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«Nativi digitali» e «Migranti digitali» – Di Giuseppe Maiolo

I giovani passano mezza giornata collegati in rete, col rischio che possano produrre domani adulti incapaci di viversi l’affettività o, peggio ancora, averne paura

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Immagine ricavata da www.digitalkids.it.

Da alcuni sondaggi sembra che oggi gli adolescenti passino fino a 12 ore al giorno collegati e attaccati in rete con vari dispositivi.
Uno studio approfondito effettuato da un importante Istituto di ricerca californiano, sommando l’utilizzo dei vari strumenti tecnologici come il PC, iPod, tablet, cellulare, TV, ecc., ha messo in evidenza come i giovani dipendano sempre di più dalla tecnologia e dalla comunicazione virtuale.
E il fenomeno non descrive solo la realtà americana, ma anche quella europea e italiana dove si moltiplicano i casi di giovani che accusano disturbi collegati alla dipendenza da Internet.
La prospettiva può essere davvero preoccupante e va affrontata con attenzione. Non solo perché si intravvede una nuova patologia all’orizzonte, quanto perché le tecnologie stanno modificando i nostri comportamenti e i nostri atteggiamenti soprattutto per  ciò che riguarda le relazioni tra gli individui e le modalità di comunicazione.
Oggi siamo di fronte ad un nuovo modo di pensare e i «nativi digitali», come li ha chiamati Marc Prensky, nati e cresciuti con Internet hanno assorbito un modello di comunicazione totalmente diverso dal passato che ha modificato la mente e il modo di ragionare.
 
Un giovane di oggi che sta su Facebook, è assolutamente convinto non solo di avere degli amici, ma anche di conversare con un’altra persona. Eppure noi sappiamo che la conversazione implica sistemi diversi di comunicazione che sono al contempo verbali e non verbali.
Questi ultimi coinvolgono soprattutto il corpo fisico.
 
Chattare o messaggiare, significa invece usare solo la modalità verbale e mettere limitatamente in campo la propria fisicità che tanta parte ha nell’interazione personale tra gli individui.
In questo modo mancano e mancheranno sempre di più non tanto le esperienze emotive quanto le relazioni sentimentali che difficilmente si sviluppano on line.
Il rischio è dato dal fatto che questa generazione di giovani potrebbe essere domani quella di adulti incapaci di viversi l’affettività o, peggio ancora, averne paura.
La freddezza emotiva è la naturale conseguenza.
Tuttavia per capire tutto questo nuovo mondo di comportamenti e per arginare i potenziali pericoli che ne derivano, gli adulti, ovvero i «migranti digitali», devono fare lo sforzo di non giudicare e piuttosto entrare dentro questo nuovo modello di interazione che sta contagiando un po’ tutti. Capire il fenomeno è più importante che giudicarlo.
 
È fondamentale conoscere i rischi e i pericoli senza demonizzare il tempo in cui viviamo. Serve vedere e valorizzare cosa c’è di buono nel mondo che sta influenzando la mente degli adolescenti e saper esercitare un controllo su quello che i ragazzi e le ragazze fanno quando navigano.
La generazione degli adulti deve imparare conoscere bene Internet e le sue potenzialità, e allo stesso tempo alternare un livello di controllo ad un livello di curiosità.
«Questo significa infatti usare con i «nativi digitali» la loro lingua «materna» in quanto serve a mantenere attiva la comunicazione reale e non farli finire in quella specie di autismo che caratterizza chi se ne sta collegato per un tempo indefinibile nella realtà virtuale.
 
Giuseppe Maiolo
giuseppe.maiolo@unibz.it - Precedenti

Prof. Giuseppe Maiolo, psicoanalista, docente di Educazione alla sessualità all'Università di Bolzano Facoltà di Scienze della Formazione.

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