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Lo studio del MUSE è sulla rivista «Physiological Entomology»

Svela come alcuni insetti riescano a sopravvivere al freddo dei ghiacciai alpini

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Alcuni insetti riescono a vivere in ambienti «estremi per la vita», a temperature a cui nessun altro gruppo animale riesce a sopravvivere: sono i Ditteri Chironomidi appartenenti al genere Diamesa, unici colonizzatori dei freddi, torbidi e turbolenti torrenti alimentati dalle acque di fusione glaciale.
In inverno, le larve di questi insetti riescono a nutrirsi, muoversi e accrescersi in uno stato «super-raffreddato21», anche sotto una spessa copertura di neve.
Se l’acqua del torrente gela completamente smettono di nutrirsi e di muoversi e si disidratano parzialmente, entrando in uno stato di ibernazione da cui si «risvegliano» quando le acque si sciolgono.
L’aspetto sorprendente è che ciò avviene senza procurare all’organismo alcun danno.
Questo significa che le larve di questi insetti sono in grado di tollerare il congelamento di parte o di tutto il proprio corpo.
Lo studio condotto da Valeria Lencioni, responsabile della Sezione di Zoologia degli Invertebrati e Idrobiologia del MUSE, ha rivelato che sono le stesse larve a sintetizzare le molecole che consentono di sopravvivere in acque gelide o addirittura inglobate nel ghiaccio.
 
Si tratta principalmente di zuccheri e di glicoproteine che hanno la funzione di abbassare il punto di congelamento dei fluidi corporei, una funzione simile a quella che svolge il liquido antigelo che viene aggiunto al radiatore delle nostre auto in inverno.
In questo modo i fluidi corporei non congelano a zero gradi centigradi ma a temperature più basse (circa -6°C).
Questi «zuccheri» vengono accumulati in concentrazione così elevata nell’emolinfa (che è l’equivalente del nostro sangue) da renderla densa come melassa.
Le larve, in inverno, diventano quindi «diabetiche» ed è grazie al loro diabete che tollerano così bene la bassa temperatura dell’acqua.
Polioli e zuccheri, essendo molto solubili in acqua, hanno anche la funzione di abbassare il numero di molecole d’acqua libere che potrebbero trasformarsi in grossi cristalli di ghiaccio e così danneggiare alle cellule e ai tessuti delle larve.
Queste specie sono così specializzate a vivere in acque fredde che non riuscirebbero a sopravvivere a temperature più elevate (l’abbiamo dimostrato con test di sopravvivenza in laboratorio).
 
Per questa loro elevata sensibilità a variazioni della temperatura ambientale sono ottimi indicatori di cambiamenti climatici e ambientali.
Il loro destino dipenderà da quello dei ghiacciai che alimentano i torrenti in cui vivono: se i ghiacciai dovessero ritirarsi completamente, queste specie potrebbero rischiare di estinguersi.
Ci sono già evidenze di scomparsa di specie del genere Diamesa dall’Appennino in seguito alla scomparsa dei ghiacciai del Gran Sasso.
I risultati di questa ricerca contribuiscono ad aumentare le conoscenze sulla biologia di specie alpine e sul loro reale rischio di estinzione a causa dell’effetto serra.
Inoltre hanno importanti ricadute pratiche in quanto queste molecole possono essere impiegate per la crioconservazione in campo medico-chirurgico e agro-alimentare.
La scoperta di queste molecole potrebbe essere di interesse anche per la ricerca spaziale.

 
 Approfondimento  
LE PROTEINE ANTIGELO
- Le proteine antigelo (AFP) sono state scoperte per la prima volta nei pesci antartici nel 1971 e ad oggi sono state descritte in circa 50 specie di insetti.
Mai, fino ad ora, sono state individuate in insetti delle Alpi e in particolare nei ditteri Chironomidi, l’unica famiglia di insetti in grado di colonizzare i torrenti glaciali.
Un dato interessante è che le AFP di insetti, quali falene e coleotteri, sono risultate 10-30 volte più attive di tutte le proteine crioprotettive finora identificate nei pesci, nelle piante e nei batteri e agiscono in concentrazioni molto basse (non ne servono grandi quantità).
- In campo medico, se ne può prevedere l’uso per la crioconservazione di campioni spermatici, oociti, embrioni, sangue, cellule staminali, tessuti tumorali, organi destinati al trapianto al posto di sostanze crioprotettive quali glicerolo, zuccheri o dimetilsofossido che in elevate concentrazioni possono risultare tossici e talvolta non efficaci.
Si è già osservato come le AFP di pesce aumentino la vitalità di oociti ed embrioni di maiale dopo scongelamento.
Si può addirittura pensare di impiegarle addirittura per l’ibernazione di interi organismi.
- In campo alimentare vengono impiegate per la conservazione di vegetali e carni congelate senza portare alla distruzione delle cellule, preservandone le proprietà nutritive, e ci sono già industrie come la Unilever che già produce gelati pretrattati con AFP per impedire la formazione di ghiaccio.
Unilever è una multinazionale anglo-olandese proprietaria di molti tra i marchi più diffusi nel campo dell'alimentazione, bevande, prodotti per l'igiene e per la casa.
In Italia Algida e fino a pochi anni fa Findus nel settore «crio».
 
 Approfondimento 
LA RICERCA AL MUSE
Il Museo delle Scienze conduce attività di ricerca multidisciplinare, di base e applicata, nel settore dell’ambiente con particolare attenzione al tema della biodiversità e dell’ecologia di ecosistemi montani.
Le ricerche in questo settore riguardano principalmente la documentazione e il monitoraggio di specie protette e/o minacciate di estinzione e la valutazione degli effetti dei cambiamenti ambientali e climatici sulla biodiversità in ambiente montano (alpino, tropicale e sub-tropicale).
Nel settore Scienze della Terra e del paesaggio esplora l’assetto geologico, morfologico, idrologico del territorio alpino al fine di documentarne e ricostruirne i meccanismi evolutivi, analizza le componenti legate all’evoluzione nel tempo geologico degli organismi viventi (fossili vertebrati e invertebrati) e studia il rapporto uomo-ambiente, nel periodo compreso tra il Tardoglaciale e l’Olocene antico, in ambiente alpino.

Inoltre, per la sua consolidata attività divulgativa, il MUSE ha un ruolo importante nella comunicazione e diffusione della cultura ambientale oltre che scientifica, per servire allo sviluppo culturale, sociale ed economico delle comunità locali, al loro radicamento al territorio e al riemergere di processi identitari anche in campo ambientale.
Nelle sue sale espositive, il visitatore trova esposti e spiegati i concetti principali legati alla ricerca condotta dal museo, ai risultati ottenuti e alle collezioni conservate.
Numerosi video ed exhibit multimediali riportano le spiegazioni in viva voce dei ricercatori, che possono essere incontrati all’interno dei loro laboratori a ore prestabilite del giorno, per un’interazione diretta tra visitatore e studioso.

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