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Verso il 25 novembre: violenza sulle donne stabile in Trentino

Le strutture pubbliche stanno facendo un ottimo lavoro, ma le vittime vanno sorrette anche dopo, quando la violenza fisica cederà il posto a quella esistenziale

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Oggi si è tenuta in sala stampa della Provincia autonoma di Trento l’annuale riunione che precede la Giornata contro la violenza sulle donne che l’ONU ha stabilito per il 25 novembre di ogni anno.
Di seguito pubblichiamo il servizio della conferenza, ma prima vogliamo esporre alcune nostre considerazioni.
La violenza sulle donne ahimè non scomparirà mai, ma potrà ridursi a un lumicino solo quando la cultura avrà raggiunto i livelli necessari e sufficienti per far vivere nella gente il concetto che la violenza - qualsiasi violenza - va bandita per sempre dalla vita civile.
Siamo sulla strada giusta, la stessa conferenza di oggi ha portato il tassello annuale su questa strada: conoscere fa cultura.
I dati dimostrano che il fenomeno sta per raggiungere l’auspicata inversione di tendenza. Le denunce sono calate di poco, è vero, ma a fronte di una maggiore consapevolezza delle donne a dover sporgere denuncia.
Ma i fattori principali del fenomeno sono due e non vanno persi di vista.
Il primo è che i violenti devono avere la certezza di essere raggiunti dalla giustizia. Avere paura delle conseguenze è la migliore prevenzione.
Il secondo è che le vittime devono avere giustizia. E in tempi brevi.
Oggi come oggi è ancora lontano il traguardo della Giustizia in tal senso. In questo Stato – di Diritto, grazie a Dio – la donna vittima di violenza si trova a dover affrontare un calvario infinito prima di potersi sentire appagata dalla Giustizia.
Oggi il Procuratore della Repubblica Giuseppe Amato ha precisato che in pochi mesi il suo ufficio riesce a concludere le indagini (in un senso o nell'altro) che vedono la donna vittima di qualche violenza, verbale, comportamentale o fisica che sia.
Ma questo, purtroppo, è solo un piccolo passo. Mediamente una donna che ha subito violenza deve poi sopportare anni prima di leggere la parola Fine. E non si tratta di una passeggiata, ma di infinite udienze di tribunale dove parte avversa cercherà di difendersi dipingendola come essere spregevole, menzognera, simulatrice e dissimulatrice.
Abbiamo visto che il più delle volte alla fine la giustizia fa il suo corso, ma lungo la strada la vittima si trova a passare mille sofferenze e umiliazioni.
Ultimo, ma non da poco, l’aspetto finanziario. La vittima è praticamente «costretta» a costituirsi parte civile e deve pagare un avvocato. Il quale costa migliaia di euro, che difficilmente il condannato potrà pagare. Per non parlare del risarcimento.
Le cose da fare riguardano dunque il corso della giustizia da una parte e l’intervento finanziario alla vittima dall’altra.
La prima non la prendiamo neppure in considerazione.
La seconda parte invece qualche spiraglio lo vede. Pare che la Legge di Stabilità dello Stato preveda l’anticipo dei danni morali alle vittime. Soldi che lo Stato molto probabilmente non recupererà, ma importanti per aiutare la donna a credere che la sua condizione di genere non sia di inferiorità.


 
Sostanziale conferma della stabilità del fenomeno della violenza contro le donne nella nostra provincia, con 608 denunce nel 2014 (erano 613 nel 2013); per oltre il 50% dei casi l'autore della violenza è un familiare (marito, ex-partner o altro), mentre le violenze commesse da uno sconosciuto ammontano a un quarto delle denunce.
Circa tre quarti sia delle vittime che degli autori di violenze sono di nazionalità italiana.
In forte crescita dopo l'approvazione delle nuove norme sul femminicidio dell'ottobre 2013 gli ammonimenti d'ufficio, che dai 12 nel 2011 sono arrivati a 137 nel 2014, essenzialmente per violenze domestiche o persecuzione (stalking); confermato il trend di accesso degli anni scorsi ai servizi antiviolenza provinciali, residenziali (74 le donne che vi hanno avuto accesso) e non residenziali, in capo a Centro Antiviolenza e Alfid (assistenza psicologica, legale ecc.).
Sono 18 gli uomini autori di violenze che si sono rivolti ai servizi (volontariamente, la legge non prevede un invio coercitivo) per essere aiutati.
 

 
Di questo e molto altro si è parlato stamani in Provincia nel corso del momento di riflessione annuale in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, a cui hanno preso parte anche gli assessori provinciali Sara Ferrari e Luca Zeni.
Lo strumento fondamentale per combattere la violenza rimane sempre la prevenzione, che, come sottolineato dall'assessora alle Pari Opportunità Ferrari, «passa attraverso l'educazione di genere nelle scuole, che insegna ai giovani a rapportarsi tra di loro con rispetto e riconoscendo valore alle differenze».
Se il fare assieme in Trentino da alcuni anni è ormai una realtà, che coinvolge oltre alla Provincia le Forze dell'Ordine, le Procure, il privato sociale, all'interno del Comitato antiviolenza, c'è tuttavia lo spazio per fare anche qualcosa di più: da un lato (ed è novità di quest'anno) sposare a pieno titolo il metodo Scotland , che arriva dall'Inghilterra, e che punta ad intervenire non appena la violenza si verifica (in genere entro 24 ore, il momento più a rischio per una donna sotto il profilo del reiterarsi del reato), facendo perno sulla valutazione del caso da parte di un gruppo ristretto.
Dall'altro, si può migliorare anche l'assistenza concreta alle vittime: dallo scorso ottobre le donne vittime di violenza possono accedere anche alle prestazioni sanitarie aggiuntive riconosciute dalla Provincia rispetto a quelle del servizio sanitario nazionale (ad esempio, sembra crudele ricordarlo, i danni subiti ai denti per percosse).
«Un altro provvedimento che adotteremo a breve in Finanziaria – ha detto l'assessore alla sanità e politiche sociali Zeni – è l'anticipo sui danni morali, che in genere vengono riconosciuti alla vittima molto tardi e che anche in quel caso spesso non danno origine a un vero risarcimento.»
 

 
La raccolta di dati e informazioni avviata dal 2012 fra Provincia e Forze dell'Ordine, ha permesso di dar vita ad un sistema di rilevazione e di monitoraggio capillare delle denunce.
Oggi questo sistema consente di ricavare indicazioni affidabili per sapere quali caratteristiche assume in Trentino il fenomeno della violenza di genere, come si evolve nel tempo, quali azioni sono più efficaci per contrastarlo e per dare assistenza alle vittime.
I dati del rapporto 2014 sono stati illustrati da Cristiano Vezzoni, ricercatore presso il Dipartimento di Sociologia dell'Università di Trento, e Laura Castegnaro, dirigente del Servizio politiche sociali della Provincia
È evidente che si tratta di dati parziali, rispetto all'entità di una violenza che spesso continua a rimanere sommersa, sia che avvenga dentro le mura domestiche sia, ad esempio, sui luoghi di lavoro.
Tuttavia, essi rappresentano oggi uno strumento formidabile a disposizione di tutti i soggetti, pubblici e privati, che ruotano attorno alla violenza di genere.
 

 
Le denunce in provincia di Trento, sporte da donne per reati ascrivibili ad episodi potenzialmente connessi a violenza di genere, sono state nel 2014 in totale 608.
Nel quadriennio 2011-2014 sono state in tutto 2.301; in termini statistici una denuncia ogni 69 donne. Una follia.
Nella metà delle denunce il presunto autore è una persona conosciuta dalla vittima, proviene dalla cerchia familiare, dal partner, attuale o passato, oppure da un altro familiare: si tratta del 54% delle denunce.
Non è questa una novità: la relazione affettiva è anche l'ambito in cui si sperimenta il potere e la violenza ne è spesso l'espressione.
La famiglia non è quindi solo il luogo degli affetti e della sicurezza, ma anche il luogo in cui più di frequente la donna può divenire vittima di soprusi.
 

 
Senz'altro l'approvazione di nuove norme ha fatto aumentare la sensibilità e la non tolleranza verso alcuni comportamenti: è aumentato infatti il numero degli ammonimenti d'ufficio, il cui obiettivo è essenzialmente quello di richiamare l'autore della violenza e bloccare in questo modo una eventuale recidiva: dai 12 nel 2011 ai 137 nel 2014.
Per quanto riguarda i servizi residenziali (case rifugio e centri di prima accoglienza) e non residenziali, per i primi il trend è sostanzialmente stabile, per i secondi si assiste ad una crescita.
I bambini accolti dai servizi residenziali nel 2014 sono stati 76, prevalentemente in età prescolare.
Il quadro che ne esce è dunque in chiaro-scuro, con la constatazione che la violenza sulle donne continua ad essere presente e diffusa in Trentino ma con il progressivo emergere anche di segnali positivi di accresciuta sensibilità verso il fenomeno.
 

 
Ancora qualche suggestione, fra le tante emerse nel corso dell'incontro di stamani.
Il Procuratore di Trento Giuseppe Amato ha ricordato come «dare risposta entro tre mesi a denunce di maltrattamento e stalking è possibile grazie al lavoro di rete ma anche grazie al fatto che in Trentino il clima culturale è migliore che altrove, meno penalizzato dall'omertà che in genere circonda il fenomeno».
Aldo Celentano, Procuratore capo di Rovereto, ha sottolineato invece come i dati vadano sempre presi «con le molle»: da un lato spesso le violenze, come abbiamo già detto, non vengono denunciate, altre volte vengono denunciate strumentalmente a una separazione.
Per quanto riguarda specificamente la violenza domestica, essa sembra essere un fenomeno tipico della «modernità liquida» (per dirla con Zygmunt Baumann) nella quale siamo immersi.
Annamaria Maggio, della Questura di Trento, il colonnello Giovanni Cuccurullo del comando provinciale dei Carabinieri hanno richiamato l'attenzione fra l'altro sull'utilità delle sinergie sviluppate in questi anni, sulle novità legislative e in particolare sugli ammonimenti, strumento preventivo attuabile d’ufficio, a prescindere da una richiesta della vittima, che qualora la condotta persecutoria venga reiterata dà origine a un provvedimento penale.  

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