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Riflessione sul femminicidio – Di Nadia Clementi

Ne parliamo oggi 25 novembre con lo psicoterapeuta Giuseppe Maiolo e la moglie Giuliana Franchini, autori del libro «Se l’amore ferisce»

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Nelle foto, Giuseppe Maiolo e sua moglie Giuliana Franchini.

Giuseppe Maiolo e la moglie Giuliana Franchini sono una coppia di psicoterapeuti, entrambi originari di Verona. Si sono formati a Milano e a Padova, nonché all’estero, in psicoterapia ad orientamento psicodinamico e sistemico.   
Operano e vivono a Bolzano da molti anni e di recente anche a Puegnago sul Lago di Garda. Giuliana, psicoterapeuta infantile, si è anche formata alla scuola di Cecchin e Boscolo e si occupa con particolare attenzione di bambini e donne. Giuseppe, analista junghiano, si prende cura di adolescenti e adulti.
Ha inoltre insegnato discipline psicologiche in diverse Università, tra cui quella di Bolzano e di Firenze, e si è specializzato a Parigi nel metodo di Alfred Tomatis (un intervento psico-pedagogico che serve per migliorare le capacità di ascolto e di comunicazione interpersonale), di cui è stato uno dei primi allievi italiani.   
 
Come liberi professionisti, entrambi si occupano da vari anni di disagio psicologico e di promozione del benessere con l’obiettivo di portare aiuto a chi ne ha bisogno. In ambito clinico si occupano del trattamento dei disturbi psichici e psicosomatici, della relazione affettiva e di difficoltà evolutive, di clinica dello stress e di problemi di apprendimento. Sono marito e moglie e questo ha permesso di affinare il loro modo di operare e di lavorare in ambito psicologico, mantenendo comunque interessi e attività professionali autonomi.  
In passato hanno lavorato in diversi contesti, dalla scuola ai consultori familiari, in ambito privato e pubblico.  
Ora sono attivi nel terzo settore del no-profit, soprattutto per quanto riguarda la prevenzione del disagio in età evolutiva e la crisi delle relazioni familiari.   
Con questo obiettivo hanno dato avvio al Centro «Il Germoglio», che è tutt’oggi impegnato nella prevenzione del disagio dei minori e dalla famiglia in crisi.
In questo contesto operano per sensibilizzare la comunità al contrasto della violenza sui bambini e sugli adolescenti, credendo fortemente nel coinvolgimento di tutti nella lotta contro una delle piaghe sociali più problematiche del nostro tempo.

Giuseppe Maiolo gestisce un sito internet dal titolo «Officina del benessere» (vedi), dove commenta e riflette su fatti ed eventi psico-sociali e raccoglie i testi delle sue relazioni.  
Scrittore e giornalista pubblicista dal 1998, scrive su diversi giornali ed è editorialista dell’Alto Adige.  
Collabora con l’Adigetto.it, dove dispone di una rubrica propria (vedi). Entrambe le attività sono apprezzate per i suoi interventi puntuali e tempestivi.  
Giuseppe e Giuliana sono anche autori di numerosi libri. Uno di questi si intitola «Se l’amore ferisce» edito dal Centro Studi Erickson, che ci sembra particolarmente significativo per parlare di violenza di genere.
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Titolo
: Se l’amore ferisce

Autori: Giuseppe Maiolo e Giuliana Franchini

Editore: Erickson 2009
Collana: Capire con il cuore

Pagine: 110 – formato 14x22
Prezzo di copertina: € 14,50

 IL CONTENUTO
«Se l’amore ferisce» racconta di donne che hanno portato le loro storie nella stanza dove si dà voce al dolore, vite reali rielaborate dalla fantasia degli autori.
In quelle storie, in cui lo psicologo può entrare solo in punta di piedi, ci sono le esistenze di tante creature ferite che hanno attraversato, per un tempo indefinito, l’umiliazione e la violenza, la solitudine e l’abuso, il tradimento e la trascuratezza. Il libro porta allo scoperto lacerazioni taciute, di cui spesso le vittime si vergognano, conservandole per anni chiuse dentro di sé, angosce che le fanno girare a vuoto in una perversa spirale difficile da rompere.
Fino a non farcela più. Il dolore represso viene finalmente espresso, accolto ed elaborato, e può avere inizio una lenta cicatrizzazione che, passo dopo passo, permette di respirare con minor affanno.
Otto racconti di esperienze drammatiche che vogliono invitare a riconoscere il dolore, il quale, pur nelle infinite variabili individuali, è spesso comune a tante avventure di vita.
Al contempo, ciascuna storia cerca a suo modo di individuare una possibile traccia che aiuti a uscire dalla solitudine e consenta di rompere quella rete maligna che intreccia il passato al presente e imprigiona la vita.
A questo scopo le ultime pagine forniscono alcuni suggerimenti per guardarsi dentro, ritrovare le proprie parti «bambine», ricordare piccoli o grandi episodi dimenticati, cercare i sottili condizionamenti che vincolano e colpevolizzano, per poter iniziare a godere della nuova, vitale, consapevole forza che nasce dentro.

Come prima domanda chiediamo alla coppia Giuseppe e Giuliana, qual è il segreto per un Amore felice e duraturo?
«È difficile per noi dare ricette già pronte, soprattutto quando si tratta di legami affettivi e di sentimenti. L’amore in particolare è una passione fondamentale nella vita e ognuno lo coniuga in modo personale con la propria esistenza.
«Probabilmente la felicità e la durata dell’amore sono dati dalla capacità di stare nella relazione senza esserne dipendenti, e ancor di più senza sentire l’altro come un possedimento.»
 
Come è nata la decisione di raccontare storie di donne che nascondono il dolore di un Amore, per così dire, sbagliato?
«Tutto è nato dalla nostra esperienza di psicoterapeuti. In quella che noi chiamiamo la stanza del dolore spesso arrivano donne con storie difficili e scelte affettive sbagliate che, chiedendoci aiuto, ci raccontano la loro sofferenza.
«Questo ci ha portato a dar voce al dolore tramite la narrazione, perché raccontare vuol dire rielaborare e trasformare ciò che si è vissuto. Inoltre, scrivere e riscrivere a quattro mani le storie di queste donne è servito a stemperare anche la nostra fatica.»
  
Quando una relazione finisce, c’è sempre qualcuno che soffre. Lo psicanalista ha qualche suggerimento da dare all’infelice?
«È difficile dare suggerimenti quando finisce una relazione e rimane il dolore. Forse la cosa importante, quando la sofferenza diventa troppa, è parlare con qualcuno che sappia dare un senso a quello che viviamo oppure anche solo ascoltare in silenzio.»
 
Nella fine dei rapporti, è più diffuso il femminicidio dell’omicidio. È una questione legata alla natura dell’uomo, o semplicemente l’uomo è più violento?
«Se si guarda alla storia o ai miti, quando le donne arrivano ad uccidere lo fanno sui figli e poche volte con il partner.
«Il femminicidio purtroppo è una prerogativa degli uomini e non possiamo dimenticare che l’Italia ha un triste primato in questo campo.»
 


Il femminicidio accade perché la donna viene considerata proprietà nel senso pieno della parola, anima e corpo?
«Si tratta dell’idea molto arcaica del possesso, dove l’amore viene visto come controllo totale dell’altra, una specie di idea ossessiva che prende ogni spazio nella vita dell’uomo.
«Spesso il partner inizia ad isolare la donna dalle sue amiche, dalle sue conoscenze e dai suoi interessi: la motivazione è sempre quella di stare con lei, di amarla troppo e di non volerla dividere.
«È un modo subdolo di raccontare il proprio amore, mentre in realtà è la tela che il ragno lentamente stringe chiudendo sempre più la vita della donna.»
 
Prima del femminicidio c’è la violenza fisica. C’è distinzione tra il raptus e la predisposizione alla violenza?
«Il raptus non esiste, in quanto non c’è la perdita improvvisa della ragione e la conseguente violenza. Quel che si riscontra invece è la violenza continua,  invisibile e nascosta, perché fatta di parole sottili, di svalutazione e di offesa, tutti elementi che le donne alla fine non ce la fanno ad arginare.»
 
È possibile riconoscere un uomo violento? Ci sono dei campanelli d’allarme?
«Spesso diciamo alle donne che nella vita contano i fatti, non le parole. Sono quelli che fanno la differenza.
«L’altro aspetto importante per una donna è sentire cosa si prova a stare con uomo che non la rispetta e usa la violenza, anche non necessariamente fisica, verso di lei.
«Bisogna prestare attenzione a tutti questi campanelli d’allarme. Se si allertano, e di solito accade, bisogna che la donna dia ascolto al suo malessere. Viceversa è pericoloso giustificare il partner o pensare che l’amore e il tempo lo faranno cambiare.
«Senza dubbio, spesso è molto difficile per le donne cogliere la violenza psicologica e capire esattamente che quello che vivono. Anche se non ricevono mai uno schiaffo devono sapere che espressioni come “non sei proprio capace di far da mangiare” oppure “fai schifo…” sono vere e proprie violenze che non devono essere sottovalutate.»
 

 
È probabile che a volte siano le donne a strappare la violenza con parole che sanno ferire. Che consigli dare alle donne in tal senso?
«Questa è un’idea che parte dal presupposto che siano le donne a provocare gli uomini. In realtà questi ultimi dovrebbero essere in grado di fermarsi e di avere autocontrollo, invece che passare alla violenza.»
 
Come si può difendere la donna che ha capito che l’uomo potrebbe essere capace di atti inconsulti?
«Noi consigliamo di lasciare l’uomo immediatamente e di rivolgersi ad un consultorio o un centro di difesa per le donne per chiedere aiuto.»
 
Se la donna denuncia l’uomo che le ha fatto violenza e lo denuncia, si trova costretta a seguire un processo dove l’aggressore – per difendersi – la accusa di mille difetti. Insomma la ferisce ancora fino a sentenza. C’è modo di aiutarla psicologicamente? Le istituzioni attivano programmi di protezione «psicologica»?
«Certamente quella donna ha bisogno di essere sostenuta e accompagnata durante tutto l’iter processuale e vi sono Centri che offrono questi servizi.»
 
Vi sono donne che chiedono aiuto a voi psicoterapeuti? Ce ne può descrivere il profilo?
«È difficile descrivere un profilo specifico, perché ci sono molte storie e dietro esse persone che spesso hanno vissuto infanzie difficili o che riversano nel matrimonio o nella coppia molte aspettative, rimanendone poi talvolta deluse.
«È importante allora capire perché si sia scelto proprio quell’uomo e spesso la nostra storia infantile lo racconta: capire che non abbiamo colpe ma solo il diritto di vivere bene, cosa che ognuno si merita nella vita.»
 
Se un uomo in condizioni di prostrazione psicologica perché sta per essere abbandonato si rivolgesse a voi psicoterapeuti, riuscireste ad aiutarlo?
«Il compito di chi svolge la nostra professione è quella di dare risposte di aiuto a chi lo chiede.
«Non è frequente che un uomo violento o abusante lo chieda, ma quando lo fa è possibile sostenere la sua domanda.»
 
Questo vale per entrambi i sessi: si può guarire dalle ferite conseguenti un dolore affettivo?
«Sì, se lo si vuole e si è disposti ad entrare nella propria storia e sofferenza.»
 
Una donna che vive un disagio familiare a chi deve rivolgersi?
«Ai consultori familiari, alle case per le donne, ai servizi psicologici territoriali o a un libero professionista specializzato su questo problema.»
 
Nadia Clementi - n.clementi@tin.it
Dott. Giuseppe Maiolo - info@giuseppemaiolo.it
Dott.ssa Giuliana Franchini - giulianafranchini@virigilio.it

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