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Ridere fa bene – Di Giuseppe Maiolo, psicanalista

Dovremmo ridere almeno 10 minuti al giorno piuttosto che quei pochi attimi di sorrisi a denti stretti che la maggior parte di noi si consentono

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«L'umorismo non è rassegnato ma ribelle, rappresenta il trionfo non solo dell'Io, ma anche del principio del piacere, che qui sa affermarsi contro le avversità delle circostanze.»
Chi scriveva queste parole era Sigmund Freud uno dei più seri studiosi dell’uomo è un attento osservatore della vita è delle mille sfaccettature con cui ciascuno di noi la affronta.
 
La valorizzazione dell’umorismo che fa il padre della psicoanalisi ci ricorda che tra gli strumenti più potenti in nostro possesso e utili a contrastare i momenti critici e i disagi della vita vi è la capacità tutta umana di ridere.
Il sorriso, e più ancora la risata, originati da complessi meccanismi fisiologici, attivano reazioni e processi benefici che sono ormai confermati da numerosi studi scientifici.
Ridere fa bene perché mobilizza diversi gruppi muscolari, stimola l’attività cardiocircolatoria e le funzioni respiratorie, promuove la produzione di ormoni utili per contrastare lo stress e migliorare la risposta del sistema immunitario.
Ridere è terapeutico in quanto aiuta naturalmente a ridurre gli stati ansioso-depressivi e a migliora l’interazione sociale.
 
Censurata per secoli perché ritenuta patrimonio degli stolti ed espressione di volgarità, la risata è stata spesso equiparata alla follia in quanto manifestazione di scarso controllo.
Oggi invece gli studiosi sostengono che dovremmo ridere almeno 10 minuti al giorno piuttosto che quei pochi attimi di sorrisi a denti stretti che la maggior parte di noi si consentono.
Viviamo per lo più contratti in una corazza di serietà che ci accompagna ovunque, che ingessa i nostri muscoli e la nostra anima.
L´homo ridens è un relitto, dimenticato e sommerso dal convulso ritmare dei problemi e dei guai. Ci permettiamo di ridere solo in certe occasioni: in vacanza, a qualche festa o a carnevale. Per una volta all’anno, dicevano i latini, è consentito impazzire. Per il resto del tempo, obbedienti ai dettami e ai doveri, indossiamo la maschera dei seriosi.
 
Da bambini invece ci divertiamo con tutto e allegramente sappiamo esprimere gioia e felicità.
Al contrario, man mano che si cresce, per ridere abbiamo bisogno di una sempre maggiore quantità di stimoli.
Non basta una battuta, una sollecitazione scherzosa, una smorfia. Ridere a squarciagola per molti rappresenta ancora un tabù. Sovente un divieto.
Perché ridere e divertirsi, scherzare e, più ancora, cercare il senso del comico nell´esistenza ha qualcosa di infantile e di regressivo che ci si consente troppo poco perché ritenuto sconveniente.
In realtà è perché abbiamo imparato a bloccare le emozioni, mantenendo rigido il viso.
Allora per liberarci di quella corazza rigida che ci siamo costruiti addosso, solitamente abbiamo bisogno di un «pass», cioè di un pretesto e dell’autorizzazione a regredire a quel bambino che ride, scherza, salta, si diverte.
 
Per ridere di gusto dobbiamo attenuare la nostra rigidezza, dobbiamo lasciarci andare e perdere il controllo del proprio corpo, attenuare quel «controllore» interno severo che non accetta facilmente di farci perdere la faccia.
E il ridere bene coinvolge tutto il corpo e impone di lasciar emergere altri volti possibili, altri aspetti di noi.
Ridiamo poco perché non sappiamo lasciarci andare e ancor meno siamo capaci di manifestare quello che proviamo anche se si tratta di contentezza e gioia, divertimento e allegria.
Eppure da sempre si dice che «il riso fa buon sangue», o che «Se ridi ti passa».
Cioè ti passa la tristezza e il malessere del vivere quotidiano.
 
La lezione di Patch Adams, il medico che con il suo naso rosso ha girato il mondo immergendosi nelle più acute sofferenze della gente, che ha inventato la clownerie come strumento terapeutico per i bambini gravemente ammalati, ci fa dire quanto sia importante imparare a ridere per affrontare la vita con uno sguardo lieve.
Non si tratta, come lui sostiene, di negare il dolore e la malattia, né di esorcizzare la sofferenza e la morte che pur fanno parte della realtà, quanto con il piacere di ridere recuperare la gioia e la capacità di apprezzare l’esistenza anche quando si sta male.
È questo potrebbe essere l’augurio migliore da scambiare per il nuovo anno in arrivo.

Giuseppe Maiolo - info@giuseppemaiolo.it - www.officina-benessere.it

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