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In trecento a Maso delle Part per parlare di frutticoltura

Successo anche per la presentazione delle prove sperimentali in viticoltura biologica

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Dopo la grande partecipazione alle Porte aperte di Maso delle Part, con più di trecento coltivatori, oggi il mondo agricolo si è dato appuntamento nell’aula magna della Fondazione Mach per la giornata di presentazione delle prove sperimentali in frutticoltura e viticoltura biologica, organizzata in collaborazione con il Centro Laimburg.
Dall’incontro, al quale hanno preso parte circa 150 produttori, più un altro centinaio in diretta streaming, è emerso che il settore biologico non solo è in buona salute, ma che in Trentino è anche in costante crescita.
Gli esperti di San Michele all’Adige hanno riportato i risultati positivi delle esperienze in pieno campo e del confronto tra la gestione di un vigneto convenzionale, biologico e biodinamico.
 
Le due giornate dedicate all’aggiornamento e alla formazione dei fruttiviticoltori, organizzate dalla Fondazione Mach, sono state un vero successo.
Mercoledì 5 agosto più di trecento coltivatori hanno partecipato alle Porte aperte di Maso delle Part, a Mezzolombardo, per approfondire i temi della ticchiolatura, dei fitofagi del melo, degli scopazzi, senza dimenticare il focus sul diradamento chimico e meccanico.
Altri temi importanti sono stati le reti antigrandine e la distribuzione di antiparassitari con tecniche alternative, oltre alla descrizione delle varietà di melo frutto del programma di miglioramento genetico FEM.
Nel pomeriggio, dalle 14.30, si è passati alla presentazione tecnico dimostrativa dell’utilizzo delle macchine alternative al diserbo chimico, con una decina di aziende che hanno messo in mostra le loro attrezzature.
 

 
A Mezzolombardo si è poi parlato di difesa in frutticoltura biologica, un tema che è stato ampliato questo pomeriggio al Centro di sperimentazione Laimburg, mentre questa mattina a San Michele all’Adige, in un’aula magna gremita, sono state presentate le prove sperimentali di viticoltura.
Gli esperti del Centro Trasferimento Tecnologico hanno illustrato le esperienze in pieno campo condotte nel 2015 per il controllo di peronospora e oidio, sottolineando l’importanza di intervenire in modo tempestivo.
Si è passati poi alle prove di laboratorio sulla possibilità di utilizzare il rame nell’intervallo tra sporulazione e inizio incubazione e alle pratiche manuali per la riduzione della compattezza del grappolo.
Sempre nell’ambito della lotta alla botrite, ieri è stata presentata un prototipo di spazzolatrice diradante messa a punto da Laimburg e testata sui filari di pinot grigio e pinot nero.
 
«Il settore biologico non solo è in buona salute, ma è anche in costante crescita, – ha spiegato Enzo Mescalchin, dell’Unità Agricoltura biologica della Fondazione Mach. – La viticoltura biologica è in controtendenza: è riuscita a crescere in superficie in un momento in cui a livello nazionale sono stati persi 10 mila ettari.
«Questa pratica è molto diffusa tra i vignaioli, ma poco alla volta sta prendendo piede anche nelle cantine sociali.
«Le nostre ricerche hanno dimostrato che, grazie al metodo di coltivazione biologica, è possibile l’impiego di ridotti contenuti di rame, inferiori anche all’integrato.
«In annate favorevoli, come questo 2015, si può arrivare a utilizzare dosaggi dalle quattro alle sette volte inferiori rispetto a quelli consigliati in etichetta.
«Dalle prove di confronto che abbiamo iniziato tre anni fa su pinot bianco, riesling e cabernet franc, è emerso che, se il coltivatore è adeguatamente preparato, la produzione biologica e biodinamica non è inferiore per qualità e quantità a quella tradizionale.»
 

 
«La mia missione nella Fondazione è quella di diffondere e applicare un’azione sostenibile dell’agricoltura, – ha spiegato durante il suo intervento il presidente della Fondazione Mach, Andrea Segrè. – Credo che il biologico non rappresenti solo il futuro, bensì anche il presente.
«La scienza, la ricerca, la sperimentazione, soprattutto quella pubblica, hanno una responsabilità economica, sociale e ambientale.
«Partendo dal fatto che non c’è agricoltura senza reddito, abbiamo però il compito di ricercare ciò che per il territorio è più sostenibile, mantenendo un approccio laico, che persegua il bene del produttore e contemporaneamente quello dell’ambiente.»

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