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Allarme crisi a Rovereto. Che succede alla Crotti Bilance?

A pochi mesi da quando è passata di proprietà, la storica fabbrica di Rovereto sta scricchiolando. - Sfrattata dall'Agenzia per lo Sviluppo. Tagliati i telefoni. - Licenziati gli impiegati e quasi tutti gli operai. - Il silenzio dei sindacati

La Nuova Crotti Bilance Spa aveva già conosciuto alterne vicende. Dopo la crisi del 2003 era stata risanata, ma di fronte alla necessità di immettere del capitale fresco, i soci storici avevano deciso di passare la mano.
A fine dicembre dello scorso anno l'azienda era stata ceduta al signor C. L.,, un agente di commercio di prodotti per l'edilizia originario di Bolzano e operante nel Veronese. Ma, a pochi mesi dal passaggio di proprietà, sembra che tutto stia andando a catafascio.
Non avendo più ricevuto l'affitto, l'Agenzia per lo Sviluppo ha sfrattato la ditta dal capannone di 3.000 metri quadrati e dagli uffici di via G. a Prato, dando tempo all'azienda fino al 21/12/2007 di trovare alternative.
Brennercom ha tagliato le linee telefoniche anche in entrata. Sono stati licenziati gli impiegati e sembra che siano stati tenuti solo due operai. Eppure non è il mercato che manca, dato che i clienti storici dall'azienda stanno aspettando la consegna di pese industriali per centinaia di migliaia di euro. Ma allora cosa sta succedendo?

Negli ultimi decenni l'azienda ha sempre sofferto di sottocapitalizzazione, stante il fatto che il valore principale della società proveniva nel nome che porta con orgoglio da oltre 146 anni. Un marchio che tuttora attira la richiesta spontanea di centinaia di preventivi, fenomeno sconosciuto alle aziende concorrenti. La cronica mancanza di denaro aveva portato alla decozione di parecchi debiti verso fornitori e verso lo Stato. E così, se a novembre di tre anni fa sarebbero stati sufficienti 100.000 euro per risanare la posizione della società e rilanciarla verso fatturati più congrui, alla fine dello scorso 2006 ne servivano quasi 500.000.
Ovviamente i produttori di ferro hanno sempre voluto ampie garanzie prima di procedere a forniture verso la Crotti, proprio perché la chiusura traumatica delle allora Officine Crotti Spa nel 1997 aveva insegnato loro che fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio.
Fatto sta che per aumentare la produzione sarebbero state neces-sarie due operazioni: procedere alla «ristrutturazione dei debiti» e immettere nuovi capitali. I soci storici avevano deciso di non farlo e avevano posto l'azienda sul mercato.

Inutile dire che ai più interessava solo il marchio Crotti, il quale - come abbiamo detto - è ancora (e a ragione) considerato una garanzia di qualità e durata. Ipotesi questa inaccettabile sotto tanti punti di vista, il principale dei quali significava la chiusura dello stabilimento e con esso il know how secolare. Ma anche dal punto di vista civilistico, la cessione del marchio non sarebbe stata sufficiente per porre l'azienda in liquidazione senza procedure concorsuali traumatiche. Quindi i soci decisero di vendere la società solo in toto e a condizioni accettabili.
La proposta di vendita formulata verso la fine dello scorso anno prevedeva da una parte che i soci cedenti si assumessero i debiti consolidati e coperti da fideiussioni personali, e dall'altra che l'acquirente si assumesse l'onere di finanziare e rilanciare l'azienda. Il modo migliore per farlo era stato individuato nella cessione iniziale della «Crotti Engineering Srl» (socio di maggioranza della Nuova Crotti Bilance Srl, e a sua volta proprietà delle medesime persone fisiche), la quale aveva un debito nei confronti della partecipata per 60.000 euro. Finanziandola con 100.000 euro, avrebbero infatti effettuato due operazioni, perché ricapitalizzava entrambe le società con una prima immissione di denaro fresco. Poi il nuovo proprietario avrebbe potuto procedere in varie maniere, la più verosimile delle quali consisteva nell'affitto di ramo d'azienda da parte della Nuova Crotti Bilance Srl alla Engineering Srl.
Tutto ciò avrebbe consentito alla partecipante di ripartire nuovamente senza la necessità di immediati corposi investimenti. La «ristrut-turazione dei debiti» infatti avrebbe concesso - tramite un procedimento giudiziale previsto dalla nuova legge fallimentare - la sistemazione delle posizioni mediante il costante introito derivante dall'affitto di ramo d'azienda.

Nell'insieme, sulla carta l'operazione sembrava abbastanza semplice e le parti avviarono già a dicembre i necessari atti notarili. Ma, stante il fatto che nella transazione non era previsto alcun passaggio finanziario, parte cedente non andò a chiedere le necessarie garanzie affinché parte subentrante procedesse effettivamente agli investimenti promessi.
In Crotti, in seguito al passaggio di quote, si dimise l'organo amministrativo che venne sostituito da parte acquirente e da persona di sua fiducia. Da quel momento tuttavia, nessuno fu più in grado di garantirsi che il subentrante procedesse al risanamento dell'azienda come da progetto convenuto.
Fatto sta che poco o nulla venne versato nelle casse della Engineering Srl affinché eseguisse l'operazione finanziaria concordata, e la Nuova Crotti Bilance venne lasciata nella situazione originaria, che anzi si aggravò velocemente.
Giunsero i primi protesti, le banche chiesero i rientri.

I dipendenti, non vedendo più gli stipendi, nel mese di maggio decisero di astenersi dal lavoro. Ma non servì a nulla, tanto vero che agli inizi di giugno, al termine di una movimentata assemblea sindacale con il nuovo proprietario (e alla presenza del sindacalista di riferimento), gli impiegati vennero messi in mobilità e gli operai in cassa integrazione.
«Quello che è stato fatto a fatica negli ultimi quattro anni per risanale l'azienda, - ha detto un'impiegata al nuovo titolare C.L. al momento di andarsene, - lei lo ha distrutto in quattro mesi.»
Con i complimenti delle maestranze.
A quanto ci è dato di sapere, peraltro, non si è sicuri neppure che la cassa integrazione sia stata richiesta.
Ma quello che preoccupa è che in questa maniera la Crotti sta entrando in coma irreversibile. Anche richiamando due operai al lavoro (gli altri se ne sono andati), nessuno ha più comperato il ferro necessario per produrre le pese ordinate. Nessuno ha più seguito l'ufficio commerciale e, per quanto si sa, neppure l'amministrazione finanziaria e contabile. E il peggio è che l'azienda sembra sia uscita dal «Programma Qualità», strumento che le consentiva l'autocertificazione, cioè la possibilità di collaudare le pese in prima istanza con verifica propria e senza bisogno dell'intervento di un ufficiale dell'Ufficio Metrico. Anche le «masse campione» sarebbero scadute e avrebbero bisogno della periodica verifica dell'Ufficiale Metrico.
D'altra parte, l'impiegata che era in grado di seguire la «qualità» e la prassi amministrativa per i collaudi, è stata licenziata.

Ora la Nuova Crotti Bilance Srl è ferma. Manca la luce. Le linee telefoniche non ci sono più. Lo sfratto è esecutivo. La Crotti Engineering Srl ha trasferito la propria sede a Verona, presso un recapito del nuovo titolare C. L.
E chi chiede a C. L. come intende andare avanti, si sente rispondere che «non ci sono problemi.»
Beato lui. Povera Crotti.

GdM

Nelle foto, dall'alto in basso, strumenti di pesatura Crotti: la stadera con ponte in bilico (STB) modello «Betmodul», la STB modello «Fermodul», Una «pesablocchi» e una «pesaferro». I leverismi e l'orologio che si vedono nella «pesablocchi», sono ancora necessari dove non arriva la corrente elettrica.

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