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La Turandot alla Scala potrebbe saltare: no al Primo Maggio

Ma la Festa del Lavoro non può essere la festa solo di coloro che il lavoro ce l’hanno

In occasione dell’apertura dell’Expo di Milano, il 1° maggio, era stato programmato un grande concerto alla Scala: la Turandot. Una bellissima carta da visita per il mondo intero, la prova della bellezza dell’Italia. Magari non saremo una grande potenza come la Germania, ma la cultura del nostro Paese è un patrimonio che nessuno può toglierci.
Ora però la rappresentazione è messa in discussione perché, secondo i musicisti in questione, il 1° Maggio (festa del Lavoro) non si deve lavorare.
Sarebbe un’ombra proprio sul biglietto da visita dell’EXPO, la conferma che siamo quanto meno bizzarri, difficilmente giustificabili dal resto del mondo.
 
In un momento in cui una enorme fetta della popolazione italiana è senza lavoro, sentire rifiutare una proposta di lavoro suona maledettamente male.
Ognuno ha diritto di fare quello che vuole, sia ben chiaro, soprattutto in termini di lavoro. Nessuno può dire a un altro di lavorare se questo non vuole. Ma allo stesso modo noi abbiamo il diritto di dire quello che pensiamo, perché le opinioni hanno gli stessi diritti.
I musicisti della Scala hanno espresso il loro dissenso alla richiesta di esibirsi il 1° Maggio e la direzione ha deciso di chiedere un impegno preciso ai singoli componenti, in modo da essere certi sulla fattibilità dello spettacolo.
Se le risposte saranno soddisfacenti, cioè se non mancheranno i maestri insostituibili, lo spettacolo si farà. Altrimenti la direzione annuncerà la sospensione dello spettacolo.
Ovviamente c’è qualcuno che ha pensato di anticipare lo spettacolo al 30 aprile, sperando che il buonsenso possa incontrare a metà strada le parti.
Ma il nostro parere resta lo stesso. In un momento in cui una grossa fetta della popolazione italiana è senza lavoro, sentire che c’è chi lo rifiuta suona maledettamente male.
 
È ben vero che il 1° maggio non si dovrebbe lavorare per principio, in onore alla Festa del Lavoro, ma sarebbe come dichiarare che tutti i disoccupati festeggino il lavoro per 365 giorni all’anno. È un’iperbole retorica, ma che i disoccupati condivideranno in pieno.
È lo stesso discorso che purtroppo abbiamo fatto per i grandi musei e siti archeologici che sono rimasti chiusi al pubblico per Natale e a Pasqua. Il Paese che vive di cultura non può permettersi questi momenti di relax.
Ricordiamo che c’è una folta schiera di lavoratori che sono “costretti” a lavorare in qualsiasi data e in ogni condizione.
Parliamo di carabinieri, polizia e forze dell’ordine in genere, militari di servizio in Italia e in missione all’estero; ovviamente anche i vigili urbani (compresi quelli di Roma). Poi ci sono medici, infermieri, operatori del pronto soccorso, del soccorso alpino e dell’emergenza. Lavoratori del turismo alberghiero e degli impianti sciistici, della ristorazione. Personale delle ferrovie e del trasporto pubblico urbano ed extraurbano, casellanti autostradali, distributori di benzina, autogrill. Lavoratori dello spettacolo meno fortunati di quelli della Scala, personale museale e di siti di interesse culturale. Anche i giornalisti lavorano: non escono i giornali, ma radio Tv e web continuano a uscire.
Scusate se abbiamo dimenticato qualcuno, anzi, fatecelo sapere.
 
Sì, è una questione di soldi, lo sappiamo, ma ci pare che le istanze finanziarie vengano generalmente accettate.
Però una cosa dovrebbe essere chiara. Nei momenti di crisi non possono esistere lavoratori di serie A e i non lavoratori di serie B.
I più fortunati qualche piccolo sacrificio dovrebbero essere in grado di sostenerlo, se non altro per non far sentire ancora più pesante il divario tra coloro che riescono portare a casa uno stipendio e quelli che devono restare a casa guardando gli altri che lavorano.
 
GdM

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