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«I nemici dei miei nemici sono miei amici»

Le logiche che hanno portato al disgelo tra Russia e Turchia

Come insegna la storia, Turchia e Russia non si amano da secoli. Gli sviluppi della guerra in Siria e delle crisi in Libia e Nagorno Karabach negli ultimi mesi hanno però offerto l'occasione per esacerbare ulteriormente i rapporti tra Mosca e Ankara, offrendo diverse arene di scontro politico e in alcuni casi militare.
Dato il peso politico dei due Paesi, l'attrito, alimentato da una politica estera particolarmente dinamica per entrambi, si è spostato su un binario globale, coinvolgendo innanzitutto USA e UE.
Su questa base l'incontro Putin-Erdogan, almeno in teoria, potrebbe apparire come un colpo di scena capace di cambiare il quadro degli assetti geopolitici euroasiatico.
In realtà il disgelo Russia-Turchia era in qualche modo prevedibile soprattutto alla luce del pragmatismo che, seppur in modo distinto, contraddistingue sia Putin che Erdogan.
 
Innanzitutto un assunto: Russia e Turchia sono state mosse al tempo stesso dalla necessità e dall'occasione ghiotta.
Iniziamo dal punto di vista russo. Mosca ha necessità impellente d'incassare i crediti di una politica estera mirata a ripristinare la powership russa su dimensione globale. I costi degli investimenti in termini militari e politici sono stati altissimi e benché ampiamente ripagati sul piano della stabilità interna (Putin sarà rieletto con un plebiscito nel 2018 e rimarrà al Cremlino fino al 2024), la nuova guerra fredda voluta dagli USA fa sentire i suoi effetti.
Isolamento internazionale e sanzioni economiche applicate dall'Occidente impongono a Mosca una liquidazione degli interessi maturati soprattutto in Medio Oriente, ormai senza più rimandi.
 
In termini globali, la Russia non può permettersi di chiudersi in un gioco al rilancio con America ed Europa, a suo tempo già causa dell'implosione dell'URSS. Nessuno lo sa meglio dello stesso Putin.

Al tempo stesso Mosca ha un'occasione d'oro. Per la prima volta dagli anni '50, la Turchia mette in discussione il suo ruolo nella NATO, rivendicando il diritto ad una politica estera più autonoma.
La possibilità di inserirsi nello spiraglio aperto tra Ankara e Washington è un boccone troppo allettante e, ad uno muro contro muro sterile e pericoloso, il Cremlino ha preferito la via concreta: mettere zizzania fra turchi e Occidente mostrando di avere i crediti per freddare i bollori ottomani.
 
Putin, dopo l'abbattimento del Sukhoj russo a novembre ha pazientato aspettando l'occasione buona. Ancora una volta oggi costringe gli USA a passare da Mosca o quantomeno a ritrovarsela seduta ad un tavolo serio con molta voce in capitolo.
Traslando in misure diplomatiche, il disgelo russo-turco può avere riflessi seri nell'immediato in Siria, in Libia e indirettamente in Ucraina.
Questo ci consente di vederla dall'ottica turca. Erdogan ha estremo bisogno di uscire dal pantano siriano, dove i russi alleati di Assad combattono contro la jihad sostenuta da Ankara.
 
Probabile che il nodo curdo sia un buon terreno negoziale: armati degli USA, i curdi siriani sono una rogna sia per Ankara che per Damasco.
Putin potrebbe essere il punto d'incontro fra Turchia e Siria, cogliendo al tempo stesso l'occasione per concretizzare una via d'uscita dalla guerra in cui la Russia è coinvolta ormai da un anno.
Anche in Libia, Ankara e Mosca si trovano su fronti opposti. Un raffreddamento dei rapporti fra russi e il generale di Tobruk Haftar (passando per l'Egitto di Al Sisi) potrebbe essere parte del pacchetto complessivo.
Seppur con toni minori, altrettanto si può dire dell'Ucraina, dove il ruolo NATO di Ankara può fungere da freno al continuo rilancio antirusso di UE e USA.
 
I recenti fatti di Crimea saranno una cartina tornasole per conoscere i toni che l'America vuole continuare ad usare nell'Est Europa.
Come è facile immaginare il riavvicinamento di Erdogan a Mosca, passato dalla lettera di scuse per l'abbattimento del caccia russo del 2015, è anche un'ulteriore opportunità di ricatto verso l'Occidente.
Washington può permettersi un allontanamento di Ankara? Dopo le ombre legate al tentato golpe, gli USA possono permettersi lo strano flirt fra Turchia e Russia?
La disastrosa politica di Obama in Medio Oriente in un decennio ha già intaccato i rapporti con Israele. Erdogan lo sa e sa quanto sia importante la Turchia per gli equilibri euroasiatici. Sfrutta la sua posizione strategica anche in termini di flussi migratori e gioca al rialzo.
 
Alla luce di quanto detto, è plausibile che Turchia e Russia stiano inaugurando una nuova stagione geopolitica?
Probabilmente, almeno per ora, parliamo di calcoli politici di medio-breve periodo. Il dato più rilevante però è il ritorno della diplomazia dei singoli Stati ad alti livelli.
Nel futuro che ci riguarda sembrano avere sempre meno spazio gli organismi sovranazionali; la grande politica resta ancora appannaggio di cancellerie nazionali e leader.
Alla faccia delle alleanze storiche.
 
Giampiero Venturi
(Difesa Online)

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