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«Allarme ebola»: è meglio saperne di più – Di Nadia Clementi

Ne parliamo con il dott. Claudio Paternoster, responsabile del reparto malattie infettive presso l’Ospedale S. Chiara di Trento

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L'Ebola è stata dichiarata «un'emergenza di salute pubblica a livello internazionale». Questa la definizione fornita dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), i cui membri si sono riuniti per due giorni a Ginevra per discutere i criteri da seguire per il contenimento della malattia.
Nel frattempo il bilancio delle vittime continua a salire. Secondo i dati raccolti finora, il virus dell’Ebola avrebbe ucciso, soprattutto in Africa occidentale, quasi quattromila persone, tra cui oltre 200 operatori sanitari provenienti da tutto il mondo. Secondo i dati OMS, solo dal 5 ottobre a oggi più di ottomila persone sono state contagiate dal virus.
Le notizie di una nuova epidemia di Ebola, che sta coinvolgendo ampie zone dell’Africa Subsahariana, hanno causato un allarme generale, diffuso su scala globale dai principali media internazionali e sui social network, prefigurando una catastrofe umanitaria senza precedenti.
Si è anche parlato di una possibile diffusione del virus in Europa, tramite l’arrivo di immigrati provenienti dalle regioni colpite dall’epidemia. Tuttavia spesso episodi di questo genere vengono strumentalizzati e la reale gravità del problema viene amplificata, anche a fini politici.
L’emergenza ebola è davvero così grave? La situazione è così disperata come viene presentata?
Per capirne di più, abbiamo chiesto chiarimenti al dott. Claudio Paternoster, responsabile del reparto di Malattie Infettive presso l’ospedale di Trento. 

 Chi è il dott. Claudio Paternoster
Dr. Claudio Paternoster, nato a Ton (TN) il 1 febbraio 1958, si è laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Parma nel 1984, con successive specializzazioni in Medicina Interna presso l’Università di Padova nel 1992 e in Malattie Infettive presso l’Università di Verona nel 2002.
È medico ospedaliero dal 1992 ed attualmente responsabile della Sezione di Malattie Infettive dell’Ospedale S. Chiara di Trento.
Il Dr. Paternoster è inoltre componente del Comitato per il Controllo delle Infezioni Ospedaliere (CIO) dell’Ospedale di Trento e docente di Malattie Infettive presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Verona nel Corso di Laurea in Scienze Infermieristiche (sede di Trento) e nel Corso di Laurea in Igiene Dentale (sede di Ala) dall’anno accademico 2007/08.
È autore/coautore di oltre 20 pubblicazioni su riviste nazionali e internazionali e ha partecipato a più di 100 corsi e convegni post-laurea.

Dott. Paternoster, cos’è l’Ebola?
«L’Ebola è un virus appartenente alla famiglia dei Filovirus ed è uno degli agenti infettivi responsabili delle cosiddette febbri emorragiche virali.
«Si tratta di gravi infezioni dovute ad alcuni virus, tra i quali appunto l’Ebola, che sono caratterizzate dalla comparsa, nel corso della malattia, di fenomeni emorragici più o meno estesi (sanguinamenti gengivali, nasali, cutanei e degli organi interni).»
 
È vero che il virus dell'Ebola venne scoperto nel 1976 nella Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire), quando un'epidemia si diffuse in un villaggio costruito sulle rive del fiume Ebola?
«Esatto, il virus prende il nome dalla valle dell'Ebola, dove si è manifestata la prima epidemia nota, scoppiata nel 1976 in un ospedale missionario condotto da suore olandesi.
«Il primo caso registrato fu di un insegnante di 44 anni, Mabalo Lokela, il quale morì 14 giorni dopo la comparsa dei primi sintomi.
«Successivamente l’epidemia colpì 318 persone con 280 decessi, tra cui almeno due infermiere che avevano prestato assistenza ai malati.»
 


Ci parla dell’attuale epidemia?
«Iniziata nel 2013, l’attuale epidemia di Ebola interessa una zona limitata dell’Africa occidentale: Guinea, Liberia, Sierra Leone.
«Attualmente l’epidemia non è presente in altri paesi africani.
«La Nigeria, dove al 31 agosto è stato registrato un ultimo caso importato, dopo i prescritti 42 giorni di osservazione, è stata dichiarata libera da Ebola.
«In Senegal è stato segnalato un solo caso in agosto, introdotto dalla Guinea. Tutti i contatti del caso sono stati messi sotto osservazione, come prescritto, per 21 giorni, senza comparsa di altri casi. Anche in Senegal, pertanto, non è in corso alcuna epidemia.
«Un focolaio è sotto controllo nella Repubblica Democratica del Congo con 70 casi al 1 ottobre 2014.
«Negli USA, finora (23 ottobre) sono stati segnalati due casi, entrambi in persone che hanno assistito malati di Ebola: uno deceduto, il secondo guarito.
«In SPAGNA un'infermiera, contagiata per contatto con missionari provenienti dalle aree infette, è guarita.»
  
Come si manifesta la malattia? Quali i sintomi? L’incubazione?
«Nelle fasi iniziali la sintomatologia è caratterizzata da febbre, brividi, cefalea e malessere generale.
«Dopo alcuni giorni i sintomi si aggravano e compaiono vomito, diarrea, dolore addominale e fenomeni emorragici con grave disidratazione.
«Nei casi di Ebola con evoluzione sfavorevole il decesso avviene generalmente tra il 6° e il 16° giorno dall’inizio dei sintomi.
«La conferma della infezione da virus Ebola è effettuata mediante test virologici su liquidi biologici.
«L’attuale epidemia ha una mortalità di poco superiore al 50% dei casi.
«Il periodo di incubazione varia da 8 a 20 giorni.»
 


Come si trasmette l’Ebola?
«La trasmissione da persona a persona avviene per diretto contatto con fluidi biologici contenenti il virus (sangue, vomito, urine, feci, liquido seminale, e verosimilmente sudore), provenienti da un individuo malato, o attraverso soluzioni di continuo della cute (ossia interruzioni della superficie cutanea come tagli, punture, ferite, abrasioni etc.) o mucose non protette (occhi, naso, bocca).
«In altre parole il virus non è in grado di attraversare la cute integra, mentre penetra facilmente attraverso quella congiuntiva o le mucose del naso e della bocca.
«Il contagio non si trasmette per via aerea. In altre parole, senza contatto diretto con liquidi biologici o materiali contaminati da liquidi o materiali biologici (sangue, urina, feci, vomito, sperma, saliva ecc.) non è stata finora dimostrata la possibilità di contagio.»
 
Qual è il protocollo di terapia in vigore?
«Attualmente non esiste alcun trattamento approvato. Sono state utilizzate alcune terapie sperimentali che in qualche caso hanno dimostrato una certa efficacia.
«Per citare alcuni esempi, miscele di anticorpi monoclonali in grado di bloccare alcune strutture presenti sulla superficie del virus, o sieri di pazienti sopravvissuti all’infezione. Inoltre sono stati testati alcuni farmaci attivi su altre infezioni virali. 
 


Come si può fare per combattere il virus?
«In assenza di trattamenti efficaci la strada da percorrere, così come per altre malattie virali, è lo sviluppo di un vaccino, che al momento non è ancora disponibile.
«Tuttavia i ricercatori oggi stanno studiando almeno due possibili versioni che sembrano promettenti.»
 
Gli immigrati che arrivano sulle nostre coste possono essere un veicolo di infezione? Quali controlli sono necessari per evitare i contagi?
«Dal momento che il periodo di incubazione della malattia da virus Ebola dura al massimo 21 giorni, è molto improbabile che tale virus possa essere trasmesso da un immigrato clandestino il cui viaggio della speranza dura generalmente molto più di 21 giorni.
«In questo senso sono molto più a rischio gli spostamenti in aereo e quindi le misure di sorveglianza a livello internazionale si sono concentrate negli aeroporti.»
 
 
 
Quali sono le precauzioni e misure in Europa?
«Il 16 Ottobre 2014 i ministri della sanità europei riuniti a Bruxelles, insieme ai colleghi svizzeri e norvegesi, e ai rappresentanti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, hanno fatto il punto della situazione, concludendo che il rischio di propagazione della epidemia in occidente è molto basso.
«Sono stati in ogni caso rafforzati i controlli nei porti e negli aeroporti sui passeggeri in partenza dai paesi colpiti (Liberia, Sierra Leone, Guinea).
«L’Italia non ha collegamenti diretti (voli) con i Paesi in cui è in corso l’epidemia.»
 
Sono stati registrati casi in Italia? Se sì, quanti?
«No, al momento non è stato registrato alcun caso di malattia da virus Ebola.»
 
Nella nostra Regione sono stati previsti dei controlli?
«Come da indicazione del Ministero della Salute, anche l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento sta elaborando una procedura per il controllo della malattia in modo da poter affrontare con sicurezza un eventuale caso, anche se questa possibilità al momento attuale appare piuttosto remota.
«Si tratta di un documento che contiene i criteri per l’identificazione di un possibile caso sospetto, le procedure da adottare in attesa della conferma diagnostica e le modalità di invio degli eventuali casi confermati ai centri di riferimento nazionale (gli ospedali Spallanzani di Roma e Sacco di Milano) allo scopo di ridurre al minimo i rischi per la popolazione e per gli operatori sanitari.»
 


In conclusione, cosa ne pensa dalla situazione di allarmismo scatenata dai media a livello internazionale?
«Va sottolineato che l’attuale epidemia di virus Ebola è di gran lunga la più importante tra quelle fin qui verificatesi e ha già colpito quasi 10.000 persone rispetto alle poche centinaia registrate nei contagi precedenti.
«È perciò assolutamente giustificato l’allarme lanciato degli organismi internazionali, in primis dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, in quanto la situazione sanitaria nelle zone colpite è al momento drammatica.
«Ben diverso è il rischio, per ora solo teorico, che l’epidemia possa espandersi in modo significativo al di fuori dell’Africa, se si eccettua la possibilità di qualche caso isolato che verrebbe prontamente circoscritto.»
 
Nadia Clementi - n.clementi@ladigetto.it
Dott. Claudio Paternoster
 
 Per ulteriori approfondimenti
• Ministero della Salute

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