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Incubo anoressia, una testimonianza di volontà e coraggio

Un'adolescente nell'inferno dell'anoressia: la scuola come ancora di salvezza

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Si chiama Vera, ha compiuto 17 anni qualche giorno fa, ha grandi occhi scuri, una  massa di capelli neri, un sorriso accattivante.
Mi racconta spontaneamente l’incubo da cui è uscita, vorrebbe aiutare le ragazze che rischiano di sprofondare nell’anoressia.

Volevo punire i miei genitori, volevo che si occupassero di me, non pensavo che fosse una malattia, non capivo che potevo rischiare di morire…
Non arrivavo neanche a trenta chili, se desideravo comprare un paio di shorts dovevo andare nei negozi per bambini, ero stanca, sfinita. Era uno spreco di energia fare un passo, piegarmi, accavallare le gambe.
Orribile la sensazione che quando camminavo la gente mi guardava con curiosità cattiva, non volevo più uscire di casa. Dolorosa la solitudine, tanti amici mi hanno abbandonato, forse perché si sentivano in imbarazzo davanti alle mie braccia sottili, al mio viso scheletrico. Ma io qualche volta mi vedevo bella…
L’unica cosa che mi interessasse era la scuola, volevo andare bene, prendere bei voti…poi il ricovero in ospedale, quaranta giorni di medici, infermiere, sondino nasogastrico, alimentazione forzata, aghi  in tutte le vene. Un inferno.
Mi hanno concesso qualche giorno di vacanza, sono andata al mare e anche lì sguardi pesanti, inquietudine, temevo di dover tornare in ospedale, avrei dovuto aumentare di peso, prendere almeno due chili.
 
E invece, quando mi hanno pesato e mi hanno trovato più «leggera»…  scappata, ho spento il cellulare ed ho aspettato che il tempo passasse. Poi ho avuto paura, ho riacceso il telefono. Mio padre mi ha chiamato, io gli ho risposto, mi sono fidata di lui, mi ha promesso che mi avrebbe riportato a casa e solo allora gli ho detto dov’ero.
Quello è stato il momento in cui ho capito che dovevo impegnarmi, mangiare un po’ di tutto, essere forte, resistere alla tentazione del digiuno. Neanche a scuola mi avrebbero accettata se fossi rimasta in quello stato.
Voglio studiare medicina, diventare psichiatra. Lentamente ho cominciato a mangiare, in modo compulsivo e disordinato. Anche di notte aprivo il frigorifero e mandavo giù di tutto, qualche volta il mio piccolo stomaco rifiutava il cibo.
Ho creduto di diventare bulimica. Ce l’ho messa tutta per tornare ad essere una ragazza normale.
 
I medici non mi hanno aiutato, mi ha aiutato la scuola: gli insegnanti mi hanno accolta con affetto, ancora oggi mi telefona una prof del biennio.
Vorrei dire a tutte le ragazze di essere forti, di prevenire questa malattia terribile, di essere in pace con se stesse.
Oggi io lo sono, ho chiuso con gli amici che non sono stati capaci di essermi vicini, sono più attenta agli altri, comprendo la sofferenza perché ho sofferto.
E vorrei che a nessuno succedesse quello che è capitato a me.

Sorridi alla vita, Vera, sei una ragazza intelligente e forte, la malattia sarà solo un brutto ricordo.
 
Luciana Grillo

[La foto è autorizzata - NdR]

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