv. Antonio Giacomelli della società cooperativa «Unione Provinciale Istituzioni per l’Assistenza» (U.P.I.P.A.)

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A Trento e provincia le strutture residenziali per anziani sono 57 di cui 54 pubbliche e 3 gestite da privati, per un totale di 4.400 posti letto occupati, ai quali si aggiungono 250 spazi liberi che risultano inutilizzati per mancanza di risorse finanziarie.
Ma più di 1.000 anziani sono in lista d’attesa per un posto letto, un chiaro segno che c’è qualcosa che non va nella rete d’assistenza nei confronti della sempre crescente popolazione del nostro territorio e dell’età media.
I dati di tendenza riguardanti i servizi degli anziani in Trentino per i prossimi anni indicano infatti il progressivo invecchiamento della popolazione, con il conseguente aumento anche delle persone anziane non autosufficienti.
Inoltre si ridurrà la capacità di assistenza delle famiglie per effetto delle minori risorse economiche, ma soprattutto per la rarefazione dei legami familiari: famiglie meno numerose, figli e nipoti che abitano più lontano e con sempre meno tempo da dedicare all’assistenza dei propri familiari.

Cos’è l’U.P.I.P.A.
L'Unione Provinciale Istituzioni Per l'Assistenza, con sede a Trento in Via Sighele 7, rappresenta il luogo d'incontro delle Aziende Pubbliche per i Servizi alla Persona della provincia di Trento e delle altre istituzioni (pubbliche e private) non aventi scopo di lucro che operano prevalentemente nel settore socio-assistenziale e sanitario.
Costituita nel 1970 e trasformatasi nel 1999 in Società cooperativa , si propone di coordinare l'attività dei soci e proporre idonee soluzioni ai problemi emergenti, di attuare forme di collegamento e di solidarietà tra gli associati, di rappresentare e tutelare gli interessi di questi ultimi nella contrattazione sindacale.
L'Unione coopera inoltre ad ogni iniziativa sociale nel settore dell'assistenza e si cura di predisporre programmi per la ricerca, la formazione e l'aggiornamento del personale degli enti associati.
Per tutti questi motivi è un luogo ideale d'incontro: qui interessi, bisogni, desideri degli enti associati trovano spazio d'espressione e possibilità di sviluppo nell'ottica di coordinare ed accelerare i processi di miglioramento dei servizi offerti e dei modelli di gestione.
Gli enti associati sono principalmente Aziende Pubbliche per i Servizi alla Persona, ovvero istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza: tali realtà rappresentano un segno della cultura della assistenza e della solidarietà che ha permeato per secoli le comunità trentine. Da qualche anno fanno parte della società anche istituzioni private che operano nel settore socio-assistenziale
Questi Enti oggi partecipano da protagonisti all' evoluzione delle politiche sociali grazie al loro radicamento territoriale, allo scambio continuo con altre istituzioni pubbliche e private, alla trasparenza della loro gestione, al patrimonio di competenze e di capacità organizzative di cui dispongono.
Si misurano con la sfida di offrire, soprattutto alle persone anziane non autosufficienti, servizi socio-sanitari di buona qualità, in grado di tutelarne la salute, la qualità di vita, i diritti umani, in una prospettiva di integrazione con le comunità locali.

Ci saranno minore disponibilità e maggiore costo dell’assistenza familiare, in particolare se realizzata da persone straniere, per effetto del miglioramento delle condizioni socio-economiche nei paesi di origine.
Aumenterà anche l’età media anagrafica del personale che svolge attività professionale di assistenza socio-sanitaria con conseguenti limitazioni allo svolgimento delle mansioni tipiche dell’attività di assistenza.
Con la riduzione delle disponibilità finanziarie per i servizi, una quota maggiore del costo degli stessi andrà a carico degli utenti o sottoforma di integrazione volontaria o sottoforma di incremento delle quote di compartecipazione.
Il sistema pubblico (o regolato e finanziato dal pubblico) faticherà a garantire a tutti l’accesso ai servizi e si svilupperà in parallelo un sistema di offerta privata per chi è in grado di pagarli di tasca propria (eventualmente sostenuto o incentivato da forme di assicurazione integrativa).
La maggiore consapevolezza dei processi di invecchiamento e dei costi dei servizi porterà le persone a chiedere forti personalizzazioni e a verificare con maggiore attenzione la qualità complessiva dei servizi fruiti.
 


A denunciare tale situazione è il Presidente della società cooperativa U.P.I.P.A.  Avv. Antonio Giacomelli.
 
Avv. Giacomelli, quante sono le R.S.A. gestite dall’U.P.I.P.A e come sono distribuite sul territorio trentino?
«I soci di Upipa gestiscono 52 R.S.A. distribuite in modo capillare in tutto il Trentino, dalla val di Sole al Primiero, dalla Vallarsa alla Valle del Chiese, per un totale di oltre 4.400 posti letto per anziani non autosufficienti.»
La società cooperativa U.P.I.P.A. ha ideato e registrato un modello innovativo di valutazione della qualità della vita degli anziani residenti in strutture residenziali: il «Marchio Qualità e Benessere». Ce ne può parlare?
«Il Modello Qualità e Benessere è stato ideato nel corso degli anni tra il 2005 e il 2008 e registrato nel 2010. E’ nato dall’esigenza di superare il formalismo tipico di molte certificazioni di qualità e di mettersi nell’ottica del risultato finale di benessere (e non solo di salute) delle persone assistite, confrontandosi tra strutture per migliorare costantemente utilizzando lo scambio delle migliori prassi.
«È innovativo nei contenuti, perché non valuta la qualità dei singoli servizi (ad esempio della fisioterapia, del servizio infermieristico, ecc.), ma il risultato che questi servizi producono in termini di qualità della vita per le persone assistite, in 12 dimensioni fondamentali di qualità, individuate con la collaborazione degli anziani, dei loro cari, degli operatori e dei responsabili delle strutture, che riguardano elementi come Rispetto, Comfort, Gusto, Libertà, Salute, Umanizzazione, Socialità, Vivibilità, Affettività, Operosità, Autorealizzazione, Interiorità.
«È innovativo nel metodo, perché prevede che questi fattori di qualità siano valutati in forma reciproca e collaborativa tra strutture, con il coinvolgimento degli anziani residenti e degli operatori.
 
Come vive un anziano nelle R.S.A. e quali servizi vengono offerti?
Le persone in R.S.A. dovrebbero, secondo la nostra visione, poter vivere il più possibile come a casa, con il supporto degli operatori e dell’ambiente (attrezzato e progettato appositamente), per integrare quelle capacità che sono state perse o si sono ridotte per effetto della malattia e dell’invecchiamento e per avere il monitoraggio e la gestione constante delle malattie croniche.
«Per il resto le R.S.A. non possono e non devono diventare una specie di ospedali low cost dove mettere le persone che non si possono più guarire, ma dei luoghi dove consentire di vivere bene a persone che – per la loro scarsa autonomia e per l’assenza di un supporto adeguato – non possono più vivere a domicilio.»
 

 
Quanto costa la retta giornaliera in queste strutture e quanto viene rimborsato dalla provincia?
«Il costo di una giornata in R.S.A. varia mediamente da circa 120 euro al giorno a circa 180 euro al giorno e si divide in due parti. La prima, che copre i costi alberghieri, è generalmente chiamata retta alberghiera giornaliera, è a carico della persona (paga il comune solo se la persona è indigente), viene decisa in autonomia da ogni ente in base al proprio bilancio e varia da un minimo di circa 39 euro ad un massimo di 55 euro (quest’anno la media è circa 45 euro).
«La seconda parte del costo, generalmente chiamata tariffa sanitaria, è stabilita annualmente dalla Provincia, e viene pagata direttamente alle strutture a condizione che rispettino i livelli di servizio (presenza di personale) collegati. Questa varia a seconda della gravità, da un minimo di circa 75 euro al giorno per i posti letto detti di base, ad un massimo di circa 130 euro al giorno (per le persone in stato vegetativo).»
 
Il costo del soggiorno varia a seconda della tipologia di alloggio e dei servizi? Quindi a seconda della disponibilità finanziaria dei ricoverati?
«Non c’è nessuna relazione, oggi, tra disponibilità finanziaria delle persone e quota giornaliera che devono pagare (salvo il fatto che per gli indigenti paga il comune di residenza), ma la partecipazione dell’utente è tra le più basse in assoluto in Italia, pur a fronte dei servizi di qualità tra le più elevate.
«Le uniche differenze, che non superano mediamente i 10 euro al giorno, sono quelle che riguardano la stanza singola.»
 
Come vengono assegnati i finanziamenti pubblici e privati?
«I finanziamenti pubblici vengono stabiliti ogni anno dalla Provincia attraverso le cosiddette direttive, che fissano le tariffe finanziate dalla provincia per i diversi livelli di gravità e i livelli di assistenza collegati.
«I finanziamenti privati vengono prevalentemente dalle rette alberghiere fissate dai singoli enti, ma in alcuni casi derivano anche da donazioni o rendite del patrimonio degli enti, che così possono ridurre i costi a carico degli utenti.»
 

 
Come si accede al soggiorno e all’assistenza in una R.S.A.?
«Per entrare in R.S.A. utilizzando i posti finanziati dalla Provincia bisogna rivolgersi all’U.V.M. compente per il proprio distretto sanitario, su segnalazione del medico di base, del medico ospedaliero se ricoverati, o dell’assistente sociale.
«L’U.V.M. valuta le condizioni di non autosufficienza della persona e – se non più assistibile a domicilio - assegna un punteggio complessivo per l’ingresso in R.S.A. ed inserisce la persona in una lista di attesa dinamica (cioè come quelle del Pronto Soccorso, nel senso che se successivamente arriva qualcuno più grave ha la precedenza).
«Ogni volta che si libera un posto la persona che ha il punteggio più alto in quel momento viene inserita nel posto disponibile. Oggi è possibile, per chi lo desidera, entrare in R.S.A. su posti a pagamento (pochi e non in tutte le R.S.A.) anche mentre si è ancora in lista di attesa, in questo caso però si deve pagare l’intero costo giornaliero che può andare dagli 80-90 euro al giorno (se la struttura fa un sconto utilizzando risorse proprie) fino ai 180 euro al giorno se la persona è molto grave (ma è un caso puramente teorico, perché oggi chi è molto grave ha la precedenza nella lista dinamica).
«Mediamente in questo caso si pagano circa 110 euro al giorno.»
 
Sono 1.200 le persone attualmente in lista d’attesa. Come vengono gestite e quali sono le priorità di accesso?
«Come spiegavo prima - come per il Pronto Soccorso - le persone considerate più gravi hanno la precedenza anche se sono arrivate dopo. Quindi può capitare, soprattutto nelle zone dove ci sono tante domande, che una persona di gravità media debba attendere moltissimo - oppure aggravarsi - per poter entrare, perché viene sempre superata da quelli più gravi che arrivano dopo.
«L’altro problema è come viene valutata la gravità: oggi quello che conta di più è la presenza di malattie croniche e la scarsa autonomia, ma in questo caso le persone con un disturbo cognitivo (anche grave), come ad esempio l’Alzheimer, fino a quando sono però relativamente autonome nelle attività di base, hanno pochi punti e restano in lista di attesa, mentre è proprio questo il momento in cui sono più difficili da gestire per le famiglie, quando sono ancora abbastanza capaci di muoversi e fare le attività della vita quotidiana, ma non hanno la testa per farle e combinano un sacco di guai, rendendo necessaria una sorveglianza quasi costante.»
 

 
Sono in aumento le persone non autosufficienti e in particolare i casi di Alzheimer, come pensate di fronteggiare tale emergenza?
«Le persone non autosufficienti aumenteranno per effetto dell’aumento totale degli anziani, e in questo caso l’unica possibilità è sperare che la gente impari ad invecchiare bene e che il momento della non autosufficienza arrivi il più tardi possibile, altrimenti sarà difficile trovare posto per tutti quelli che non si potranno assistere in famiglia.
«Per le demenza ed in particolare per l’Alzheimer il discorso è diverso, aumenta la loro incidenza nelle strutture per anziani perché sono le persone più difficili da gestire in casa ed avrebbero bisogno, anche nelle R.S.A., di ambienti progettati specificamente per loro, che siano sicuri e che non li disorientino ancora di più, i cosiddetti nuclei specifici per le persone con demenza.
«Noi, per parte nostra, stiamo partecipando attivamente alla definizione del piano provinciale per le demenze e stiamo cercando di supportare tutte le strutture associate, sia dal punto di vista della formazione che della consulenza, per la realizzazione di nuclei dedicati.»
 
Avv. Antonio Giacomelli, cosa pensa delle prestazioni sanitarie a domicilio offerte dalla provincia alle persone in lista di attesa?
«I livelli di assistenza in provincia sono molto elevati sotto tutti gli aspetti, il vero problema non è la qualità, ma la cosiddetta appropriatezza, o adeguatezza dell’intervento al bisogno. Infatti, se una persona è in lista di attesa, è perché si è riconosciuto che non è più possibile assisterla a domicilio, quindi qualsiasi intervento è solo un tamponamento per gestire l’emergenza, col rischio di mandare in burn-out anche la famiglia, che poi finisce a sua volta in carico ai servizi.
«In ogni caso anche noi ci stiamo attrezzando per offrire la migliore assistenza possibile anche a domicilio, soprattutto in una logica di supporto e consulenza ai familiari e alle cosiddette badanti sul come gestire alcune situazioni critiche (bagno e igiene, alimentazione, mobilizzazione).»
 

 
Dott. Giacomelli, quanti sono gli addetti impiegati per l'assistenza dei nostri anziani in tutto il Trentino?
«Posso rispondere naturalmente solo per i soci Upipa che si occupano delle strutture residenziali (per fare un bilancio completo bisognerebbe contare anche le badanti ed i servizi a domicilio).
«Nelle R.S.A. sono occupate circa 3.900 persone, di cui un terzo a part-time, prevalentemente Operatori Socio Sanitari, ma anche Infermieri, Fisioterapisti, Medici, Educatori, Psicologi, che lavorano in modo veramente encomiabile e con un incredibile impegno per dare una reale qualità della vita alle persone assistite.»
 
Possiamo tracciare un piccolo bilancio? Quanto costano gli anziani che vengono assistiti, quali sono gli introiti e quali sono i soldi che mancano per far fronte all'intera problematica?
«Difficile fare un bilancio complessivo, certo oggi la provincia spende oltre 130 milioni di euro l’anno per l’assistenza in R.S.A., cui si devono aggiungere gli oltre 60 milioni pagati dagli utenti e dai familiari (o dai comuni se indigenti) come rette alberghiere.
«Questo senza considerare i costi sommersi, come ad esempio quello delle badanti, che in certi casi costano alle famiglie più della R.S.A. Noi crediamo che si debba prendere esempio dal Tirolo, fare un piano coraggioso di rafforzamento di tutti i servizi, compresi quelli residenziali, collegato con l’effettivo andamento demografico, cercando strumenti di finanziamento anche nuovi ed integrativi, come le assicurazioni private e il diverso concorso al costo dei servizi da parte di chi ha capacità economiche diverse.
«Se stiamo infatti alle previsioni demografiche pure nei prossimi anni serviranno almeno altri 100 milioni di euro l’anno per la gestione della domanda aggiuntiva. Non sono tanti in una provincia che ha le risorse della nostra e spende oltre 1,2 miliardi in sanità, ma serve la volontà di trovarli.»
 


La cooperativa U.P.I.P.A. che progetti ha per il futuro?
«Noi stiamo lavorando su due fronti apparentemente contrapposti, per tenerli insieme garantendo la crescita del sistema e la sua legittimazione.
«Da una parte infatti puntiamo a sviluppare e consolidare la qualità e la professionalità dei servizi offerti alle persone; dall’altra facciamo ogni cosa per garantire l’economicità, la riduzione dei costi e la razionalizzazione delle gestioni, in modo da ridurre il costo unitario di produzione dei servizi e renderli sempre più pronti a rispondere alla domanda della comunità.
«Per questo motivo la diversificazione dei servizi, con aggiunta di servizi diurni e a domicilio, il coordinamento e la collaborazione tra le strutture e l’aggiunta di una offerta di servizi a costo diretto dell’utente, la valutazione continua della qualità e della soddisfazione degli utenti, sono direzioni strategiche in cui ci sentiamo di proseguire.»
 
Nadia Clementi - n.clementi@ladigetto.it
Avv. Antonio Giacomelli - mail@Upipa.tn.it - www.upipa.tn.it

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