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Storie di donne, letteratura di genere/ 124 – Di Luciana Grillo

Amélie Nothomb, «Pétronille» – «Pur sapendo perfettamente che scrivere è pericoloso e che si rischia la vita, ci casco sempre»

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Titolo: Pétronille
Autrice: Nothomb Amélie
 
Traduzione: Monica Capuani
Editore: Voland 2015 (collana Amazzoni)
 
Pagine: 128, brossura
Prezzo di copertina: € 14
 
«Pétronille» è il 23° romanzo di una scrittrice non ancora cinquantenne, prolifica e creativa, forte di esperienze non comuni: nata in Giappone, ha vissuto tra Asia e America seguendo il padre diplomatico, per tornare poi in Giappone, fino al rientro definitivo in Europa.
Attualmente vive tra Parigi e Bruxelles. E a Parigi ambienta «Pétronille», storia di un’amicizia fra donne che amano scrivere e bere buon vino e ottimo champagne.
Di fronte a «una romanziera di trent’anni appena sbarcata a Parigi» ma già nota e in grado di attrarre un numeroso gruppo di compratori dei suoi libri, si materializza «una persona con la quale intrattengo una corrispondenza… Alla prima occhiata la trovai così giovane che la scambiai per un ragazzino di quindici anni».
E Pétronille: «Passare da un incontro sulla carta a un incontro in carne e ossa significa cambiare dimensione».
 
Amélie aveva creduto che Pétronille fosse più adulta, la invitò a bere qualche giorno dopo in un bar, brindarono alla loro amicizia e… lasciarono passare alcuni anni prima di rivedersi.
Gli incontri continuano, con cadenza irregolare, fra due donne di successo: Nothomb riconosce, per quanto riguarda Pétronille, che «la sua ambiguità sessuale costituiva il suo fascino… che si infuriava per un nonnulla… (che) è incredibile quanto somigli a Robert De Niro davanti allo specchio in Taxi Driver… (che) il nome di Lino Ventura funzionava come un jolly… (nel senso che) Ventura era il suo padre idealizzato».
 
Un insuccesso letterario di Amélie avvicina ancora di più le due donne che continuano a bere champagne fino a somigliare «agli ubriaconi collerici che descriveva lei».
Ma la loro è una strana amicizia, c’è del non detto… Pétronille a un certo punto prepara un colpo di scena: parte (davvero? Per l’Africa?) affidando un suo manoscritto ad Amélie che fa di tutto per trovare un editore disposto a pubblicarlo, finché, per un’incredibile coincidenza, la risposta positiva arriva nel momento in cui Pétronille ritorna (forse) dall’Africa (?).
 
Amélie comprende che Pétronille, per vivere, ha scelto un lavoro assai rischioso, testare nuovi farmaci, dal momento che i diritti d’autore non le danno alcuna sicurezza economica.
Ma le conseguenze di questo lavoro sono gravi: «la giovane romanziera aveva esposto il suo corpo a un rischio reale, per poter continuare a scrivere».
Il romanzo si avvia alla conclusione, tra colpi di scena e pathos. E il finale è veramente inaspettato!
Da leggere: «Pur sapendo perfettamente che scrivere è pericoloso e che si rischia la vita, ci casco sempre».
Sarà vero? Ai lettori e alle lettrici l’ardua sentenza.
 
Luciana Grillo
(Recensioni precedenti)

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