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Stefano Cagol e le sue «697 madri» – Di Daniela Larentis

È il titolo della significativa mostra appena inaugurata dall’artista trentino, in ricordo dei soldati sepolti presso il Cimitero Monumentale di Bondo

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Stefano Cagol - «697 madri» - Performance partecipativa 2 luglio 2016.
 
Sabato 16 luglio 2016, nella Chiesa di San Barnaba a Bondo, Trento, l’artista trentino Stefano Cagol ha ricordato i 697 soldati sepolti presso il Cimitero Monumentale del paese, attraverso l’inaugurazione di una significativa mostra dal titolo «697 madri».
Protagonista dell’evento è stata l’affollata performance partecipativa del 2 luglio scorso, immortalata dall’artista in opere video e fotografiche mostrate al folto pubblico presente.
L’evento culturale si colloca nell’ambito della ricorrenza del Centenario della Grande Guerra: nel 1916 a Bondo, in Valle del Chiese, fu costruito il Cimitero Monumentale allo scopo di raccogliere i caduti austro-ungarici del settore Adamello.
I 697 ragazzi ivi sepolti vissero l’ultimo periodo della loro vita in condizioni davvero tremende.
A loro e alle loro madri rende omaggio Cagol, al quale abbiamo posto alcune domande.
 

L’assessore provinciale Luca Zeni, il colonnello Erwin Fitz, responsabile della Croce Nera Austriaca sezione Vorarlberg, Don Celestino Riz, il sindaco di Sella Giudicarie Franco Bazzoli, il presidente provinciale dell’Associazione Nazionale Alpini Maurizio Pinamonti, Giulia Robol che ha curato la ricerca storica e iconografica della mostra, l’artista Stefano Cagol, Frank Salvadori, consigliere del comune di Sella Giudicarie.

A chi è dedicata «697 madri»? Come è nata l’idea della mostra inaugurata nell’antica Chiesa di San Barnaba, a Bondo?
«È dedicata a tutti noi e alle nostre madri, sorelle e figlie. A tutte le donne. Ma di più, in un certo senso evoco anche un’idea di madre primigenia, un’idea di origine, che va oltre il genere.
La mostra è nata da un invito della Scuola Musicale Giudicarie e l’idea di svilupparla attraverso la partecipazione della gente e puntando l’attenzione sul Cimitero Monumentale a pochi metri dalla Chiesa dov’è ospitata la mostra si è sviluppata da alcuni stimoli esterni che ho colto immediatamente facendoli miei.
«La presenza del Monumento ha innescato un collegamento per me imprescindibile.»
 
Quali sono, se ce ne sono state, le difficoltà riscontrate nella realizzazione di questo ambizioso progetto?
«Coinvolgere la gente a partecipare in un’opera d’arte è estremamente interessante, ma non è semplice.
«In questo caso l’idea era così chiara, forte e universale che la partecipazione è stata grande e spontanea.
«Una donna anziana, sorretta dai familiari, venuta dall’altro capo del Trentino, mi ha detto: Dovevo proprio esserci

Può brevemente ricordarne le fasi?
«Prima dell’evento partecipativo abbiamo iniziato a informare e a rendere partecipi le associazioni, a partire dal Gruppo degli Alpini (tramite il presidente provinciale Maurizio Pinamonti e poi i referenti di zona), anche con incontri aperti alla popolazione, ottenendo da subito risposte entusiaste.
«Quel che ha convinto è stato il fatto di guardare al lato umano della sofferenza, al di là delle bandiere.»
 

Il colonnello Erwin Fitz, responsabile Croce Nera Austriaca sezione Vorarlberg, e l’artista Stefano Cagol.
 
Come ha vissuto dal punto di vista emotivo il compimento dell’opera?
«È stato molto intenso. È stata un’esperienza forte osservare tutte queste persone arrivate fino a questo paese in montagna, vederle salire spontaneamente e fermarsi in silenzio sulla scalinata del monumento che ero abituato a vedere vuoto…»
 
Al raduno simbolico del 2 luglio scorso hanno partecipato moltissime donne, si tratta della sua prima performance partecipativa realizzata in Trentino, da cui è nata una significativa opera video: qual è il messaggio che ha voluto trasmettere, che cosa rappresenta?
«È un monumento alla vita.»
 
Ci può brevemente accennare ad altre precedenti esperienze analoghe?
«Una performance partecipativa così massiva è per me una prima, ma da una decina d’anni la mia pratica si muove anche nel campo di azioni pubbliche e del coinvolgimento dello spettatore.
«Ho iniziato nel 2006 con un progetto sull’influenza aviaria e coinvolgendo i passanti con la distribuzione di spillette, a Taranto nel 2010 (prima della bufera sull’Ilva) ho girato la città raccogliendo simbolicamente dagli abitanti oggetti scintillanti contro la cenere, ossia contro l’inquinamento letale prodotto dalla grande fabbrica che ha dato sempre lavoro.
«Lavoro e morte.»
 
Stefano Cagol - «697 madri» - inaugurazione 16 luglio 2016.
 
Ci potrebbe parlare dell’installazione sonora e scultorea collocata all’interno della chiesa?
«Queste punte in alluminio plasmato a mano evocano i luoghi dove i 697 ragazzi sepolti presso il Cimitero militare di Bondo persero la vita, quindi le montagne dell’Adamello e gli scenari della cosiddetta Guerra bianca e in particolare la simbolica caverna del Corno di Cavento, che dà il nome all’opera, scavata dalle truppe nella neve e nella roccia e solo recentemente restituita dai ghiacci. Roccia, ghiaccio, vento, isolamento.
«Quest’opera è tagliente, appuntita, come le condizioni estreme in cui erano costretti a vivere questi giovani ragazzi.»
 
Prossimi appuntamenti?
«Ora sono a Cambridge, dove sono volato dopo l’inaugurazione di Bondo e dove mi trovo per un progetto artistico internazionale che riflette sulla sostenibilità.
«Tra pochi giorni si terrà l’inaugurazione di una mostra in una nuova galleria privata a Shanghai che presenta una mia opera; sono stato invitato a partecipare il prossimo 3 settembre alla biennale europea d’arte Manifesta, realizzando una performance presso il Cabaret Voltaire nel centenario del Dadaismo.
«Nel frattempo starò temporaneamente nel mio studio di Milano Lambrate in via Ventura.»
 
Daniela Larentis – d.larentis@ladigetto.it

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