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La protesta: «C’era poco da festeggiare a Luserna il 24 maggio»

Esattamente cent’anni prima moriva una ragazza sedicenne colpita dalle cannonate dei forti italiani allo scoppio della Grande Guerra

Di seguito pubblichiamo la lettera che ci ha inviato un lettore.
Dopo il testo, le nostre considerazioni.

Domenica 24 maggio ho assistito in piazza a Luserna, alla messa e alla commemorazione dell’inizio della Grande Guerra quando l’Italia tradì il patto di alleanza con l’Austria-Ungheria dichiarando guerra e iniziando a bombardare i primi obiettivi, distruggendo gran parte del paese cimbro.
Vi furono diversi feriti e la prima vittima civile: Nicolussi Zatta Berta di soli 16 anni. Gli abitanti dovettero fuggire, abbandonando tutto e fecero poi ritorno al paese natio al termine del conflitto ricostruendo con i propri mezzi il borgo, passato nel frattempo all’Italia.
Furono quelli, anni di sofferenza e di lutto per la popolazione, per non parlare poi del Ventennio fascista che li avrebbe attesi e della seconda Guerra Mondiale; questo è stato il risultato della «liberazione» di Trento e del Trentino dallo Stato oppressore austriaco!
In questo contesto mi è sembrato del tutto inopportuno e fuori luogo, vedere il primo cittadino di Luserna con la fascia tricolore sul petto e con il cappello degli alpini in testa.
Quasi una provocazione direi e mancanza di sensibilità nei confronti delle vittime trentine morte a causa dell’aggressione da parte dell’Italia.
Bene hanno fatto il presidente Ugo Rossi e diversi sindaci a tenere un profilo basso e neutrale senza richiami all’Irredentismo ed al nazionalismo italico.
 
Franceschi Giuseppe

Signor Franceschi, la ringraziamo per la sua lettera. 
Noi abbiamo dedicato decine di articoli al centenario della Grande Guerra e pensiamo che anche la sua email meriti il suo spazio nel nostro giornale.
Noi stessi abbiamo criticato lo Stato Italiano che ha pensato di esporre le bandiere in occasione del centenario dell’entrata in guerra dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale.
Questo semplicemente perché lo scoppio di una guerra non va commemorato.
Come ha detto giustamente il presidente della Provincia Ugo Rossi, «una guerra è sempre una sconfitta per l’Umanità», una sconfitta per chi la vince e per chi la perde.
Però abbiamo criticato anche il presidente della provincia autonoma di Bolzano Arno Kompatscher, per alcune espressioni che noi non abbiamo condiviso: è vero che l’Italia può essere accusata di aver aggredito l’Impero Asburgico, ma non è certamente l’Austria che può scagliare la prima pietra, a meno che non si voglia pensare che sia stata la Serbia a voler aggredire l’Austria Ungheria.
 
Comunque sia, l’Italia non ha tradito la Triplice Alleanza. Il patto prevedeva l’entrata in guerra a fianco dei propri alleati in caso di aggressione, cosa che non è avvenuta. Anzi, è accaduto proprio il contrario.
Vienna e Berlino non hanno mai accusato l’Italia di essere venuta meno ai patti. Certo la dichiarazione di guerra ha fatto rivedere tutte le posizioni.
Per fare riferimento alla povera Berta Zatta Nicolussi, di soli 16 anni, abbiamo sempre criticato la politica militare italiana sul fronte trentino. Sia da una parte che dall’altra era impossibile sfondare per via delle fortificazioni che erano state erette. Cadorna aveva disposto che non vi fossero attacchi.
Purtroppo, però, aveva anche autorizzato i comandanti delle armate a ridosso del Trentino a «svolgere quelle operazioni che avessero ritenuto opportune per migliorare le posizioni». È bastato un ordine del genere per giustificare migliaia di morti inutili. Tra i quali la povera Berta, la cui morte tuttora fa stringere il cuore.
 
Purtroppo, però, l’Italia ha provocato un altro tipo di disastro presso la popolazione trentina, una sofferenza immane che tuttora il nostro paese non conosce o non vuole riconoscere.
Con la dichiarazione di guerra, l’Austria ha fatto evacuare qualcosa come 110.000 trentini per allontanarli dal fronte. Vennero dispersi nell’impero. Insieme ai 70.000 soldati trentini inviati in Galizia, la popolazione trentina venne dimezzata.
E quando i Trentini sono tornati a casa si sono accorti di essere gli unici italiani ad aver perso la guerra. Si pensi solo alle tombe dei soldati morti per l’Imperatore, che non poterono avere nulla che ricordasse il loro sacrificio.
La maggior parte dei Trentini si sente italiana, non c’è dubbio. Ma raramente un paese è stato così ingrato con una parte così cospicua di cittadini.
Ha ragione, signor Franceschi. Domenica 24 maggio c’era proprio poco da festeggiare.
 
G. de Mozzi

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