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74 anni fa la battaglia navale di Gaudo e Matapan – Il 29 marzo

Cause di una sconfitta: il radar, le portaerei, Enigma ed ULTRA, addestramento notturno e… una serie di errori dei nostri comandi

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La portaerei inglese Formidable.
 
(Puntata precedente)

 La notte di Matapan 
Cunningham era rimasto senza informazioni sulla squadra italiana dalla fine dell'ultima incursione aerea, anche se era stato informato dagli aviatori che una corazzata classe Littorio era stata probabilmente colpita.
L'ammiraglio decise quindi di inviare in avanti gli incrociatori di Pridham-Wippell per prendere contatto con il nemico, facendoli poi seguire da una squadriglia di otto cacciatorpediniere sotto il capitano di corvetta Philip Mack.
Tra le 20.15 e le 20.25, Pridham-Wippell individuò il Pola immobile grazie ai radar installati sull'Orion e sull'Ajax, ma si limitò a segnalarne la posizione a Cunningham e procedette oltre: gli aviatori gli avevano comunicato la presenza in zona di due corazzate classe Conte di Cavour (in realtà i due incrociatori leggeri Duca degli Abruzzi e Garibaldi, scambiati per le Cavour a causa della loro sagoma vista dall'alto), e l'ammiraglio britannico ritenne prioritario entrare in contatto con esse.
Poco dopo anche i cacciatorpediniere di Mack passarono davanti al relitto del Pola, ma parimenti si limitarono a segnalarne la posizione e procedettero oltre, in cerca del grosso della formazione italiana.
Intorno alle 22.00, gli incrociatori di Pridham-Wippell individuarono sugli schermi radar altre unità in navigazione, ma l'ammiraglio britannico le scambiò per i cacciatorpediniere di Mack e procedette oltre; si trattava in realtà delle unità di Cattaneo, che continuavano a procedere indisturbate verso il Pola.
Per non interferire con le operazioni di Mack, Pridham-Wippell impostò una rotta molto a nord, che lo portò lontano dalla squadra italiana. Al tempo stesso, a causa di un cambiamento di rotta messo in atto da Iachino, Mack si ritrovò più a sud della formazione italiana, e nessuna delle unità britanniche riuscì così a riprendere il contatto con il grosso del nemico.
 
Alle 22.20 il radar della Valiant (unica corazzata britannica a disporre di simile apparecchiatura) rilevò il relitto immobile del Pola, che tutti continuavano a ritenere la corazzata classe Littorio rimasta danneggiata nei precedenti raid aerei. Cunningham fece subito brandeggiare tutti i pezzi delle tre navi da battaglia contro l'immobile bersaglio, posto sulla sinistra della squadra britannica.
A bordo del Pola, paralizzato e completamente al buio, la confusione era tale che, allo scorgere le indistinte sagome delle navi britanniche, il comandante De Pisa fece lanciare un razzo di segnalazione, convinto che queste fossero le unità italiane inviate in soccorso.
Prima che Cunningham desse l'ordine di aprire il fuoco, tuttavia, la sua attenzione fu richiamata dal commodoro Edelsten che, dalla plancia della Warspite, stava scrutando con il binocolo alla destra della squadra britannica, ed aveva scorto la sagoma di due grosse navi che procedevano in direzione opposta; convinto che fossero unità britanniche finite fuori rotta, Edelsten comunicò la scoperta a Cunningham, che stava guardando dall'altra parte: il mistero venne risolto dal capitano di fregata Power, aiutante di campo dell'ammiraglio, che riconobbe subito la sagoma di due incrociatori classe Zara italiani.
Le unità avvistate da Edelsten, e quasi subito rilevate anche dal radar della Valiant e dal cacciatorpediniere HMAS Stuart, erano effettivamente gli incrociatori di Cattaneo, che, ignari della vicinanza della squadra britannica, continuavano a procedere tranquillamente verso il Pola, senza tenere i cannoni in posizione di sparo (in quanto le navi italiane non erano munite di cariche a vampa ridotta né erano addestrate al tiro notturno).
Cunningham ordinò subito un'accostata a destra delle sue corazzate e si dispose parallelamente alla squadra italiana, in posizione ottimale per bersagliarle con i suoi grossi calibri.
 

La corazzata Warspite dove risiedeva il comando di Cunningham.
 
Alle 22:27 le navi di Cattaneo vennero illuminate dai riflettori del cacciatorpediniere HMS Greyhound, e subito dopo fatte oggetto del fuoco delle corazzate di Cunningham, tutte dotate di cannoni da 381 mm, che sparavano da una distanza compresa tra i 3.500 ed i 2.600 m (praticamente a bruciapelo).
In tre minuti, sullo Zara caddero quattro salve della Warspite, cinque salve della Valiant e quattro della Barham, mentre il Fiume venne centrato da due salve della Warspite e una della Valiant.
Le due navi vennero ben presto ridotte a dei relitti in fiamme, senza aver nemmeno tentato di reagire all'attacco.
L'attenzione dei britannici si spostò quindi sui quattro cacciatorpediniere italiani che seguivano gli incrociatori: le unità italiane accostarono in fuori nel tentativo di sottrarsi al tiro, ma l'Alfieri venne quasi subito colpito e ridotto a mal partito dalle corazzate britanniche. Il Carducci cercò di stendere una cortina fumogena per proteggere le altre unità, ma anch'esso venne ben presto ridotto ad un relitto in fiamme.
Solo l'Oriani e il Gioberti riuscirono a sottrarsi dal tiro britannico e ad allontanarsi protetti dall'oscurità, anche se il primo riportò gravi danni.
La manovra dei cacciatorpediniere italiani venne scambiata da Cunningham per un tentativo di contrattacco, e l'ammiraglio si affrettò ad allontanare le sue corazzate dal luogo dello scontro, lasciando il compito di finire i relitti della squadra di Cattaneo alle sue siluranti: fu in questa fase che l'Alfieri, ormai condannato, riuscì a mettere in atto un abbozzo di resistenza, sparando alcuni colpi di cannone contro i cacciatorpediniere britannici e lanciando anche tre siluri contro le ormai lontane corazzate.
L'Alfieri venne infine finito con un siluro lanciato dal cacciatorpediniere britannico HMAS Stuart, saltando in aria ed affondando con quasi tutto l'equipaggio intorno alle 23.30.
Il Carducci, invece, venne finito da un siluro lanciato dal cacciatorpediniere HMS Havock intorno alle 23.45, dopo che i superstiti dell'equipaggio avevano abbandonato il relitto in fiamme.
Poco prima, intorno alle 23.15, il Fiume, fortemente appoppato, si era capovolto ed era affondato.
Più lunga fu invece l'agonia dello Zara, il cui relitto venne infine fatto saltare dallo stesso equipaggio intorno alle 2.40 del 29 marzo.
 

L'incrociatore Pola.
 
 L'affondamento del Pola ed i soccorsi 
Terminato lo scontro, Cunningham decise di riunire la sua squadra, piuttosto dispersa, in previsione di un rientro alla base. Sebbene l'ordine non fosse diretto a loro, intorno alle 00.30 sia Pridham-Wippell che Mack interruppero l'inseguimento dell'ormai lontano Iachino e diressero verso le unità del comandante britannico. Cunningham fu piuttosto contrariato per questo fatto, e ordinò a Mack di continuare la ricerca della squadra italiana.
Dopo due ore di inutile ricerca, Mack ricevette l'ordine da Cunningham di interrompere l'azione e di dirigersi invece a finire il relitto dell'immobile Pola, ignorato dalle unità britanniche dopo lo scontro con gli incrociatori di Cattaneo.
L'ammiraglia di Mack, il cacciatorpediniere HMS Jervis, si avvicinò all'immobile incrociatore con l'intenzione di silurarlo, ma visto che dal Pola non giungevano segni di ostilità il comandante britannico diede ordine di affiancare la nave italiana per trarne in salvo l'equipaggio.
I britannici riferirono di aver trovato sull'incrociatore una certa confusione tra l'equipaggio, in seguito indicata come mancanza di disciplina. Ma la circostanza aveva una diversa spiegazione: quando l'incrociatore era stato colpito, diversi uomini si erano gettati in mare, convinti che la nave stesse per affondare; in seguito molti di questi uomini erano stati recuperati a bordo, ma il contatto con l'acqua gelata aveva iniziato a produrre casi di assideramento, e per scaldarsi molti di essi si tolsero le uniformi bagnate ed ingerirono abbondanti quantità di alcolici. Le immagini di gruppi di marinai seminudi ed in stato di ubriachezza spinsero i britannici a pensare che sull'unità italiana vi fosse stato un crollo della disciplina.
Trasferito a bordo l'equipaggio italiano, la Jervis si staccò dall'incrociatore ed intorno alle 3.55 lo finì con un siluro.
 
Le vampate dello scontro erano state scorte anche dalla Vittorio Veneto, distante ormai 40 miglia Iachino inviò a Cattaneo un messaggio chiedendo se la I Divisione fosse sotto attacco, ma non ottenne risposta.
Nelle ore successive e fino alla mattina seguente, le unità britanniche incrociarono nella zona dello scontro per portare soccorso ai numerosi naufraghi italiani, riuscendo a recuperarne circa 900.
Intorno alle 11.00 del 29 marzo, tuttavia, un ricognitore tedesco avvistò la squadra britannica e Cunningham, per evitare attacchi aerei sulle sue navi, dette ordine di sospendere le operazioni di soccorso e di rientrare alla base.
Nell'abbandonare la zona, Cunningham inviò un messaggio radio in chiaro diretto al capo di Stato maggiore italiano Riccardi, con le coordinate dei naufraghi ancora in mare, invitandolo a mandare sul posto una nave ospedale.
Riccardi rispose ringraziando l'ammiraglio britannico per il gesto cavalleresco e lo informò di aver inviato in zona la nave ospedale Gradisca.
Questa, a causa della sua scarsa velocità di 15 nodi, giunse sul posto solo due giorni dopo, il 31 marzo, trovando il mare arrossato dai giubbotti di salvataggio che tenevano a galla migliaia di marinai italiani ormai cadaveri. 147 marinai e 13 ufficiali superstiti, ancora in vita, furono comunque tratti a bordo della nave ospedale italiana.
 

La nave ospedale Gradisca durante i soccorsi ai naufraghi della battaglia di Matapan.
 
Dal punto di vista materiale, Cunningham aveva inflitto una dura sconfitta alla squadra italiana: tre incrociatori pesanti e due cacciatorpediniere italiani erano stati affondati, mentre una corazzata ed un cacciatorpediniere erano stati danneggiati.
I britannici recuperarono come naufraghi 55 ufficiali e 850 marinai italiani, oltre ai 22 ufficiali e 236 uomini presi a bordo dal Pola.
I morti italiani furono in tutto 2.331, così ripartiti: 782 dello Zara, 813 del Fiume, 328 del Pola, 211 dell'Alfieri, 169 del Carducci e 28 di altre unità.
Tra i caduti vi era anche l'ammiraglio Cattaneo (sopravvissuto all'affondamento della sua ammiraglia ma in seguito perito in mare), il comandante dello Zara capitano di vascello Luigi Corsi, il comandante del Fiume capitano di vascello Giorgio Giorgis ed il comandante dell'Alfieri capitano di vascello Salvatore Toscano (periti durante l'affondamento delle rispettive unità).
Il comandante del Pola capitano di vascello Manlio De Pisa venne invece trasbordato incolume nel cacciatorpediniere britannico Jervis e divenne prigioniero, mentre il comandante del Carducci capitano di fregata Alberto Ginocchio sopravvisse all'affondamento della sua unità e venne recuperato dalla nave ospedale Gradisca.
 
 I bollettini di guerra 
I bollettini italiani ed inglesi riportarono la notizia con toni molto diversi, ma comunque i primi ammisero subito le gravi perdite.
Bollettino italiano n. 297 del 1º aprile 1941.
«In una dura battaglia svoltasi nella notte dal 28 al 29 marzo nel Mediterraneo centrale abbiamo perduto tre incrociatori di medio tonnellaggio e due cacciatorpediniere. Molti uomini degli equipaggi sono stati salvati. Sono state inflitte al nemico perdite non ancora completamente precisate, ma certamente gravi. Un grosso incrociatore inglese ha avuto in pieno una bordata dei nostri massimi calibri ed è affondato.»
 
Bollettini britannici.
I britannici diramarono vari bollettini sulla battaglia; il primo fu il n. 564 del 31 marzo 1941, ore 18, che dichiarava immediatamente l'affondamento dei tre incrociatori pesanti italiani, con in aggiunta l'affondamento del Giovanni dalle Bande Nere, e nel contempo «... Si conferma che da parte inglese non vi è stato nessun danno al materiale né che un sol uomo è stato ferito; soltanto due aerei non sono rientrati... Al rientro ad Alessandria l'ammiraglio Cunningham ha inviato il seguente messaggio a tutte le unità che hanno preso parte all'operazione: “Well done” (ben fatto)...»
 
 Conseguenze 
Il dopo Matapan.
Lo scontro di capo Matapan avvenne in un momento in cui la Regia Marina aveva subito il disastro della notte di Taranto, che portò al dimezzamento della flotta da battaglia italiana e al bombardamento di Genova al quale non aveva potuto efficacemente replicare.
Le corazzate silurate a Taranto erano ancora in riparazione e i tedeschi, nel convegno di Merano del 13 febbraio 1941 con i vertici navali italiani avevano comunque preteso una azione incisiva contro la Mediterranean Fleet.
 
Dall'altro lato la Regia Marina sapeva bene di non poter rimpiazzare le eventuali perdite e questo vincolò i comandanti in mare a tattiche spesso rinunciatarie per cui le grandi navi di superficie, che avrebbero dovuto giocare un ruolo di primo piano nella ricerca della supremazia sul mare, vennero utilizzate con sempre maggiore prudenza e timore di ulteriori danni, e all'audacia britannica non si rispose mai adeguatamente, se non attraverso le imprese dei mezzi d'assalto (e quindi di naviglio minore), o con esempi di grande valore limitati però ai singoli comandanti di unità sottili, come i comandanti Giuseppe Cigala Fulgosi e Francesco Mimbelli.
 
Quando Iachino rientrò in porto, venne convocato al ministero della Marina per relazionare sulla battaglia all'ammiraglio Riccardi, al quale sottopose come tesi difensiva una chiamata di fatto in corresponsabilità dei vertici nella sconfitta, sia perché appunto Supermarina e non il comandante in mare stabiliva la strategia delle operazioni, sia perché le informazioni fornite erano frammentarie, l'appoggio aereo inesistente e le tre corazzate britanniche efficienti smentendo i rapporti informativi a lui consegnati.
 

Lo squarcio provocato dal siluro nello scafo della Vittorio Veneto, visibile in bacino.
 
Di conseguenza il successivo rapporto con Mussolini non fu ostile a Iachino, in quanto Mussolini era stato adeguatamente orientato da Riccardi e in ogni caso, era lo stesso Mussolini ad aver osteggiato negli anni precedenti l'acquisizione delle portaerei da parte della Marina.
Comunque, nel colloquio Mussolini impose delle limitazioni operative alle future operazioni navali, consistenti nel muoversi da parte della squadra da battaglia "solo in acque interamente coperte dal raggio di volo degli aerei da caccia e quindi a non più di cento miglia dalle coste" e preannunciava la messa in cantiere di navi portaerei.
 
L'esito disastroso dello scontro ebbe come prima conseguenza la completa assenza della Regia Marina nel Mediterraneo orientale quando, un mese dopo la battaglia, gli inglesi furono impegnati via mare ad evacuare in tutta fretta i propri uomini dalla Grecia, operazione che fu contrastata solo dal cielo, anche se con gravi perdite per la Royal Navy.
Dopo Matapan i vertici della Regia Marina subirono gli eventi bellici ponendosi come obiettivo principale quello di non subire ulteriori perdite irreparabili.
Responsabilità tattiche gravano sia sul conto di Supermarina, che degli ammiragli Iachino e Cattaneo, il quale perse la vita nello scontro.

A Supermarina vanno addebitate le responsabilità di non aver coordinato in modo adeguato la copertura e la ricognizione aerea. Le comunicazioni fornite a Iachino, inoltre, erano imprecise, contraddittorie e giungevano con eccessivo ritardo.
Della condotta dell'ammiraglio Iachino resta incomprensibile la decisione di distaccare due incrociatori in ritirata verso le coste pugliesi, anche se la sua maggiore responsabilità è stata quella di aver mandato tutta la prima divisione a soccorso del Pola, pur avendo molti elementi per prevedere un contatto con la flotta avversaria.
All'ammiraglio Cattaneo si contesta la scelta di disporre la flotta in modo da far procedere i due incrociatori dinanzi ai quattro cacciatorpediniere, soluzione incomprensibile sotto un profilo tattico, invece che posizionare questi ultimi in posizione avanzata con compiti di perlustrazione.
 
Resta inspiegabile anche la scelta di viaggiare ad una velocità di 15 nodi, pur potendo navigare ad una andatura di 30 nodi.
L'intera operazione, inoltre, era intrinsecamente discutibile: far uscire un'intera squadra per assolvere ad un compito che poteva essere svolto egregiamente da pochi veloci incrociatori leggeri voleva dire far correre rischi inutili alle navi, senza conseguire alcun vantaggio.
 

 
 Cause di una sconfitta 
Il risultato della battaglia di Matapan fu determinato principalmente dall'evoluzione tecnica condotta dai britannici, contrapposto al livello di arretratezza - anche tattico - in cui versava la Regia Marina.
Come abbiamo detto in apertura, gli uomini di Cunningham disponevano infatti di molti vantaggi.
 
Il radar.
Sulla Orion e sull'Ajax erano installati dei radar, che consentirono di localizzare il Pola nonostante le condizioni di navigazione notturna; la loro sperimentazione era iniziata già nel 1938. Il disastro di Matapan è conseguenza anche dell'avversione alle innovazioni tecniche da parte della Regia Marina, da ascriversi principalmente all'ammiraglio Cavagnari, capo di stato maggiore della Marina fin dal 1934.
Diversi scienziati italiani, fra cui il professor Ugo Tiberio, docente all'Accademia Navale di Livorno, avevano già realizzato radiolocalizzatori di una certa efficacia, ma lo Stato Maggiore della Marina sostanzialmente si disinteressò a tali ricerche, non valutandone il futuro rivoluzionario impatto sulla tattica navale.
 
Le portaerei e l'appoggio aeronavale.
La possibilità di lanciare attacchi aerei e di coordinare direttamente ricognizioni è stata la causa del declino delle possenti navi corazzate, che difficilmente potevano resistere ad attacchi aerei reiterati e ben condotti. La battaglia di Matapan servì a sottolineare il predominio dell'aereo sulla nave, accelerando la produzione di navi portaerei e convincendo lo stesso Mussolini ad approntare il progetto della prima portaerei italiana, l'Aquila, che però a due anni e mezzo dalla battaglia non era stata ancora approntata.
Per contro gli inglesi avevano effettuato sperimentazioni con le portaerei fin dalla prima guerra mondiale, compiendo il primo attacco notturno con il raid di Tondern nel 1918.
 
Enigma ed ULTRA.
Ultra, che consentì a Cunningham di conoscere in anticipo le mosse della flotta italiana, svolse un ruolo importante a Matapan.
Dopo la guerra, infatti, si appurò che l'avvistamento di Iachino da parte del Sunderland era in realtà pilotato: quell'aereo era stato inviato per non destare sospetti negli italiani, dopo che gli inglesi avevano intercettato e decifrato i messaggi trasmessi dagli italiani al X CAT per la predisposizione della copertura aerea.
 
Addestramento al combattimento notturno.
Gli inglesi disponevano di salve con abbaglio ridotto, che ne consentivano l'impiego notturno, già dal 1934; esse erano state ben provate in esercitazioni apposite.
Gli incrociatori italiani, invece, non erano mai stati impiegati in cannoneggiamenti notturni e non tentarono nemmeno di rispondere al fuoco nemico (come prescritto dai regolamenti, i cannoni erano brandeggiati per chiglia e non erano pronti al fuoco).
 
GdM

(Fine)
Si ringrazia Wikipedia per la quantità di notizie e di fotografie che ci ha fornito.

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