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Sanità integrativa: «Più sanità solo per chi può pagarsela»

Il Censis: Nel 2015 hanno dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie 11 milioni di italiani

Aumenta la spesa sanitaria privata: 34,5 miliardi di euro (+3,2% negli ultimi due anni). Incubo liste d'attesa: 10 milioni di italiani ricorrono di più al privato e 7 milioni all'intramoenia perché non possono aspettare.
Sono 26 milioni i cittadini che si dicono propensi ad aderire alla sanità integrativa.
Ma nessuno tocchi il mio medico: più di 5 milioni di italiani hanno ricevuto prescrizioni di farmaci e visite inutili, eppure il 64% è contrario alla legge che stabilisce se una prestazione si paga con il ticket o per intero, e il 51% non vuole sanzioni per i dottori.

Di seguito i principali risultati della ricerca di Censis-Rbm Assicurazione Salute «Dalla fotografia dell'evoluzione della sanità italiana alle soluzioni in campo», presentata a Roma al VI «Welfare Day», a cui sono intervenuti, tra gli altri, Giuseppe De Rita e Carla Collicelli del Censis, Roberto Favaretto, Presidente di Rbm Assicurazione Salute, e Marco Vecchietti, Consigliere Delegato di Rbm Assicurazione Salute.
 
 Aumenta la spesa sanitaria privata: più sanità per chi può pagarsela 
È arrivata a 34,5 miliardi di euro la spesa sanitaria privata e ha registrato un incremento in termini reali del 3,2% negli ultimi due anni (2013-2015): il doppio dell'aumento della spesa complessiva per i consumi delle famiglie nello stesso periodo (pari a +1,7%).
L'andamento della spesa sanitaria privata è tanto più significativo se si considera la dinamica deflattiva, rilevante nel caso di alcuni prodotti e servizi sanitari.
Sono lievitati i ticket pagati dagli italiani, visto che il 45,4% (cioè 5,6 punti percentuali in più rispetto al 2013) ha pagato tariffe nel privato uguali o di poco superiori al ticket che avrebbe pagato nel pubblico.
È quanto emerge dalla ricerca Censis-Rbm Assicurazione Salute presentata oggi a Roma al VI «Welfare Day».
«Sono 10,2 milioni gli italiani che fanno un maggiore ricorso alla sanità privata rispetto al passato, e di questi il 72,6% a causa delle liste d'attesa che nel servizio sanitario pubblico si allungano, – ha detto Marco Vecchietti, Amministratore Delegato di Rbm Assicurazione Salute. – Bisognerebbe ripensare le agevolazioni fiscali per le forme sanitarie integrative, per assicurare tutte le prestazioni che oggi sono pagate di tasca propria dagli italiani e per rimuovere le penalizzazioni di natura fiscale per i cittadini che decidono su base volontaria di assicurare la propria famiglia.
«La sanità integrativa è oramai un'esigenza per tutti gli italiani e non può più essere considerata un benefit per i lavoratori dipendenti o un lusso per i più abbienti», ha concluso Vecchietti.
«Sono 7,1 milioni gli italiani che nell'ultimo anno hanno fatto ricorso all'intramoenia (il 66,4% di loro proprio per evitare le lunghe liste d'attesa).
«Il 30,2% si è rivolto alla sanità a pagamento anche perché i laboratori, gli ambulatori e gli studi medici sono aperti nel pomeriggio, la sera e nei weekend.
«Pagare per acquistare prestazioni sanitarie è per gli italiani ormai un gesto quotidiano: più sanità per chi può pagarsela.»
 
 La sanità negata aumenta ancora 
Erano 9 milioni nel 2012, sono diventati 11 milioni nel 2016 (2 milioni in più) gli italiani che hanno dovuto rinviare o rinunciare a prestazioni sanitarie nell'ultimo anno a causa di difficoltà economiche, non riuscendo a pagare di tasca propria le prestazioni.
Al cambiamento «meno sanità pubblica, più sanità privata» si aggiunge il fenomeno della sanità negata: «niente sanità senza soldi».
Riguarda, in particolare, 2,4 milioni di anziani e 2,2 milioni di millennials.
 
 Lo scadimento della qualità del servizio sanitario pubblico 
Per il 45,1% degli italiani la qualità del servizio sanitario della propria regione è peggiorata negli ultimi due anni (lo pensa il 39,4% dei residenti nel Nord-Ovest, il 35,4% nel Nord-Est, il 49% al Centro, il 52,8% al Sud), per il 41,4% è rimasta inalterata e solo per il 13,5% è migliorata.
Il 52% degli italiani considera inadeguato il servizio sanitario della propria regione (la percentuale sale al 68,9% nel Mezzogiorno e al 56,1% al Centro, mentre scende al 41,3% al Nord-Ovest e al 32,8% al Nord-Est).
La lunghezza delle liste d'attesa è il paradigma delle difficoltà del servizio pubblico e il moltiplicatore della forza d'attrazione della sanità a pagamento.
 
 Tra pubblico in crisi e privato in crescita, avanza la sanità integrativa 
Il 57,1% degli italiani pensa che chi può permettersi una polizza sanitaria o lavora in un settore in cui è disponibile la sanità integrativa dovrebbe stipularla e aderire.
Così si otterrebbero anche benefici pubblici, perché molte persone utilizzerebbero le strutture private, liberando spazio nel pubblico, e perché così si inietterebbero maggiori risorse nel sistema sanitario.
Sono ormai più di 26 milioni gli italiani che si dicono propensi a sottoscrivere una polizza sanitaria o ad aderire a un Fondo sanitario integrativo.
Se la sanità integrativa attraesse effettivamente tutte queste persone, considerando una spesa pro-capite pari all'attuale spesa privata media nel complesso, si avrebbero 15 miliardi di euro annui per la salute.
Tramite la sanità integrativa si potrebbero acquistare molte più prestazioni per i cittadini di quanto riescano a fare oggi singolarmente sui mercati privati.
Tra gli aderenti alla sanità integrativa, il 30,7% ha aderito perché spendeva troppo di tasca propria e ora risparmia, e il 25% perché la copertura è estendibile a tutta la famiglia.
 
 Esami e visite inutili? Non toccate il mio medico. 
Sono 5,4 milioni gli italiani che nell'ultimo anno hanno ricevuto prescrizioni di farmaci, visite o accertamenti diagnostici che si sono rivelati inutili.
Tuttavia, il 51,3% degli italiani si dichiara contrario a sanzionare i medici che fanno prescrizioni inutili.
Riguardo alla legge che fissa le condizioni che rendono una prestazione sanitaria necessaria e da pagare solo con il ticket, e non per intero, il 64% degli italiani è contrario (di questi, il 50,7% perché ritiene che solo il medico può decidere se la prestazione è effettivamente necessaria e il 13,3% perché giudica che le leggi sono motivate solo dalla logica dei tagli).
Il decreto sull'appropriatezza è diventato una tigre di carta e tuttavia la sua logica incontra l'ostilità dei cittadini, che sostengono la piena autonomia decisionale del medico nello stabilire le terapie, anche come baluardo contro i tagli nel sistema pubblico.

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