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Libia: avviato da giorni trasferimento italiano, cento rimpatriati

Proseguono da circa due settimane a Tripoli gli scontri armati per il controllo dell’aeroporto internazionale Mitiga

Di fronte all'aggravarsi della crisi in Libia, il ministro degli Esteri, Federica Mogherini, ha disposto da giorni un piano di tutela dei connazionali nelle zone più a rischio.
La Farnesina, per il tramite della nostra ambasciata e in raccordo con l’Unità di Crisi, aveva già attivato un monitoraggio della presenza italiana e negli ultimi giorni ha favorito il trasferimento sotto protezione di oltre cento italiani che avevano manifestato l’intenzione di lasciare il Paese.
L'uscita dalla Libia è avvenuta con convogli via terra verso la Tunisia e con il ricorso a velivoli dedicati disposti dall'Unità di Crisi, uno dei quali è partito proprio questa mattina, grazie al concorso della nostra aeronautica militare, con destinazione Pisa.
Su richiesta di alcuni governi, l'Italia si è occupata anche del trasferimento di persone di nazionalità diversa.
La nostra ambasciata continua ad assicurare il massimo impegno a tutela della collettività e degli interessi italiani in Libia.
 
In effetti, proseguono da circa due settimane a Tripoli gli scontri armati per il controllo dell’aeroporto internazionale Mitiga tra le milizie di Zintan, che controllano la struttura dai giorni della rivoluzione del 2011, e un fronte composto da vari gruppi armati di orientamento islamista, tra cui il Libyan Revolutionaries’ Operation Room e formazioni provenienti da Misurata.
Le violenze, che hanno causato ad oggi circa 50 vittime, potrebbero continuare ancora a lungo, nonostante i tentativi di mediazione da parte delle autorità governative.
Le tensioni tornano a crescere anche nel capoluogo della Cirenaica, Bengasi: mercoledì 23 luglio, un attentato suicida al quartier generale delle Forze di Sicurezza ha ucciso almeno 4 soldati leali al Generale ribelle Khalifa Haftar.
Solo ventiquattrore prima, un conflitto sviluppatosi per le strade della città tra miliziani islamisti e truppe governative aveva causato 16 vittime e più di 80 feriti.
 
Nonostante l’offensiva del Generale Haftar abbia accentuato la polarizzazione tra le fazioni islamiste e quelle secolari, cercare di tracciare confini ideologici chiari tra le forze attive in Libia sembra oggi un esercizio vacuo: il conflitto libico va oggi piuttosto inteso come una lotta tra milizie per il controllo del territorio, in un momento in cui peggiora il vuoto di potere in seno al Paese e perdura l’inattività delle Forze di Sicurezza nazionali.
La precaria condizione delle Forze Armate libiche pare aver declassato la questione della sicurezza nazionale a una guerra fra attori privati, investendo della responsabilità di difesa dell’apparato istituzionale chi dimostra di poter esercitare un minimo controllo sul Paese.

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