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Protonterapia, gioiello della Sanità trentina – Di Nadia Clementi

Parliamo dell'Unità Operativa di Trento con il Direttore dott. Maurizio Amichetti

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Il nostro giornale ha sempre parlato a favore del centro di Protonterapia, anche quando l’opinione pubblica lo definiva «cattedrale nel deserto» solo perché non sapeva esattamente a cosa servisse.
La terapia con protoni è oggi una terapia emergente (applicabile con efficacia soprattutto ad alcune patologie tumorali).
Nella sola Europa, oltre a quelli già esistenti, sono ad oggi in progettazione centri di protonterapia in Inghilterra (due), in Olanda (due + due), in Francia (uno), in Danimarca (uno), in Svezia (uno), in Polonia (uno), in Germania (uno).
Approvato con una legge provinciale, la sua realizzazione venne affidata al prof. Renzo Leonardi, autore del progetto, che ne aveva indicato costi e funzioni.
- Il bando di gara era partito nel settembre 2006.
- L’appalto venne aggiudicato nel giugno 2009.
- Il costo complessivo a contratto era di € 108 milioni.
- I tempi di consegna erano previsti a 1.278 giorni per la prima camera isocentrica e 1.398 per la seconda.

Tempi e costi furono mantenuti e circa un anno fa il progetto venne virtualmente consegnato alla Provincia autonoma di Trento, la quale proseguì i lavori necessari per renderlo operativo e avviò le pratiche per inserire il centro nel sistema nazionale di sanità.
Da una parte la Provincia ha sottoscritto numerosi accordi di collaborazione con centri italiani, europei e oltremare, dall’altra ha avviato l’enorme mole di step burocratici per ottenere la funzionalità.
Qualche mese fa l’assessorato provinciale alla salute aveva stabilito le tariffe per i vari cicli di applicazioni, che riportiamo qui di seguito:
- Prestazione standard (30 sedute): € 24.000.
- Prestazione iperfrazionata (5 sedute): € 6.400
- Prestazione con anestesia (per bimbi – 25 sedute): € 30.000
Si tratta di tariffe che in sostanza servono solo per i rapporti in sinallagma con altre aziende sanitarie del Paese e dell’estero.

La capacità di trattamento del centro di protonterapia di Trento, ottenibile dopo un congruo periodo di rodaggio, un efficiente uso del centro e con il personale qualificato necessario, è di 700 - 750 pazienti circa all’anno. Praticamente due al giorno.
Allo stato sono stati già curati dei pazienti provenienti dal Trentino e dall’Alto Adige.
Ricordate i genitori di un bambino denunciati dalle autorità inglesi perché avevano «rapito» il proprio bambino per portarlo in Spagna? Beh, lo avevano fatto per portarlo in un centro come quello che ora è in funzione a Trento.
Ora serve dunque una attenta campagna promozionale per diffondere in tutta Europa la conoscenza dell’esistenza del centro e dei mali che può curare, in modo che i flussi vengano pianificati nel migliore rapporto costi-benefici della struttura.

Il nuovo Centro di Protonterapia di Trento si trova in Via al Desert 14, dove sorgerà anche il Nuovo Ospedale Trentino non appena l’appalto verrà sbloccato.
È operativo dal 23 ottobre dello scorso anno e al momento sono stati sottoposti a cure specifiche i primi sei pazienti, dei quali 5 trentini, uno veneto.
Si tratta di una struttura all’avanguardia per il nostro paese, con cui Istituzioni delle regioni vicine stanno già interagendo a livello scientifico. È una struttura dotata di sofisticati macchinari utili a curare con maggior precisione ed efficacia tumori di varie sedi e in particolare molte neoplasie infantili.
La protonterapia, a differenza della radioterapia convenzionale che utilizza i raggi X ad alta energia (fotoni), è un trattamento che sfrutta le proprietà fisiche dei protoni, particelle elementari che rilasciano la loro energia verso i bersagli neoplastici nei tessuti irradiati con estrema precisione nello spazio di pochi millimetri.
In sostanza questa terapia è in grado di colpire con estrema selettività la massa tumorale risparmiando ampiamente i tessuti sani circostanti.
Attualmente questo tipo di trattamento è particolarmente adatto nelle situazioni in cui la radioterapia convenzionale presenta un rischio di tossicità inaccettabile per il paziente, o come trattamento di elezione nelle neoplasie localizzate in vicinanza di tessuti critici, e in generale dove si richiede un trattamento di alta precisione.
Se finora il nostro giornale ne ha parlato in linea teorica, adesso possiamo parlarne con il direttore del Centro, dott. Maurizio Amichetti, al quale è stata affidata la fase operativa.

 Chi è il dott. Maurizio Amichetti
Nato a Trento il 17 aprile 1954. Sposato. Diploma di maturità classica. Laurea in Medicina e Chirurgia a Bologna con votazione 110/110 e lode. Specializzazione in Radioterapia Oncologica e specializzazione in Oncologia col massimo dei voti e la lode.
Ha lavorato presso i reparti di Radioterapia di Borgo Valsugana (con la vecchia bomba al cobalto), Trento, Reggio Emilia e Cagliari.
Direttore medico del progetto di protonterapia della PAT dal 2005 e poi Direttore della U.O. di protonterapia della APSS dal 2013.
Numerose esperienze in centri qualificati internazionali, oltre 90 pubblicazioni edite a stampa, 13 capitoli di libri, 300 abstract di relazioni e poster a convegni e corsi scientifici.
Membro di 12 associazioni scientifiche; nel Board scientifico-editoriale di 8 riviste internazionali e e revisore per 14 riviste scientifiche con impact factor.

Dott. Amichetti ci spiega esattamente in cosa consiste la Protonterapia nella cura dei tumori?
«La protonterapia è un trattamento radiante che utilizza fasci di protoni che sono particelle cariche che hanno una selettività balistica che le rende estremamente precise e conformanti, aumentando il rapporto tra efficacia terapeutica e rischio di tossicità.»
 
Negli anni ’50 era sorta a Borgo la terapia del Cobalto. Possiamo dire che la tradizione trentina per queste cure d’avanguardia risale a quell’esperienza?
«Certo, la storia di Borgo con la prima cobaltoterapia d’Europa è stata fonte di ispirazione e ha permesso di avere non solo a livello scientifico, ma anche politico e sociale una particolare sensibilità al progetto che ne ha facilitato lo sviluppo.»
  

 

Quali sono le differenze fra la radioterapia e la protonterapia?
«La radioterapia è la forma di trattamento con radiazioni (raggi X ad alta energia) convenzionale ampiamente usata quale forma di terapia antineoplastica in tutto il mondo. In Italia si calcola che ogni anno circa 130.000 pazienti siano sottoposti a tale trattamento.
«Tale terapia, per quanto sempre più tecnologicamente sofisticata, attraversa in modo non selettivo i tessuti, determinando effetti collaterali più o meno importanti a seconda delle neoplasie trattate.
«La protonterapia, invece, grazie alle sue caratteristiche fisiche è in grado di arrestare il suo decorso nel corpo umano alla profondità desiderata, conformandosi con estrema precisione al bersaglio tumorale e riducendo l’irradiazione dei tessuti critici circostanti.»
 
In Italia c’è un centro di «Adroterapia», un’altra forma avanzata di radioterapia. Quali sono le differenze con la Protonterapia di Trento?
«La Protonterapia è in realtà una forma di terapia che appartiene alla più grande famiglia della adroterapia. Il centro CNAO (Centro Nazionale Adroterapia Oncologica) di Pavia, cui lei si riferisce, utilizza in realtà anche protoni in piccola percentuale, ma con tecniche semplici che presentano alcune limitazioni.
«Fanno soprattutto largo uso di ioni carbonio, un’altra forma di adroterapia che, rispetto ai protoni, ha una minore selettività spaziale ma presenta una efficacia biologica superiore. Tuttavia le caratteristiche di tale intervento sono ancora molto sperimentali e da studiare approfonditamente.»
  
 
 
Per quali tipi di tumori è consigliata la protonterapia?
«In linea di principio qualsiasi tumore può essere irradiato con i protoni, ma ci si orienta, principalmente per l’impegno della metodica, la sua complessità ed il suo alto costo, verso lesioni di forma complessa e posti in prossimità di organi critici sensibili che devono essere preservati.»
 
Sappiamo già quali risultati dia questo tipo di terapia o si deve attendere il decorso delle varie applicazioni?
«I risultati della terapia in molte forme tumorali sono già pubblicati e disponibili nella letteratura scientifica per alcune migliaia di pazienti con diverse patologie, ma soprattutto per ragioni storiche in lesioni oculari e della base cranica.
«Da un punto di vista locale, noi dovremo confermare questi risultati dopo aver verificato la fattibilità e sicurezza del trattamento effettuato con la nostra attrezzatura, e tenere ben controllate le risposte alla terapia nel tempo monitorando con precisione risposta clinica ed eventuale tossicità.»
  

 
Le sedute di protoni in che cosa consistono?
«Il paziente va anzitutto preparato con una pianificazione meticolosa che richiede il confezionamento di un sistema di immobilizzazione atto a garantire la ripetibilità delle sedute di terapia e di una TAC (esame diagnostico), accompagnata spesso da risonanza magnetica e PET (Positron Emission Tomography). «L’obiettivo è quello di individuare con precisione il bersaglio e gli organi a rischio e predisporre il piano di trattamento sviluppato in collaborazione tra medico e fisico sanitario. Questa preparazione richiede mediamente una settimana di intenso lavoro. Una volta ultimato il piano, esso viene eseguito in singole sedute giornaliere di terapia ripetute della durata di circa 30 minuti.
«Il paziente è adagiato, bloccato nel suo sistema di immobilizzazione, su un lettino robotico di trattamento dove viene, dopo verifica del centramento, irradiato con precisione millimetrica.»
 
Le terapie sono dolorose?
«Il trattamento (la singola seduta) non è doloroso in sé, a meno che non si sviluppino, nel tempo, tossicità locali nella sede irradiata, peraltro non frequentemente riportate.»
 
Presenta controindicazioni?
«Non vi sono specifiche controindicazioni se non quelle riportate usualmente per la radioterapia tradizionale.»
  

 
Come si sente il paziente dopo la terapia?
«Non è possibile specificare questo particolare. Dal punto di vista fisico la singola seduta non provoca particolari esiti e sensazioni, se non come dose cumulata nel tempo.
«Usualmente si eseguono una trentina di sedute a cadenza giornaliera per ciclo di terapia. Di fatto il paziente non si accorge di essere stato sottoposto al trattamento.»
 
Quali sono i pazienti che frequentano il Centro? Sono di tutte l’età?
«Posto che abbiamo appena iniziato la nostra avventura terapeutica, non ci sono in principio limitazioni di età.»
 
Al momento sono stati trattati sei pazienti. È vero che c’è una lista d’attesa piuttosto importante?
«Noi stiamo valutando le documentazioni (cartelle cliniche, esami TAC e di Risonanza magnetica) di pazienti che ci inviano tale materiale e cerchiamo di approfondire l’eventuale indicazione anche con delle simulazioni virtuali di trattamento.
«Questa attività richiede tempo e lavoro per cui non possiamo esaminare una grande quantità di casi.
«Comunque dall’inizio di settembre, data in cui abbiamo avuto l’autorizzazione sanitaria alla terapia, abbiamo già superato largamente i 100 casi.
«Abbiamo individuato diversi pazienti trattabili che, se saranno autorizzati nei tempi consentiti, verranno sottoposti alla terapia.»
  

 
È vero che la capacità operativa potenziale è di 700 applicazioni all’anno?
«Forse l’operatività a pieno regime potrebbe essere anche superiore. Noi abbiamo la possibilità, grazie al contratto sviluppato con la ditta fornitrice, di avere a disposizione l’attrezzatura 14 ore al giorno, anche il sabato.
«Una piena operatività sarà possibile man mano che la nostra curva di apprendimento si farà più precisa e saremo confidenti nell’uso sicuro e robusto della tecnologia a disposizione, avendo ovviamente a disposizione il personale numericamente e scientificamente adeguato.
«Per questa tecnologia serve personale altamente specializzato che deve studiare, formarsi con stage all’estero e fare una pratica impegnativa.»
 
Riusciremo a portare a pieno regime la macchina?
«Come detto, questa possibilità dipende non solo dalle capacità dei singoli e dalla credibilità che il centro si dovrà conquistare, ma anche dalla struttura organizzativa ed operativa che lo supporta.
«Ovviamente la sostenibilità economica in un momento delicato come quello che stiamo passando non è un fatto secondario nel potenziale successo della struttura che comunque, mi lasci dire, dovrebbe essere un po’ più sostenuta dalla realtà trentina intesa nel suo complesso, della quale questa struttura dovrebbe essere un vanto.» 
 

 
Sono stati siglati protocolli d’intesa con altre importanti realtà cliniche italiane. In particolare Padova. Significa che gli studi verranno portati avanti con altri ricercatori?
«Sono già operative delle collaborazioni di studio ma anche di ricerca e sviluppo con altre realtà, non solo nazionali. Per quanto riguarda la collaborazione con il Veneto al momento è solo di tipo amministrativo per permettere ai loro pazienti di usufruire della nostra struttura.»
 
L’Azienda Sanitaria del Trentino ha stabilito le tariffe a carico di altre ASL. Non vogliamo parlare di business, ma l’investimento fatto per la Protonterapia potrebbe essere in qualche modo ammortizzato con altre realtà?
«Non può: deve. Il trattamento di protonterapia al momento non è inserito nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), per cui non è automaticamente rimborsato in Italia ma lo è solo per i pazienti trentini, grazie ad una delibera della nostra provincia, e in Veneto in virtù di un accordo che parte nel 2015.
«Per il resto d’Italia serve un’autorizzazione regionale o della ASL di appartenenza, o si deve pagare di tasca propria il trattamento.
«Non siamo di fronte ad un business ma alla giusta remunerazione per una terapia da offrire a tutti coloro che ne possono beneficiare, ma ai costi della quale solo il Trentino si è fatto carico sinora.»
  
 
 
Si può ipotizzare una ricaduta economica sul territorio?
«Sinora si è visto, e la cosa ha generato non poche polemiche, il lato oneroso del progetto. D’ora in poi, oltre a rientrare nelle spese con i rimborsi dei trattamenti, bisognerebbe che la facility venisse vista come una opportunità per la ricerca e lo sviluppo a livello scientifico coinvolgendo Università, fondazioni e attività imprenditoriali, magari con una regia provinciale.
«La nostra Provincia ha già dimostrato di saperlo fare in molti campi della ricerca. Spero si voglia affrontare anche questo tema dopo aver dimostrato che la PAT e l’APSS, per la loro parte, sono state capaci non solo di progettare una tale iniziativa, ma anche di finalizzarrla e ora di farla partire. In Italia, vi assicuro, non è cosa da tutti.»
 
Quante persone lavorano presso il nuovo Centro di Protonterapia?
«Al momento lavora un’équipe formata da più professionisti altamente specializzati: medici, fisici, tecnici sanitari, infermieri e segretari, il tutto per un totale di una ventina di persone.
«A questi vanno aggiunti ingegneri e tecnici della ditta fornitrice che sono attivi 24 ore su 24 per l’operatività e la manutenzione della macchinario e di tutta la struttura che lo contiene.»
 
Chi desidera maggiori informazioni a chi deve rivolgersi?
«Può rivolgersi al servizio di comunicazione dell’Azienda Sanitaria o direttamente al Centro (0461-1953100).»
 
Nadia Clementi - n.clementi@ladigetto.it - precedenti
Dott. Maurizio Amichetti - maurizio.amichetti@apss.tn.it - protonterapia@apss.tn.it 
 

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