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Lo stupro? Altro che bravata! – Di Giuseppe Maiolo, psicanalista

Il branco non ragiona, non pensa, ma agisce guidato da una pulsione collettiva che è priva di sentimento

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L’incredibile sentenza della Corte di Appello di Firenze che manda assolti un gruppo di giovani accusati di aver violentato una ragazza di 23 anni, stupisce non poco.
Si tratta infatti di registrare come ancora oggi l’abuso non sia considerato un atto riprovevole e un’azione da condannare.
Non è per criticare la sentenza che non vede censurabile il comportamento di questi ragazzi in quanto la giovane vittima prima era stata consenziente e poi in stato di ubriachezza e difficoltà psico-fisiche non voleva più partecipare, ma quanto per sottolineare come ancora oggi non si presti la dovuta attenzione al processo educativo che dovrebbe prevedere un’adeguata educazione alla sessualità.
Viceversa appare significativo il fatto che vengano ridotte a «bravate» cose così gravi e non sanzionabili atti di violenza sessuale da parte di un gruppo che hanno a che fare con un processo di maturazione problematico, soprattutto a livello sessuale.
 
Fintanto che non attiveremo programmi educativi significativi e precoci sulla sessualità che famiglia e scuola insieme devono sviluppare, ma vi saranno gruppi che andranno a contrastare tutte quelle iniziative volte all’ampliamento della coscienza individuale e collettiva, ci ritroveremo ancora il problema della violenza e dell’abuso sessuale.
L’educazione alla sessualità non è indottrinamento ma sviluppo di conoscenze che permettono di capire la funzione della sessualità, le differenze di genere, gli orientamenti sessuali, i comportamenti umani, ma anche far crescere la cultura del rispetto e della tolleranza.
In questo modo è possibile pensare di ridimensionare la quantità di giovani incapaci di relazioni mature o in difficoltà sul piano della gestione delle proprie pulsionalità.
 
In effetti l’aumento del consumo di Viagra tra i ragazzi fa pensare a quante difficoltà vi siano e quanto il sesso tra i giovani sia vissuto come un’esperienza preoccupante.
L’ansia della prestazione e la paura del fallimento in effetti sono sentimenti che albergano in maniera diffusa e che danno la misura di come, a dispetto delle apparenze, la sessualità ai nostri giorni sia ancora un problema e l’avvicinamento ad essa avvenga senza preparazione.
Soprattutto senza quella educazione alle emozioni e ai sentimenti che permettono di coniugare sesso e relazione.
Questo intervento di preparazione ovviamente non può iniziare quando i figli sono diventati adolescenti, ma molto prima, nel momento in cui i bambini attorno ai 3-4 anni fanno le prime esperienze di conoscenza delle loro pulsioni sessuali collegate alla relazione con gli adulti.
 
Tutto deve cominciare precocemente e con gradualità l’adulto ha la necessità di accompagnare il bambino nella scoperta del suo corpo e delle sensazioni che suscita.
Attivare questo tipo di educazione alla conoscenza di sé è fondamentale perché egli possa, una volta adolescente, sperimentare la sessualità non solo come pulsionalità incontrollata e ormonale, ma anche come relazione collegata all’affettività.
Quei ragazzi che della sessualità ne fanno un’esperienza del branco, al di là della ricerca di emozioni forti, spesso cercano di superare le inibizioni e l’angoscia di esser giudicati. In gruppo si acquista più sicurezza e ci si sente protetti.
Il branco inoltre non ragiona, non pensa, ma agisce guidato da una pulsione collettiva che è priva di sentimento.
Per compiere uno stupro di gruppo infatti, per non sentire la vittima che cerca di difendersi e di mettersi in salvo, c’è bisogno di distacco e freddezza, di assenza quasi totale di emozioni.
Domina invece quella energia pulsionale che diventa incontenibile e ingovernabile.
 
Oltre a tutto questo, inoltre, una sentenza così sorprendente fa pensare che la coscienza morale collettiva e la funzione educativa degli adulti si siano assottigliate. E di molto.
Vien da dire che quando non siamo più in grado di esercitare il controllo e di sanzionare i comportamenti inaccettabili, il processo educativo si interrompe.
Soprattutto per il fatto che vien a mancare il controllo, non quello poliziesco, ma quello che dà attenzione e limiti, ascolto e contenimento del disagio.
Banalizzare un comportamento grave e ridurlo ad una «bravata» giovanile, non trasmette che assenza normativa e distanza affettiva dell’adulto.
 
Giuseppe Maiolo - giuseppe.maiolo@unibz.it - Precedenti
Psicoanalista di formazione junghiana, scrittore e giornalista, specialista in clinica dell’adolescente.

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