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Un dono di Natale? Regalare tempo – Di Giuseppe Maiolo

I bambini e gli adolescenti non sanno più starsene in ozio… E allora perché non regalare, appunto, tempo?

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L'immagine è tratta da Didattica Scuola Primaria, che ringraziamo: è la più adatta a questo articolo.

In questo periodo dove il rumoreggiare consueto dei preparativi si unisce alla corsa ormai febbrile dei doni da fare per le feste, viene da chiedersi se non sia il caso di ripensare al valore del dono.
I regali, si dice, sono un pensiero che si materializza e si offre per sottolineare alla persona cui lo indirizziamo che ci siamo, che c’è qualcosa di affettivo che ci lega.
Forse non dovrebbe essere un sostituto di cose che non sappiamo dare, ma in ogni caso potrebbe essere importante, senza dover rinunciare a questa consolidata tradizione, aggiungere alle cose che vogliamo dare.
Ad esempio regalare «tempo».
 
Nell’epoca frenetica del «multitasking» ciò che sembra abbondare sono le cose da fare e la sensazione continua che possa mancare il tempo per realizzarle. È ormai una percezione comune.
E ce ne rendiamo conto senza peraltro sapere come fare.
Mi chiedo se può bastare una busta con un «assegno» dove al posto del denaro scriviamo le cifre delle ore e dei minuti da dare alle persone che amiamo e a noi stessi.
In particolare potrebbe essere un’idea da utilizzare sul piano educativo con i bambini e i ragazzi che abbiamo coinvolto in una nevrosi collettiva.
Perché a guardarli bene, anche loro hanno un’agenda fitta di appuntamenti che potrebbe fare invidia a quella di un manager.
A parte la scuola che già di per sé, come ci dicono gli osservatori, in Italia occupa un monte ore eccessivo e forse inutile da un punto di vista pedagogico soprattutto se rapportato ai risultati conseguiti, è il tempo extra scolastico che è sovraccarico di impegni.
 
Il pomeriggio dei bambini e dei giovani è occupato da danza, piscina, allenamento, musica, arti marziali e da mille altre cose.
Sembra che sia stata messa al bando la noia che un tempo aveva un suo valore durante l’adolescenza. Impauriti dai suoi effetti, a nostro avviso negativi, abbiamo fatto di tutto per esorcizzarla insieme all’ozio. Altro vocabolo vituperato.
Così abbiamo imposto ai nostri figli attività artistiche e ancor più sportive che spesso non rappresentano le loro scelte quanto piuttosto i nostri desideri irrealizzati.
Forse dovemmo chiederci se quel loro pomeriggio fitto fitto di impegni, che peraltro impone spesso ai genitori di oggi di fare i tassisti da un estremo all’altro della città, se quella giornata compressa tra un andare e venire dalla palestra alla piscina, dai rientri a scuola al corso di musica, serva veramente e possa essere utile allo sviluppo di un bambino.
Mi sorge il dubbio che dietro l’alibi dell’efficienza e dell’operosità si possa nascondere il tentativo di allontanare l’attenzione dalla nostra distanza fisica e dalle tante assenze che facciamo come educatori.

Gli adolescenti di oggi non sanno più starsene in ozio distesi sul letto con gli occhi appesi al soffitto a pensare a se stessi.
Quando capita ci irritiamo e li sproniamo a fare senza sapere che quella inerzia è utile perché serve loro per cercare risposte alle mille domande che affollano la mente durante l’adolescenza.
I bambini non sono da meno.
Ormai incapaci di giocare tra di loro in modo libero e spontaneo o con i piccoli oggetti quotidiani, hanno sempre più bisogno di giocattoli sofisticati, di videogiochi ipnotizzanti e di dispositivi sostituivi delle relazioni.
E noi adulti non giochiamo più con loro perché abbiamo perso il gusto del gioco ma anche perché non abbiamo tempo.
Recentissime ricerche dimostrano che i padri in media passano neanche mezzora al giorno a interagire con i figli quando sono piccoli. Le madri un po’ di più ma spesso con un’attenzione frantumata da mille incombenze.
 
Se allora questo Natale provassimo a regalare tempo?
Se gli adulti provassero a immaginare di destinare con regolarità un po’ di esso per ascoltare e parlare di più con i figli?
Ci potrebbe essere l’impegno a spendere insieme settimanalmente qualche ora nel confronto. Magari anche a litigare, visto che, per il quieto vivere o per paura di non saper gestire i conflitti, c’è la diffusa tendenza ad evitare discussioni e scontri.
Forse potrebbe anche venire utile scoprire che ci serve un tempo consueto per giocare, ridere, fantasticare, sognare, oziare insieme.
E condividere. Che è il verbo più gettonato del momento. Sui Socialnetwork!
 
Giuseppe Maiolo - giuseppe.maiolo@unibz.it - Precedenti
Prof. Giuseppe Maiolo, psicoanalista, docente di Educazione alla sessualità all'Università di Bolzano Facoltà di Scienze della Formazione.

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