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Oltre il PKK: il TAK e il terrorismo ultra-nazionalista curdo

La Turchia scossa da nuovi attentati di origine curda – DI Maria Carolina Mazzone

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La Turchia è stata recentemente colpita da una nuova ondata di attentati attribuibili al terrorismo di matrice curda, un fenomeno che sembra porsi nuovamente come una delle principali minacce per la stabilità interna del Paese.
L’esplosione all’aeroporto di Istanbul Sabiha Gokcen (23 dicembre 2015) e i successivi attacchi ad Ankara, nei pressi del Parlamento e nella sede dello Stato Maggiore delle Forze Armate (17 febbraio) e nelle vicinanze del Ministero degli Esteri e degli Interni (13 marzo), sono stati rivendicati dal gruppo armato ultranazionalista curdo del TAK (Falchi per la Libertà del Kurdistan).
In particolare, gli ultimi attentati di Ankara simboleggiano l’ufficiale ripresa delle attività terroristiche del TAK. Entrambe le operazioni sono state caratterizzate da un significativo numero di vittime sia tra le Forze Armate e di Sicurezza che tra i civili.
 
Le origini delle attività del TAK risalgono al 2005, quando il gruppo ha compiuto il suo primo attacco terroristico in un centro turistico di Kusadasi, sulle coste egee del Paese, uccidendo 5 persone.
Ad oggi non vi sono dati certi né sul numero dei membri del gruppo né su quale sia l’effettiva strutturazione interna.
La controversa provenienza delle brigate del TAK è tuttora uno degli elementi più dibattuti. Sebbene il Governo turco consideri il TAK come una costola operativa del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), i suoi miliziani lo definiscono come un’entità separata e indipendente.
Tuttavia, il presunto passaggio di alcuni ex-membri dalle fila del PKK a quelle del TAK ha avvalorato l’ipotesi che i due gruppi siano fortemente interconnessi.
Nella stessa direzione va il riconoscimento, da parte di entrambi i movimenti, di Abdullah Ocalan, fondatore del PKK, come il proprio leader.
 
Nonostante l’iniziale condivisione del comune progetto politico di creazione di una realtà statuale curda indipendente nell’area a sud-est della Turchia, PKK e TAK hanno poi intrapreso due programmi differenti.
Difatti, i due gruppi sono attualmente caratterizzati da profonde differenze che riguardano sia il futuro disegno istituzionale dello Stato curdo sia la metodologia, la conduzione e gli obiettivi degli attentati.
Dal punto di vista “dottrinale” si può dire che, mentre il PKK, in seguito all’arresto di Ocalan, ha assunto una linea più morbida che prevede la richiesta di maggiore autonomia della minoranza curda, il TAK persevera nel sostenere la necessità di una vera e propria indipendenza da Ankara.
Ugualmente, il TAK non ammette alcun tipo di trattative con il Governo turco, puntando fortemente sulla lotta armata e criticando i membri del PKK per l’inclinazione al negoziato nonché per l’utilizzo di metodi ritenuti poco efficaci.
Difatti, il PKK (pur essendo nato come movimento di guerriglia) ha stipulato più volte accordi di sospensione delle ostilità con il Governo centrale, specialmente dopo la dichiarazione di Ocalan del 2013 che annunciava la fine dei combattimenti per limitare l’azione di repressione che lo Stato esercitava nei confronti del popolo curdo.
Inoltre, sotto il profilo operativo, il PKK tende a colpire prevalentemente le Forze Armate turche cercando di limitare al massimo i danni collaterali e l’uccisione di civili.
 
Diversamente, il TAK, cerca di massimizzare il numero di vittime senza distinguere tra militari e civili. Tale strategia viene ritenuta inevitabile e necessaria dai miliziani del TAK per la conduzione della guerra contro Ankara.
Una simile differenza permette di comprendere come il PKK consideri proprio avversario lo Stato turco e non la popolazione, mentre il TAK non consideri alcuna distinzione tra istituzioni e popolo. Infine i due movimenti differenziano anche sulla scelta dei luoghi dove vengono effettuati gli attentati.
Il PKK agisce principalmente nelle zone a sud-est del Paese, dove risiede la popolazione curda e dove il Governo turco conduce una massiccia campagna di repressione ai danni della minoranza curda, mentre il TAK mira a colpire il cuore dello Stato attaccando le zone centrali delle città più importanti della Turchia, ovvero Ankara e Istanbul.
La logica di colpire i maggiori centri del Paese risponde anche all’esigenza del TAK di andare a intaccare non solo i luoghi-simbolo del potere turco, ma anche quegli obiettivi sensibili per l’economia, come il turismo. Infatti, una parte significativa del PIL (circa l’11%) del Paese proviene dall’indotto turistico.
 
Attualmente, la fervida ripresa delle attività terroristica del TAK è da identificarsi come forma di rappresaglia per la cruenta campagna di contro-guerriglia dell’Esercito turco nelle città a maggioranza curda del sud est del Paese, al confine con la Siria (Cizre, Diyarbakir).
In queste zone, il Governo ha utilizzato il pugno di ferro per neutralizzare l’insorgenza curda, utilizzando una strategia molto muscolare che spesso ha colpito non solo i gruppi militanti, ma anche la popolazione civile curda.
Infatti, si ritiene che il TAK abbia ricominciato a compiere attacchi terroristici in maniera sistematica in seguito al collasso del cessate-il-fuoco (luglio 2015) tra PKK e Governo Centrale.
 
Diverse sono le dinamiche interne e internazionali che si intrecciano nel panorama politico turco e che potrebbero fornire ulteriori spiegazioni per l’incremento del fenomeno terroristico curdo.
In primo luogo, il conflitto siriano ricopre un ruolo fondamentale per la battaglia di Ankara contro le rivendicazioni autonomiste curde. Il Governo di Erdogan guarda con forte sospetto la crescita dell’autonomia curda nella regione a nord della Siria, controllata dal gruppo curdo-siriano Partito di Unione Democratica (PYD) tramite il suo braccio armato Unità di Protezione Popolare (YPG).
Infatti, il PYD-YPG controlla le tre provincie siriane settentrionali di Kobane, Jazira e Afrin e il 17 marzo 2016 ha dichiarato unilateralmente la formazione di una federazione autonoma sotto il nome di “Rojava”, che tuttavia non è stata riconosciuta né dal Governo siriano né dall’opposizione.
Proprio per timore che i risultati ottenuti dai movimenti curdi siriani possano avere un profondo riverbero politico all’interno dei propri confini e alimentare ulteriormente le rivendicazioni curde, l’amministrazione centrale turca ha spesso attribuito la complicità dell’YPG negli attentati recentemente compiuti da PKK e TAK.
Nel caso degli attentati ad Ankara del 13 marzo scorso, le autorità turche hanno sostenuto che l’attentatrice suicida curda Seher Cagla Demir fosse stata precedentemente membro del PKK per poi passare alle brigate del TAK e che la donna avesse ricevuto addestramento dalle milizie dell’YPG.
Ciononostante, nessuno dei tre gruppi, attraverso i propri organi di stampa, ha lontanamente confermato questa versione dei fatti.
Attualmente, dunque, il Governo turco percepisce la crescita del potere dell’YPG al di là dei propri confini come una minaccia fondamentale per la propria sicurezza e cerca inevitabilmente di legare le attività dei crudi siriani al fenomeno terroristico curdo interno, anche in assenza di evidenti riscontri.
 
Di conseguenza, così può essere spiegato l’atteggiamento ambivalente che Erdogan ha assunto sul piano internazionale riguardo il conflitto siriano.
Per le autorità turche il PKK, il TAK e l’YPG sono indistintamente identificati come gruppi terroristici che minano alla stabilità interna del Paese.
In questa logica andrebbero quindi inquadrate le operazioni che l’Esercito turco conduce sia nella zona curda a sud-est del Paese sia contro le postazioni curdo-siriane al confine.
Nonostante i tentativi di Ankara di screditare le rivendicazioni curde davanti alla Comunità Internazionale, gli Stati Uniti e l’Unione Europea, sebbene condannino espressamente il PKK e il TAK in quanto movimenti terroristici, supportano l’azione dell’YPG in Siria.
Infatti, l’YPG ha rappresentato, nel corso del conflitto siriano, un essenziale elemento di contrasto all’avanzata dello Stato Islamico.
 
Tuttavia, le accuse delle autorità turche nei confronti della popolazione curda e la repentina ed improvvisa crescita capacitiva del TAK hanno destato diverse perplessità in alcune frange dell’opposizione anti-governativa.
Infatti, i rappresentanti di questi gruppi politici ritengono che Erdogan possa aver utilizzato i servizi segreti per infiltrare e manipolare il TAK, aumentandone di conseguenza la capacità operativa e permettendo una così rapida crescita in breve tempo.
Infatti, prima degli attentati di Ankara del 2016, il TAK non aveva mai compiuto attentati così efferati e devastanti.
Altrettanto deboli appaiono sotto questo punto di vista le giustificazioni del legame tra i movimenti dei curdi turchi e l’YPG. I curdi siriani, infatti, non hanno mai compiuto attentati in Turchia e soprattutto pare non dispongano delle capacità tecniche, logistiche nonché della rete territoriale nelle principali città turche per compiere simili attacchi.
 
Dunque, l’opposizione sostiene che il Presidente voglia ottenere, favorendo un incremento della tensione interna, il pretesto necessario per frenare le spinte indipendentiste curde e per perseguire la propria strategia di accentramento del potere e polarizzazione dello spettro politico nazionale.
Il problema della ripresa delle attività terroristiche del TAK in Turchia si intreccia perciò con diverse problematiche di politica interna ed internazionale.
Per promuovere la de-escalation dei conflitti interni ed evitare la radicalizzazione della popolazione curda, il Governo di Ankara dovrebbe provare a riaprire i canali negoziali con la minoranza curda nel sud-est del Paese.
In caso contrario, si potrebbe verificare un ulteriore aumento dei fiancheggiatori del TAK ed un’escalation delle violenze, causando seri problemi alla stabilità dello Stato.
 
Maria Carolina Mazzone
(Ce.S.I.)

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