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Cent’anni fa i Garibaldini si sacrificarono sulle Argonne

Era il primo Natale della Grande guerra, il loro sacrificio cominciò a Santo Stefano

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Ci stiamo avvicinando al centenario del primo Natale di guerra, giorno in cui sui vari fronti del conflitto fu deciso spontaneamente, cioè senza alcun accordo, di non sparare un colpo. Ma pochi sanno che proprio in quel periodo natalizio la Legione Garibaldina sacrificò un terzo dei suoi 2.557 volontari per assaltare le trincee tedesche senza alcun armamento particolare, cioè alla baionetta.
La Legione garibaldina (ufficialmente denominata «4e régiment de marche du 1er étranger») è stata un'unità della Legione straniera francese, composta interamente da cittadini italiani volontari, che combatté in Francia nella prima guerra mondiale contro i tedeschi sulle Argonne.
Una tragedia inevitabile quanto inutile, dovuta a un grande sentimento che i discendenti delle «Camice Rosse» di Garibaldi e guidati dal nipote Giuseppe ancora nutrivano per la libertà.
Non essendoci un fronte italiano contro gli Imperi centrali, andarono generosamente in Francia in soccorso ai Francesi come avevano fatto nella guerra Franco Prussiana del 1870 (dove furono gli unici a ottenere qualche successo militare).
Ma i tempi erano cambiati, le mitragliatrici avevano fatto spegnere gli ardori delle battaglie vinte per impeto.
Vennero rimpatriati a marzo del 2015, quando era nell’aria l’intervento militare italiano a fianco dell’Intesa.
Onore ai nostri ragazzi, vergogna a coloro che li lasciarono andare allo sbaraglio.

Il giorno stesso in cui l’Italia dichiarò la propria neutralità, il 3 agosto 1914, il Comitato Centrale del Partito Repubblicano decideva di inviare a Parigi due rappresentanti (Carlo Bazzi e Cesare Briganti) a esprimere al governo francese la solidarietà dell’Italia repubblicana.
A vederlo oggi pare che l’altruismo degli uomini politici italiani fosse troppo sollecioi agli interessi altrui, ma allora per i discendenti dei Mille si trattava di un dovere, un debito nei confronti di chi stava soccombendo per mano dell’imperialismo prussiano.
Non fu facile organizzare la spedizione, ma quando sembrò che Parigi potesse soccombere schiacciata dalle armate tedesche, il Ministero della Guerra francese incaricò Peppino Garibaldi (nipote di Giuseppe) a organizzare la falange dei volontari italiani.
Alla fine di settembre la Legione era pronta. La componevamo 3 battaglioni da 800 uomini l’uno. I Francesi stabilirono che gli ufficiali fossero per metà italiani e per metà dei loro.
Il 7 novembre, completato l’addestramento, i Garibaldini attraversarono la Francia accolti come veri e propri liberatori, con la gente che gettava loro fiori.
L’entusiasmo dei nostri ragazzi continuò anche quando si trovarono a procedere tra ponti abbattuti, case distrutte, alberi schiantati.
 
La Legione venne tenuta ferma a lungo e più volte i ragazzi «minacciarono» di avanzare da soli, senza autorizzazione. Allora vennero messi in marcia e avviati verso la Champagne.
Ma il maltempo rallentò le operazioni. La Marna si era gonfiata ed era straripata in più punti, sicché vennero deviati e costretti a un una marcia stremante.
Il 20 novembre videro i primi bagliori delle due artiglierie in campo. Il fronte era lì, all'orizzonte. Si accamparono nel paesino di Florent, distrutto e senza abitanti.
Da quel momento, i Garibaldini vennero allertati più volte con falsi allarmi, ma solo la vigilia di Natale capirono che era giunto il momento. Vennero svegliati anzitempo e portati a Pièrre Croisée, che si trovava due chilometri dal fronte.
Presero posizione e attesero ordini. La notte di Natale vennero fatti marciare, come fantasmi, fino ad arrivare a poche decine di metri dalle trincee tedesche.
Il giorno di Natale lo passarono nelle trincee delle Argonne. Non si sparò un colpo.
 
Davanti a loro i tedeschi avevano costruito un saliente unitissimo, che rappresentava una spina nel fianco dell’esercito francese. Più volte i francesi avevano tentato di espugnare quel cuneo, senza mai riuscirci. Che ci provassero gli italiani…
La notte tra Natale e Santo Stefano, l’artiglieria francese bombardò senza sosta le linee tedesche, senza ottenere soverchi risultati. Ma era di preparazione.
Poi ci fu un breve intermezzo di silenzio, quindi le Camice rosse avanzarono nella foresta ancora fumante delle cannonate amiche, scendendo ripidi pendii, attraversando crepacci rocciosi, risalendo scarpate di terreno cedevole.
Alle 5 di mattina giunsero a Belle Etoile, Bella Stella, nome che prometteva una giornata fortunata.
Ma i tedeschi vegliavano, sapevano che al termine del bombardamento dell’artiglieria arrivava l’assalto.
D’un tratto si levarono in cielo i razzi illuminanti e fu la volta degli artiglieri tedeschi ad aprire il fuoco.
I Garibaldini continuarono ad avanzare tra sibili e schianti.
Poi l’ordine di depositare gli zaini e inastare la baionetta. Venne ordinato l’assalto, mentre i tedeschi stavano aggiustando il tiro. Caddero le prime bombe, morirono i primi garibaldini.
Per tutta risposta i nostri ragazzi scattarono in avanti con un urlo degno dei migliori eroi risorgimentali.
Furono accolti da un fuoco infernale. Raffiche di mitragliatrici, cannonate, colpi di mortaio si rovesciarono sui ragazzi.
Fu una carneficina. Morirono a decine. Vennero rimpiazzati dalle riserve, ma non ci fu nulla da fare.
Chiunque avrebbe capito che non potevano esserci risultati in quelle condizioni, ma furono ugualmente lasciati correre contro i tedeschi che addirittura dovettero aumentare le difese.
A sera le trombe suonarono la ritirata. E ci volle così tanto perché qualcuno desse l’ordine...
 
I Francesi offrirono ai Garibaldini la possibilità di «rifarsi» il 5 gennaio.
I comandi francesi avevano ordinato la costruzione di alcune gallerie per collocare una mina sotto le trincee tedesche.
I comandi tedeschi avevano ordinato di costruire anche loro delle gallerie per collocare delle mine sotto le linee nemiche.
A saltare furono prima quelle tedesche. La carneficina stavolta fu per i tedeschi.
E le Camice rosse vennero mandare a occupare le macerie create dalle mine.
Ma poi fu la volta delle mine tedesche che saltarono generando morte e distruzione presso i francesi e i Garibaldini.
Ma il 5 gennaio venne registrato come vittoria del reggimento italiano. Finché la notte fra il 7 e l’8 gennaio furono attaccati dai tedeschi. I francesi vennero travolti, mentre i nostri continuarono ad avanzare, passando in mezzo ai francesi disperati in piena rotta. Arrivarono a pochi metri dalle linee tedesche, ma i 7.000 prussiani contrattaccarono e fu una battaglia terribile.
I 600 garibaldini ebbero la meglio contro i 7.000 tedeschi, e occuparono la linea nemica. La tennero solo per 26 ore, quindi dovettero ritirarsi.
Con la data dell’8 gennaio si concluse praticamente l’epopea dei nostri volontari in Francia.
 
Il 6 marzo 1915 la Legione, data la mobilitazione generale in Italia, venne disciolta e il IV Reggimento di marcia fu ricondotto al deposito di Avignone. Tutti i legionari furono poi rispediti in Italia per combattere contro gli austriaci.
Alla fine la Legione Garibaldina ebbe 300 morti, 400 feriti e un migliaio di ammalati.
Tra gli ufficiali caduti il 26 dicembre 1914 si ricordano il tenente Lamberto Duranti da Ancona, caduto a Courtes Chausses (Lachalade), il tenente Gregorio Trombetta da Milano, ucciso a Bois de Bolante (Lachalade), il sottotenente Paolo Muracciole da Gatti-di-Vivario, morto nei pressi di Le Claon (Lachalade), il sottotenente Marino Pasquale, morto a Bois de Bolante.
Tra i Garibaldini feriti vi fu Giuseppe Chiostergi di Senigallia, poi eletto deputato nel primo parlamento della Repubblica Italiana. Lazzaro Ponticelli, immigrato italiano in Francia e volontario assegnato alla Legione Garibaldina, divenne negli anni 30 cittadino francese ed è ricordato in Francia come le dernier Poilu, l'ultimo dei veterani.
 
Oggi la Legione in Italia è un'associazione di veterani, reduci e di persone che condividono gli ideali garibaldini della Repubblica.
 
GdM

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