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Luisa Zeni di Arco: agente segreto italiano nella Grande guerra

La storia della Mata Hari trentina che in Tirolo lavorava per sua maestà il re d’Italia

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Luisa Zeni, nata ad Arco nel 1896, è la protagonista dell’approfondimento che il Ministero della Difesa dedica in vista del 4 novembre, giorno della vittoria. Uno dei percorsi storici attivati dall’Ufficio Storico per conoscere meglio i fatti, le persone, i luoghi che segnarono quegli anni e che portarono alla fine della prima guerra mondiale.
Era stata reclutata nel 1915 dal colonnello Tullio Marchetti, un asso dello spionaggio, capo del Servizio segreto militare, che allora si chiamava «Informazioni Truppe Operanti».
Il colonnello Marchetti racconta che Luisa Zeni fu l’unica persona, fra i fuoriusciti trentini ad accettare l’incarico di operare per lo spionaggio italiano, quando la guerra non è ancora scoppiata con l’Italia, mentre l’Austria era già in armi contro l’Intesa e formalmente ancora alleata all’Italia nella Triplice Alleanza.
Anche l’«Evidenzbureau» austriaco peraltro aveva messo in piedi una rete di spie in Italia, che il Servizio Informazioni italiano teneva sotto controllo per proteggere la rete di informazioni attivata in Trentino e in Tirolo.
Il colonnello Marchetti le impartì le direttive e le dotò di inchiostri simpatici, di denaro (ne richiese il minimo per vivere e null’altro) ed alcuni recapiti in Svizzera forniti dal barone Silvio a Prato, agente italiano in Svizzera, cui avrebbe dovuto indirizzare la corrispondenza.
 
Il 22 maggio 1915, due giorni prima della dichiarazione di guerra, Luisa Zeni passa il confine ed entra in territorio austriaco nella zona di Ossenigo. Intercettata e fermata da una pattuglia austriaca, si presenta come Josephine Müller, dichiara di essere fuggita dall’Italia per rientrare in Austria.
Accompagnata ad Ala e perquisita, i documenti falsi reggono all’esame e viene fatta proseguire.
Raggiunge avventurosamente Innsbruck in treno e scende all’Union Hotel, luogo pericoloso ma anche miniera di informazioni, frequentato com’è dagli ufficiali dei comandi stanziati in città.
Grazie alla sua attività a e alle confidenze che raccoglieva, riuscì a mandare all’agente a Prato parecchie relazioni con notizie militari precise e puntuali, dimostrandosi un’agente di primissimo livello.
Fra il 22 maggio e il 9 agosto Luisa Zeni mette in atto un pericoloso gioco e contro gioco con la polizia e l’Evidenzbureau. Essere smascherata significava l’impiccagione. In ogni occasione però l’agente mantenne il suo eccezionale sangue freddo.
Alla fine di luglio fu arrestata, ma «con femminile abilità se la cavò» [così scrisse nei suoi appunti il colonnello Marchetti – NdR]. Ma non fuggì da Innsbruck, che sarebbe stato come confessare, solo che ormai non può più sostenere di essere Josephine Müller e l’ombra della forca le si profila all’orizzonte.
Il 6 agosto 1915 deve abbandonare la partita. Raggiunge a piedi una piccola stazione fuori città, sale su un treno, affollato di italiani che tornano a casa e diretto in Svizzera, alla stazione di confine di Feldkirch beffa i gendarmi austriaci e si ritrova in territorio neutrale.
Tullio Marchetti va ad accoglierla a Milano per sentire direttamente le ultime notizie. Dopodiché Luisa Zeni cessa di essere alle sue dipendenze.
 
A guerra finita, Marchetti la propone per una decorazione al valore con questa motivazione.
«…È certo che essa, conscia dei pericoli sui quali andava incontro, diede prova di grande ardimento, arrischiando la vita, soprattutto nella sua qualità di trentina, e ciò per puro amore di patria e non per denaro, avendo essa compiuto fino al limite del possibile il suo servizio con il minimo di spesa e senza guadagno di sorta, né diretto né indiretto…
«Il suo agire arditissimo e nobile ebbe valore maggiore che se fosse stato compiuto da un uomo, dato che nessun uomo si è sentito di fare quanto la Zeni ha fatto.»
La Zeni riceve la sua Medaglia d’Argento. Poi si imbarca nell’avventura fiumana e si adopera come crocerossina. Questa volta si guadagna l’ammirazione di Gabriele D’Annunzio che parla di lei come «creatura ammirabile».
Nel libro di memorie, «Briciole», edito nel 1926, Luisa Zeni racconta la sua storia di spia, ultimo agente segreto al femminile del Risorgimento.

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