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Bolzano: un patto e criteri per incentivare l’integrazione

In Alto Adige a fine 2015 gli immigrati erano 46.454, provenienti da 136 Paesi: la Giunta provinciale vuole incentivare l’integrazione e ne indica i criteri


 
Secondo i dati ASTAT, i cittadini con background migratorio presenti in Alto Adige a fine 2015 erano 46.454, provenienti da 136 Paesi.
Per affrontare le nuove sfide, le opportunità e potenzialità che ne derivano, da marzo 2015 la Provincia ha lavorato alla predisposizione di un Patto per l'integrazione «che fornisse la cornice politica necessaria a raggiungere un'integrazione intesa come convivenza pacifica», secondo l'assessore competente Philipp Achammer.
Con il coinvolgimento di tutte le parti interessate e partendo dalla legge provinciale sull’integrazione del 2011, sono state elaborate linee guida nel lavoro dell’inclusione e definiti gli obiettivi nei vari campi di intervento.
Il tutto è confluito nella bozza «Convivere in Alto Adige - Un patto per l’integrazione», approvata a giugno dalla Consulta provinciale per l’integrazione, che oggi Achammer ha illustrato alla Giunta provinciale assieme ai criteri per incentivare l’integrazione.
Entrambi i documenti sono stati approvati dalla Giunta provinciale.
«Attraverso un processo partecipativo e inclusivo degli interessati e dei vari attori - ha detto Achammer dopo la seduta - si è arrivati alla definizione di principi che indicano diritti e doveri.»  
Un patto per l'integrazione con regole chiare, comprensibili e condivise. Tra le aree di intervento lingua, formazione, lavoro, sanità, cultura e religione.
Il patto contiene le linee guida che affrontano l’integrazione intesa come convivenza regolamentata, disponibilità all’iniziativa personale, arricchimento e opportunità.
 

 
Ai migranti non si chiede da dove vengono, bensì come possono contribuire al funzionamento della società locale, ha sintetizzato l'assessore.
Un impegno reciproco che si articola nel rapporto fra dare e avere, come ha sintetizzato Achammer: «La Provincia deve fare di più attraverso nuove misure, ad esempio nei corsi di lingue, nella mediazione interculturale, nel riconoscimento delle qualificazioni conseguite dai cittadini nei Paesi terzi.»
L'avere si concretizza nella richiesta di impegno personale, a partire dall'apprendimento linguistico: «Studieremo la possibilità di collegare questa disponibilità personale e questa comprovata volontà di integrarsi alla concessione di prestazioni aggiuntive dell'ente pubblico. Parliamo non di nuove prestazioni ma di quelle già esistenti, di secondo livello sopra l'assistenza essenziale», ha precisato Achammer.
Oggi la Giunta lo ha incaricato anche di approfondire la base giuridica di una simile misura.
I criteri per incentivare l’integrazione puntano invece a favorire l'inclusione a livello comunale e prevedono contributi ai Comuni e alle Comunità comprensoriali per iniziative di promozione di processi di integrazione a livello locale, per la cooperazione e il lavoro in rete tra Comuni e Comunità comprensoriali.
Sono finanziabili anche le misure per promuovere la partecipazione delle persone immigrate alla vita sociale, per sensibilizzare e informare l’opinione pubblica, per la formazione e l’aggiornamento di moltiplicatori nell’ambito dell’integrazione.

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