Home | Pagine di storia | 1ª Guerra Mondiale | «Sanguinare inchiostro», di e con Andrea Castelli

«Sanguinare inchiostro», di e con Andrea Castelli

Arriva al Teatro Comunale di Pergine lunedì 1 dicembre alle 20.45

image
La scrittura teatrale di Andrea Castelli sulla Grande guerra, dopo l’esordio a Trento e a Bolzano, arriva al Teatro comunale di Pergine lunedì 1 dicembre alle 20.45.
Si tratta del secondo appuntamento della stagione di prosa programmata dal Comune di Pergine in collaborazione col Coordinamento teatrale trentino.
Una produzione Teatro stabile di Bolzano / Centro servizi culturali Santa Chiara Trento
di Andrea Castelli
regia Carmelo Rifici
scene Guido Buganza
costumi Margherita Baldoni
musiche Daniele D'Angelo
luci Lorenzo Carlucci
con Andrea Castelli, Emiliano Masala, Francesca Porrini

A cento anni dallo scoppio della Grande Guerra, il Teatro Stabile di Bolzano e il Centro Servizi Culturali Santa Chiara di Trento propongono uno spettacolo che ripercorre la perversa follia della guerra, di quel conflitto che ha cambiato il XX secolo segnando la storia europea in modo indelebile.
Il testo è a cura di Andrea Castelli che da anni desiderava riflettere con il linguaggio del teatro su questo tema spaventoso, la regia è di Carmelo Rifici, da sempre molto interessato a portare sulle tavole del palcoscenico le riflessioni sulla Storia, grande o piccola che sia.
Basta pensare a due spettacoli davvero riusciti come Avevo un bel pallone rosso di Angela Demattè e La Rosa Bianca di Lillian Groag, anch’essi voluti da Marco Bernardi e prodotti dal Teatro Stabile di Bolzano con l’interpretazione dello stesso Castelli.
 
Con queste parole Andrea Castelli descrive la sua nuova esperienza teatrale.
«Chi scrive in tempo di guerra sanguina sul foglio la propria sofferenza, quella che vede e quella che si porta dentro. Di questa stessa sensazione - il dolore, l’orrore, l’efferatezza e la ripugnanza (parole standard per chi non ne ha avuto un’esperienza viva) - trattano tutte le scritture di guerra, siano esse le pagine di autori famosi o quelle di semplici soldati e contadini gettati nella disumana fornace.
«La scrittura vista come via di salvezza, impeto liberatorio e rigeneratore, anche per chi con essa ha poca dimestichezza. Scrivere a casa, scrivere ciò che si vede, quello che si prova, un romanzo che poi diventerà celebre o un diario sgrammaticato che leggeranno solo i nipoti: l’esperienza della guerra è sempre un grido disperato.
«Con questo spettacolo si è voluto dare vita alle scritture di guerra dentro una sorta di museo degli orrori; far rivivere sulla scena pagine di guerra di scrittori famosi nella prima parte (Paolo Monelli, Erich M. Remarque; Fritz Weber; Robert Musil…) e testimonianze di semplici contadini trentini arruolati con l’Austria nella seconda. Contadini che prendono la penna in mano per scriverci quello che provano, ma anche il disagio di essere tirolesi di lingua italiana nell’esercito Austro-ungarico.
«Per questo ultimo aspetto mi è stato fonte di ispirazione il libro di Quinto Antonelli I dimenticati della Grande Guerra, che tratta principalmente di questo argomento.
«Un viaggio ad incontrare uomini che scrissero della peggior esperienza del mondo».
 
«Il testo di Sanguinare inchiostro – spiega ancora Andrea Castelli – ha avuto una lunga gestazione, sviluppatasi in tempi non sospetti, cioè quando ancora non pensavo al centenario della Grande Guerra. Sono sempre stato appassionato del drammatico periodo storico che ha toccato da vicino la nostra terra per due motivi: per rimorso e per vendetta.
«Rimorso perché da ragazzino quando i nonni raccontavano della guerra, se potevo, tagliavo la corda (ora, se ci fossero, sarei io a fare tante domande e loro a scappare); e per vendetta perché la scuola ai miei tempi ci portava alla maturità col programma che terminava rigorosamente ai prodromi della prima guerra mondiale.
«Così nel tempo ho cominciato una serie di letture dedicate all’argomento le quali via via mi hanno sempre più appassionato.
«Il primo autore a venirmi incontro, ed al quale sono molto affezionato, fu Paolo Monelli, in seguito giornalista ma, all’epoca, tenente degli alpini del Battaglione Val Cismon in Valsugana.
«Con il suo Le scarpe al sole mi ha dato più di un motivo di ispirazione per una storia della Grande Guerra un po’ fuori dal coro. Intanto ero sempre alla caccia di diari, testimonianze, lettere, ricostruzioni storiche dell’una e dell’altra parte che mi dicessero della grande follia che spazzò l’Europa e il mondo.
«Più che l’eroismo mi ha sempre attirato la rassegnazione, il fatalismo, la paura e la forza di quei ragazzi. Quindi, solo per citarne alcuni, incontrai Musil, Weber, Remarque, e tantissimi altri, anche sconosciuti. Questa materia, letta, meditata e digerita mi ha fatto cominciare a scrivere per immaginare una rappresentazione teatrale.
«Per la parte riguardante i trentini arruolati dalla Austria Ungheria si sono rivelati fondamentali le letture di alcuni diari di soldati trentini e, in modo particolare, il libro di quinto Antonelli I dimenticati della grande guerra dove i documenti e le lettere originali sfatano molti luoghi comuni duri a morire  e solitamente frutto di una generale ignoranza storica, gettando nuova luce sulla realtà del dramma trentino».
 
Centrale nell'azione scenica è la Guida, personaggio femminile che rappresenta la Scrittura «la madre protettrice di chi scrive in condizioni disperate. Una sorta di Erinni dallo sguardo sognante e folle».
A lei è affidato il compito di collegare e coordinare i vari momenti.
Carmelo Rifici: «Questo spettacolo non vuole essere un’esaustiva e completa analisi della prima guerra mondiale, sulla quale molto è stato scritto e dai migliori storici, quanto un emotivo viaggio all’interno della coscienza di quei soldati che al fronte utilizzavano la scrittura come unica arma contro l’impazzimento, contro la solitudine.
La scrittura come arma per sconfiggere la paura. Lo spettacolo segue la scrittura di Castelli, nel suo susseguirsi di lettere dal fronte, generi teatrali, spunti di riflessione sulle identità frantumate dei giovani e dei trentini che non sapevano per quale motivo e per chi stavano combattendo.
È uno spettacolo sull’allucinazione, sul paradosso di chi combatte senza conoscere il nemico.
È uno spettacolo sui giovani, che hanno perso fiducia nella generazione dei grandi, dei padri e dei superiori, e che si trovano da soli a prendere decisioni, a trovare un’identità e a una via d’uscita alla mancanza di speranza che ogni crisi porta.
Il tema che pervade tutto il testo e che la regia cerca di comunicare al pubblico di oggi è proprio questo: giovani che si lasciano andare alla follia della guerra e che si perdono dentro essa e altri che si salvano attraverso l’uso terapeutico della scrittura, capace di lasciare testimonianza di sé e di creare identità e relazione.
In mezzo a loro un universo di personaggi grotteschi: i grandi, i gerarchi, i detentori della filosofia della guerra, portati in scena attraverso la sottile ironia degli attori in tutta la loro inutile protervia».
 

 

Condividi con: Post on Facebook Facebook Twitter Twitter

Subscribe to comments feed Commenti (0 inviato)

totale: | visualizzati:

Invia il tuo commento comment

Inserisci il codice che vedi sull' immagine:

  • Invia ad un amico Invia ad un amico
  • print Versione stampabile
  • Plain text Versione solo testo

Pensieri, parole, arte

di Daniela Larentis

Parliamone

di Nadia Clementi

Musica e spettacoli

di Sandra Matuella

Psiche e dintorni

di Giuseppe Maiolo

Da una foto una storia

di Maurizio Panizza

Letteratura di genere

di Luciana Grillo

Scenari

di Daniele Bornancin

Dialetto e Tradizione

di Cornelio Galas

Orto e giardino

di Davide Brugna

Gourmet

di Giuseppe Casagrande

Cartoline

di Bruno Lucchi

L'Autonomia ieri e oggi

di Mauro Marcantoni

I miei cammini

di Elena Casagrande