Home | Rubriche | Pensieri, parole, arte | Ricordando la Shoah attraverso l’arte – Di Daniela Larentis

Ricordando la Shoah attraverso l’arte – Di Daniela Larentis

Stefano Cagol attraverso l’opera fortemente simbolica dal titolo «Come alberi» testimonia il dramma del genocidio degli ebrei

image

>
Tutti sanno che durante la Seconda Guerra Mondiale in Europa ci fu uno sterminio sistematico ad opera dei nazisti che coinvolse più di sei milioni di ebrei.
Ma è doveroso ricordarlo ancora per non dimenticare.
Il genocidio, frutto della politica antisemita di Hitler, è ricordato con il termine ebraico di Shoah o con il nome di Olocausto. Nel 1935 i diritti dei cittadini ebrei in Germania vennero limitati dalle tristemente famose leggi di Norimberga (in Italia vennero promulgate le leggi razziali nel 1938).
Gli ebrei vennero costretti a cucirsi addosso una stella gialla per essere riconoscibili. Vennero espulsi, poi rinchiusi nei ghetti, sfruttati nei campi di concentramento come manodopera ed eliminati fisicamente prima nelle camere a gas d quindi bruciati nei forni crematori.
Coloro che riuscivano a sopravvivere alle punizioni, alla rigidità del clima, alle malattie, poi venivano sottoposti a delle selezioni al fine di ridurre il numero delle persone da nutrire.
Quello che segue è un resoconto di Primo Levi tratto dal libro «Se questo è un uomo».
«A mano a mano che rientriamo nel dormitorio, possiamo rivestirci. Nessuno conosce ancora con sicurezza il proprio destino, bisogna anzitutto stabilire se le schede condannate sono quelle passate a destra o a sinistra.
«Tutti si accalcano intorno ai più vecchi, ai più denutriti, ai più musulmani (nome dato nei lager a coloro che fisicamente erano in condizioni peggiori), se le loro schede sono andate a sinistra, la sinistra è certamente il lato dei condannati.
«Prima ancora che la selezione sia terminata, tutti sanno che la sinistra è stata effettivamente la schlechte Seite, il lato infausto.
«Ci sono naturalmente delle irregolarità, René per esempio, così giovane e robusto, è finito a sinistra, probabilmente per una semplice svista. René è passato davanti alla commissione immediatamente prima di me, e potrebbe essere avvenuto uno scambio di schede. Non c’è da stupirsi di queste sviste: l’esame è molto rapido e sommario, e d’altronde, per l’amministrazione dei Lager, l’importante non è tanto che vengano eliminati proprio i più inutili, quanto che si rendano speditamente liberi posti in una certa percentuale prestabilita.»
 

 
Gli ebrei di tutta Europa vennero deportati in campi di concentramento come quello di Auschwitz-Birkenau in cui fu deportato Primo Levi: là, donne, bambini, vecchi entravano, andando incontro a morte certa. Non solo, ma in molti lager gli ebrei venivano usati come delle cavie per esperimenti scientifici terribili.
No, non è proprio possibile dimenticare.
La Shoah si può ricordare in molti modi, anche attraverso l’arte.
Una delle funzioni dell’arte è anche quella di denunciare e ricordare tragedie umane come quella dell’Olocausto.
Presso le prigioni della Torre Grimaldina di Palazzo Ducale, a Genova, alcuni artisti hanno organizzato in memoria della Shoah una mostra dal titolo «Segrete - Tracce di Memoria» VII edizione, a cura di Virginia Monteverde, inaugurata il 24 gennaio e aperta al pubblico fino all’8 febbraio 2015.
Le opere in mostra sono di sette artisti: Stefano Cagol, Francesca Arena, Pier Giorgio De Pinto, Michel Kiwic, Margherita Levo Rosenberg, Valter Luca Signorile, Cristina Treppo.
Ci soffermiamo sull’opera presentata dall’artista trentino Stefano Cagol intitolata «Come alberi», immagini che trasmettono un grande dolore e che simboleggiano quella orrenda pagina della storia, una pagina che non può essere certo dimenticata e al cui turbamento non si può certo sfuggire. 
 

 
Lui stesso così la descrive.
«Ritratti di alberi come uomini, solitari, uniti in gruppi, famiglie, moltitudini. Sono immortalati sullo sfondo di un cielo plumbeo, quasi spogli, immobili (video proiezione, Blu-ray, sistema audio stereo).
«A questa fissità delle immagini si contrappone invece il frastuono continuo di un fortissimo vento battente. Ma nulla si muove. Solo radi uccelli attraversano il cielo grigio: la natura testimone della follia disumana.
«Il video si rifà alla metafora propria della cultura ebraica che paragona gli uomini agli alberi e la utilizza per simboleggiare la vita che riesce a resistere anche a immani venti di tragedia.
«Nella cultura ebraica infatti gli alberi sono considerati forieri di vitalità e fertilità, ad essi sono dedicate celebrazioni come il Capodanno degli alberi, Tu B’Shevat (4 febbraio 2015). Si tratta di un’opera fortemente simbolica, drammatica, attraverso quei testimoni muti della catastrofe che giungono fino a noi.»
 
C’è poi nella cella un germoglio di albero piantato in una ceramica realizzata dall’artista, il simbolo della rinascita, perché per superare una tragedia come quella dell’Olocausto occorre sperare insieme.
 
Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it
 

Condividi con: Post on Facebook Facebook Twitter Twitter

Subscribe to comments feed Commenti (0 inviato)

totale: | visualizzati:

Invia il tuo commento comment

Inserisci il codice che vedi sull' immagine:

  • Invia ad un amico Invia ad un amico
  • print Versione stampabile
  • Plain text Versione solo testo

Pensieri, parole, arte

di Daniela Larentis

Parliamone

di Nadia Clementi

Musica e spettacoli

di Sandra Matuella

Psiche e dintorni

di Giuseppe Maiolo

Da una foto una storia

di Maurizio Panizza

Letteratura di genere

di Luciana Grillo

Scenari

di Daniele Bornancin

Dialetto e Tradizione

di Cornelio Galas

Orto e giardino

di Davide Brugna

Gourmet

di Giuseppe Casagrande

Cartoline

di Bruno Lucchi

L'Autonomia ieri e oggi

di Mauro Marcantoni

I miei cammini

di Elena Casagrande