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Pedofilia: mostruosità o disturbo? – Di Giuseppe Maiolo

Sappiamo da tempo che non è facile scovare gli «orchi» perché questi si nascondo tra le pieghe della normalità quotidiana e familiare

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La denuncia di un padre altoatesino che per anni abusa sessualmente delle figlie colpisce l’opinione pubblica.
Ma evoca ancor più sorpresa il fatto che un procuratore della repubblica riferisca dell’aumento delle denunce in provincia di Bolzano.
Di certo se le segnalazioni sono maggiori è perché i casi possono essere in aumento (e lo sono) ma anche perché oggi c’è più sensibilità da parte degli adulti nei confronti del fenomeno pedofilia e maggiore è il coraggio di segnalare come risultato di una maggiore responsabilità di tutela da parte degli adulti.
 
Tuttavia siamo ancora distanti dal contrastare il fenomeno che rimane drammatico e continua a restare sommerso.
Sappiamo da tempo che non è facile scovare gli «orchi» perché questi si nascondo tra le pieghe della normalità quotidiana e familiare.
Così pare sia accaduto anche nell’ennesimo caso di violenza sessuale registrato in Alto Adige. La denuncia ha portato allo scoperto quello che è considerato il comportamento di «mostro».
E sta qui la riflessione da fare.
 
Che la violenza rimanga nascosta e non si mostri, è storia consueta.
Così come è caratteristica specifica del pedofilo l’ abilità di nascondere agli occhi degli altri le sue azioni perverse e violente che gli permette di continuare indisturbato nei suoi abusi e allo stesso tempo tenere in ostaggio le sue vittime paralizzate dalla vergogna e dalla colpa a cui ha imposto il silenzio.
Non vi è dubbio pertanto che, una volta scoperto, l’abusante appaia come un «orco» che mostra finalmente la sua faccia.
E di certo la violenza sessuale sui minori ci mostra più di ogni altra azione di abuso come sia mostruoso il comportamento del pedofilo.
Tuttavia mi domando se questo appellativo serva per definire il male oppure per esorcizzarlo e proiettarlo lontano con una operazione che ha un sapore liberatorio: allontanarlo da noi e dalla nostra percezione.
 
La pedofilia, annoverata da un punto di vista psichiatrico tra le parafilie, è certamente una patologia, ma il pedofilo potrebbe essere considerato un «malato» particolare.
In parte perché la pedofilia è sempre esistita e addirittura accettata nei tempi antichi come pratica educativa oppure tollerata presso alcune culture.
Per un altro verso perché il pedofilo è solitamente un soggetto che ha sviluppato la sua personalità in maniera relativamente normale.
Sappiamo tutti che tra pedofili vi sono uomini e donne di successo, professionisti affermati o padri e madri considerati dall’esterno modelli di comportamento.
 
Questo ovviamente non attenua la gravità delle azioni di violenza, né le giustifica, ma permette di rilevare come all’interno di una patologia definita come quella che spinge alla ricerca del piacere sessuale con un bambino, vi possono essere elementi particolari.
Uno di questi è sicuramente il fatto che il pedofilo molto frequentemente ha alle spalle l’esperienza di un abuso sessuale subito a sua volta e mai elaborato come trauma.
L’altro è che le sue scelte sessuali, benché condizionate da meccanismi di difesa particolari quali il diniego e la scissione, non gli impediscono di essere responsabile delle sue azioni.
Infatti molestando e catturando le sue piccole vittime, il pedofilo mentre ricerca un piacere fisico con consapevolezza esercita molto di più un potere sadico su un soggetto debole come può essere un bambino, dal quale sa che non potrà mai essere criticato o giudicato.
Questo in sostanza è l’abuso. In particolare quello sessuale. E’ la forza del potere di chi sente di avere una posizione di superiorità.
 
Si tratta, allora di riconoscere al pedofilo la condizione di chi vive un disturbo importante, ma che solo in parte è di natura sessuale e molto di più attinente alla sfera del potere e a una probabile dimensione di sofferenza generata da una profonda ferita che secerne angoscia e dolore.
Vedere l’abusante sotto questa luce ci può aiutare a capire l’importanza fondamentale della prevenzione e la necessità di rintracciare precocemente il trauma da elaborare.
 
Giuseppe Maiolo - giuseppe.maiolo@unibz.it - Precedenti
Prof. Giuseppe Maiolo, psicoanalista, docente di Educazione alla sessualità all'Università di Bolzano Facoltà di Scienze della Formazione.

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