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Romano Prodi conclude a Pergine la sua visita in Trentino

«L’Europa ha bisogno di una classe dirigente preparata: la cultura è un grande ascensore sociale che, sia negli U.S.A. che in Europa sta rallentando…»


 
Invitato dalla Cassa Rurale Alta Valsugana e dai club Rotary Trento, Valsugana e Vallagarina, il prof. Romano Prodi, già Presidente del Consiglio, ha incontrato la cittadinanza nel teatro gremito, con le prime file riservate ai giovani.
Il prof. Michele Andreaus lo ha presentato e la prima domanda ha riguardato l’importanza della cultura per poter affrontare la ricerca di un lavoro con consapevolezza e competenza.
«L’Europa – ha detto Prodi – ha bisogno di una classe dirigente preparata. La cultura è un grande ascensore sociale che, sia negli U.S.A. che in Europa sta rallentando… Quando ero un ragazzo, con otto fratelli e genitori semplici, studiavamo per conquistarci un posto nel mondo.
«E avevamo la possibilità di scegliere. Oggi capita sempre più spesso che il figlio dell’avvocato fa l’avvocato, il figlio dell’architetto fa l’architetto… la famiglia si chiude, dà sicurezza ai figli, ma la toglie agli altri.»
 
Si è focalizzata l’attenzione sull’Europa, che procede a fatica, va a mezza velocità rispetto agli U.S.A. e a ¼ rispetto alla Cina. Qual è dunque il vero problema del futuro per l’Europa?
«Se noi continuiamo a crescere poco, non avremo più alcun ruolo… È come ripetere, nello sfrangiamento della politica europea, gli errori che furono compiuti nel Rinascimento. Allora, l’Italia era prima in tutti i campi, c’erano Michelangelo e Leonardo, Machiavelli e Ariosto.
«Poi, con la scoperta dell’America, arrivò una sorta di prima globalizzazione. E l’Italia, troppo piccola, rimase fuori dal giro.»
 
In pratica, l’Italia non seppe varare le caravelle…
«La nostra vita, oggi – continua Prodi – si serve di reti cinesi o americane, Facebook, Google, Ali baba, Amazon. L’Europa è assente, né ricomparirà se rimarremo divisi. Sarà come perdere il contatto con la Storia.»
Non poteva mancare un pensiero ai migranti.
«Fino a qualche anno fa, in Germania, ad esempio, erano più numerosi di oggi, ma erano gestiti.
«Oggi arrivano in ordine sparso, fuggono dalla Libia in guerra e l’interesse dei criminali è proprio mandarli in Europa. Qui potremmo accoglierli, diventeranno necessari dato il calo demografico, eppure il loro arrivo genera angoscia, si ha paura…
«C’è anche un altro aspetto da non sottovalutare: spesso gli immigrati già stabiliti in Italia mandano i loro figli più bravi in Gran Bretagna, in Germania, in Canada, e qui rimangono i giovani meno preparati.»
 
Cosa pensa Prodi della ingiustizia distributiva, della enorme divaricazione che dagli anni ’80 si è creata fra ricchi sempre più ricchi e poveri?
«Nel dopoguerra, e fino agli anni 75/80, la distribuzione delle risorse era abbastanza equa. Poi tutto è cambiato, chi guadagna molto, non investe ma accumula, dunque si spende meno, cala la domanda, scema la crescita.
«Oggi l’unica cosa che si chiede è il servizio alle persone, aumenta la richiesta di badanti, ad esempio.»
 
E, in particolare, come vede la situazione del nostro Paese?
«Nonostante tutto, l’Italia è il secondo Paese industriale d’Europa, anche se oggi le grandi industrie non sono più italiane.
«Dobbiamo favorire le imprese familiari, far sì che i figli continuino il lavoro iniziato dai padri o dai nonni, costituire Fondazioni e convincere le aziende a fondersi.
«È l’unione che fa la forza, e ciò vale per le aziende come per l’Europa.»
 
Il dibattito che ha fatto seguito a queste riflessioni è stato interessante e vivace; i giovani hanno chiesto a Prodi informazioni e convinzioni sulla Brexit, sulla moneta unica, sulla doppia velocità dell’Europa, sull’eventualità di creare una difesa europea. Il presidente ha risposto sottolineando la necessità di un’Europa forte.
E non ha nascosto un qualche sentimento di delusione e pessimismo.
 
Luciana Grillo – l.grillo@ladigetto.it

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