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«L'Insaponatrice di Correggio» alla Galleria Centra di Trento

La giovane artista Laura Marcon rivisita con oggetti e foto la leggenda nera di Leonarda Cianciulli

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Pochi oggi, tranne forse i nati negli anni venti e trenta (e gli storici del ventennio fascista), saprebbero dire chi e cosa evochi il nome di Leonarda Cianciulli, nota come «l'nsaponatrice di Correggio».
Dal 1939 al 1940 uccise tre donne, le fece a pezzi e le bollì ricavandone sapone («Finì nel pentolone, come le altre due (…); ma la sua carne era grassa e bianca: quando fu disciolta vi aggiunsi un flacone di colonia e, dopo una lunga bollitura, ne vennero fuori delle saponette cremose e pasticcini», da Leonarda Cianciulli, Confessioni di un'anima amareggiata).
Condannata a trent’anni di reclusione e tre di manicomio criminale morì nel 1970 in manicomio.
A rinverdire la memoria di questa serial killer in gonnella ci pensa in questi giorni la Galleria d'arte CENTRA di Trento (in via II Androna Borgonuovo n. 3) con la mostra «Malaura's Leonarda Cianciulli Horror Suite» (a cura di Tommaso Decarli) che sarà visitabile dal 22 ottobre (ore 18) fino al 12 novembre.
L’artista è Laura Marcon, diplomata nel 2013 presso la Scuola Italiana Design di Padova con un Master in Design Creativo. Dal paese nativo di Piove di Sacco si è trasferita a Trento per lavoro, come freelance nel campo del design e dell’illustrazione.
 
Abbiamo chiesto alla giovane artista di parlarci della propria mostra.
«Questa questione mi è stata offerta da Capitaine Gidouille, il soggetto cui fare riferimento/chiave, Leonarda Cianciulli, mi è parsa subito molto farcita e coinvolgente...
«La tecnica non è molto tecnica, nel senso che a parte per le foto/polaroid, gli altri componenti della mostra volevano proprio dare l’idea di uscire dai luoghi di vita di Leonarda: il caramello, la marmellata impiastricciata che sicuramente spesso usciva fumante assieme alle gustose torte di cioccolato che spesso usava regalare alle sue care amiche; i disegni sporchi di fuliggine, ritratti di ombre che prendevano vita quando in casa c’era solo lei…
«Ciò che si trova sono immaginati pezzettini di sostanze precisamente vaghe avvertite da una donna anzi ancor di più da una fervida madre. Gli oggetti, disegni, foto etc…, vorrebbero essere visti e ascoltati, piccoli perché portatili nella mente come dei souvenir.»
 
Abbiamo quindi rivolto il nostro appello chiarificatore al curatore per la «decifrazione» della mostra.
«Laura Marcon ha scelto come proprio nom de plume una sorta d’acronimo che dovrebbe, secondo la sua intima convinzione, richiamare alla mente un carattere ingenuamente malizioso, vivace, giocoso e un po’ monello, comunque inoffensivo.
«Tuttavia, a chi scrive, il nome Malaura richiama situazioni e figure letterarie tutt’altro che rassicuranti (basti pensare al Maldoror di Lautréamont) o parole, che poco sanno di gioco e spensieratezza (malaria, malaugurio,…); usando, poi, con disinvoltura il segno dell’elisione, possiamo pervenire ad esiti altrettanto sinistri: ad esempio, mal’aura, per indicare una cattiva aura, malefica, sulfurea, termini che ben s’addicono agli oggetti presentati e, in particolare, al personaggio che li ha ispirati.
«Tengo a precisare che nulla vi è di estremo nella personalità dell’artista, niente che possa accomunarla alla Saponificatrice di Correggio; ciò detto, Malaura non ha comunque mancato al suo impegno: si è lasciata sì tentare da un demone suadente, ma solo quel tanto che le è servito per indagare, attraverso il mezzo estetico, il tormento a cui vanno spesso incontro le anime fragili, indagine che le ha fatto vivere in prima persona la profonda ed oscura dicotomia fra candore e amoralità, fra innocenza e depravazione.
«In un involucro fatto di rimandi all’infanzia e di caramello, si nascondono i peggiori scongiuri ed esorcismi atti a proteggere, a salvare, chi ci sta a cuore, anche a costo della vita degli altri, di coloro che ci circondano, ma che non fanno direttamente parte del nostro cerchio di affetti.
«Gli incantesimi ossessivi di Malaura si materializzano sotto forma di ectoplasmi della consistenza e del colore della confettura; sono fiabe per bambini non edulcorate, che hanno mantenuto il loro originale contenuto di violenza, non censurate dall’ipocrisia bigotta e perbenista della società che vede la puerizia come un’età innocente – l’artista, al contrario, ne riconosce la fondamentale matrice anarcoide infarcita di crudeltà.
«Quelle che osserviamo sono autentiche testimonianze di una ritualità domestica, popolare, di magia bianca costretta a vestirsi di nero, di buone intenzioni che trasformano una madre amorevole in un carnefice spietato; e di questa donna l’artista ci mostra i sogni di madre a lungo mancata, i figli nati morti, il destino di quelli sopravvissuti vaticinato nei fondi del caffé, il sangue rappreso delle vittime straziate, offerte in olocausto alla morte.»

«Malaura's Leonarda Cianciulli Horror Suite»
(a cura di Tommaso Decarli)
dal 22 ottobre (ore 18) fino al prossimo 12 novembre
Galleria Argo - Via II Androna, 3 – Trento
Orari: lunedì 16-19 - da martedì a sabato 10-12/16-19
0461 984581

 Leonarda Cianciulli 
Leonarda Cianciulli nasce a Montella di Avellino nel 1893, concepita in seguito a una violenza carnale subita da Emilia Di Nolfi. Emilia sarà costretta a sposare il suo violentatore e odierà per sempre quella creatura, anche dopo aver divorziato ed essersi risposata con Mariano Cianciulli, dal quale avrà altri figli.
Leonarda è una bambina debole, malaticcia ed epilettica ed è maltrattata dalla madre, mentre i fratelli la isolano e la trattano allo stregua di una paria.
La sfortunata bambina cerca di sfuggire alla propria situazione famigliare tentando più volte il suicidio ma è sfortunata anche da quel punto di vista:
«Cercai due volte di impiccarmi; una volta arrivarono in tempo a salvarmi e l'altra si spezzò la fune. La mamma mi fece capire che le dispiaceva di rivedermi viva. Una volta ingoiai due stecche del suo busto, sempre con l'intenzione di morire e mangiai dei cocci di vetro: non accadde nulla.»
 
Nonostante non sia una grande bellezza (grassa e dal viso mascolino), Leonarda trova nell'adolescenza una via di consolazione alla sua triste vita: la compagnia maschile.
Un bel giorno uno dei tanti uomini da lei frequentati, l'impiegato statale Raffaele Pansardi, la sposa e la porta via dalla madre. I due coniugi Pansardi si trasferiscono infatti a Lariano, un paesino dell'Alta Irpinia… sul quale, poco tempo dopo, si abbatte un terribile terremoto.
Leonarda e suo marito cadono in rovina e si trasferiscono nuovamente, questa volta in Emilia Romagna, a Correggio (Reggio Emilia).
Il paesello verrà reso famoso dalla Saponificatrice, ancora prima che da Ligabue.
I cittadini accolgono bene la coppia, che vive in Via Cavour 11A. Leonarda si ingegna in un commercio di abiti usati. Grazie a questo commercio e grazie al rimborso danni per il terremoto, la coppia risolleva ben presto la propria economia, tanto da permettersi una collaboratrice domestica.
 
Nonostante la nuova situazione economica, la donna non riesce a godersi la vita perché è ossessionata dalla maledizione che sua madre ha pronunciato in punto di morte, una maledizione che le augura una vita piena di sofferenze.
Come se ciò non bastasse, anni prima una zingara le aveva fatto una terribile profezia, la cui prima parte recitava: «Ti mariterai, avrai figliolanza, ma tutti moriranno i figli tuoi».
Mai predizione fu più veritiera: le sue prime 13 gravidanze finiscono con 3 aborti spontanei e 10 neonati morti nella culla.
Dopo l'intervento di una «strega» locale, Leonarda riesce finalmente a portare a termine non una, ma ben quattro gravidanze.
Un caso? Auto-condizionamento? Magia?
Non lo potremo mai dire con certezza, ma sta di fatto che adesso Leonarda Cianciulli non è più la bambina che cerca il suicidio per sfuggire a una vita priva di amore materno, il destino l'ha trasformata in una madre disposta ad uccidere chiunque provi a strapparle via quei 4 preziosi doni del destino.
È il 1939, Giuseppe, il primogenito, è iscritto a lettere all'Università di Milano, Bernardo e Biagio frequentano il ginnasio, Norma l'asilo delle suore.
C'è una guerra alle porte, l'angoscia di Leonarda è sempre maggiore, sopratutto teme che l'esercito si porti via il suo Giuseppe, a combattere contro gli Alleati.
 
Memore dell'intervento magico compiuto anni prima della strega, e andato a buon fine, Leonarda trova ben presto la soluzione al suo problema: la magia.
«Non potevo sopportare la perdita di un altro figlio. Quasi ogni notte sognavo le piccole bare bianche, inghiottite una dopo l'altra dalla terra nera... per questo ho studiato magia, ho letto i libri che parlano di chiromanzia, astronomia, scongiuri, fatture, spiritismo: volevo apprendere tutto sui sortilegi per riuscire a neutralizzarli.»
Leonarda si rivela un'ottima «apprendista», in poco tempo diventa una maga rinomata nella zona. Fa gli oroscopi e legge le carte alle amiche e alle persone (soprattutto donne sole) che si recano nel suo studio magico, ma la Saponificatrice fa le carte anche su se stessa, nella speranza di conoscere il destino di Giuseppe.
 
Una notte i sogni spaventosi di Leonarda scompaiono e al loro posto appare una Madonna. In braccio porta un Gesù bambino nero e spiega alla donna cosa deve fare: ci vogliono dei sacrifici umani per salvare i suoi figli.
La novella maga decide così di passare al setaccio tutte le proprie clienti, fino a quando non trova tre potenziali vittime che fanno al caso suo: tre donne sole, mature e disposte a tutto pur di cambiare la loro triste e noiosa vita a Correggio.
È il momento di agire.
La prima vittima si chiama Faustina Setti, una settantenne che non ha ancora perso le speranze di trovare marito e che si consulta spesso con la maga per conoscere il proprio destino amoroso.
Leonarda le legge le carte, le promette che sono in arrivo novità e un giorno le comunica finalmente la lieta novella: un ricco amico della Cianciulli stessa, e residente a Pola, ha deciso di sposarsi, e ha visto in Faustina Setti la sua donna ideale.
Leonarda consiglia all'amica di vendere tutti i propri averi e di non fare parola con nessuno su questa storia, per non scatenare inutili invidie.
Il giorno della partenza Faustina si presenta, tinta truccata ed eccitata come una bambina, dalla maga sua amica, per gli ultimi saluti di rito.
 
La Cianciulli le offre un caffè, anche se ci sarà da aspettare un po': il fornello è occupato da un enorme pentolone pieno d'acqua bollente sul fuoco, è ora di fare una scorta di sapone per l'inverno!
Nell'attesa del caffè, consiglia perciò alla Setti di guadagnare tempo, magari scrivendo delle lettere ai parenti, nelle quali annuncia che l'incontro con l'uomo è andato a buon fine.
Mentre la settantenne, mezza analfabeta, si affatica sulle lettere, Leonarda prende la scure e le spacca la testa.
Il corpo viene sezionato in nove parti, il sangue raccolto in un catino per scopi ben poco ortodossi… gettai i pezzi nella pentola, aggiunsi sette chilogrammi di soda caustica, che avevo comprato per fare il sapone, e rimescolai il tutto finché il corpo sezionato si sciolse in una poltiglia scura e vischiosa con la quale riempii alcuni secchi, che vuotai in un vicino pozzo nero.
«Quanto al sangue del catino, aspettai che si coagulasse, lo feci seccare al forno lo macinai e lo mescolai con farina, zucchero, cioccolato, latte e uova, oltre a un poco di margarina, impastando il tutto.
«Feci una grande quantità di pasticcini croccanti e li servii alle signore che venivano in visita, ma ne mangiammo anche Giuseppe e io.»
Il giorno dopo la Saponificatrice manda l'ignaro Giuseppe a Pola, a imbucare le lettere scritte dalla povera Faustina innamorata.
 
La seconda vittima si chiama Francesca Soavi. È una donna molto attiva, che si sente in gabbia nel paesino Emiliano, così si reca spesso da Leonarda perché vuole sapere dalle carte se troverà mai un posto di lavoro in qualche altra città.
La Cianciulli le promette che a Piacenza c'è ad aspettarla un posto da maestra elementare in un collegio femminile. La donna ringrazia entusiasta e, come Faustina, una fredda mattina del settembre 1940 si reca a salutare la maga, per ringraziarla dell'aiuto.
Anche se con qualche difficoltà in più, Leonarda convince Francesca a non fare parola con nessuno e a scrivere le solite lettere d'addio. Poi compie il suo secondo sacrificio umano.
Questa volta ruba i soldi dalle tasche della vittima e, giorni dopo, si presenta alla famiglia dicendo che è stata incaricata da Francesca a vendere tutte le sue cose.
Giuseppe intanto viene mandato a imbucare delle lettere a Piacenza.
 
Terza e ultima vittima. Virginia Cacioppo è una cinquantatreenne ex cantante lirica, che non riesce ad accettare l'età e che passa le giornate ricordando malinconicamente i passati successi artistici.
Leonarda la convoca nel suo studio e le promette che un suo amante, dirigente di un fantomatico teatro di Firenze, sarebbe disposto ad assumere Virginia come segretaria e, eventualmente, potrebbe anche inserirla in qualche spettacolo.
La cantante lirica accetta entusiasta e, per rispetto nei confronti dell'amica, non racconta a nessuno del misterioso amante-dirigente di Firenze che la vuole assumere.
Il 30 settembre 1940 si ripete alla perfezione l'ormai solito copione di morte della Saponificatrice.
«Finì nel pentolone, come le altre due. La sua carne era grassa e bianca, quando fu disciolta vi aggiunsi un flacone di colonia e, dopo una lunga bollitura, ne vennero fuori delle belle saponette cremose. Le diedi in omaggio a vicine e conoscenti. Anche i dolci furono migliori: quella donna era veramente dolce.»
 
A incastrare Leonarda Cianciulli non saranno né un errore madornale né un investigatore geniale, come succede in tutte le storie di assassini seriali, ma saranno bensì una parente impicciona e un prete avido.
Il 30 settembre 1940, prima di sparire, la Cacioppo era stata seguita da una cognata, curiosa di sapere perché Virginia le aveva venduto tutti i vestiti. La donna, non vedendo più uscire Virginia dalla casa in Via Cavour, si insospettisce e mette in guardia la questura.
La questura stessa, poco tempo dopo, durante dei controlli, incappa in un Buono del Tesoro della Cacioppo, depositato alla Banca di San Prospero da un prete di campagna.
Interrogato dagli inquirenti il parroco confessa di aver comprato il Buono da A. Prosperi, amico-amante della Cianciulli.
Leonarda è alle strette. Il questore vuole spiegazioni, ma è nuovamente la Madonna con il Gesù nero ad apparirle in sogno e a dirle di confessare tutto.
 
 EPILOGO 
Durante il processo (1946), la mamma assassina, sarà costretta nuovamente a difendere l'adorato Giuseppe dall'accusa di averla aiutata negli omicidi.
Gli inquirenti giustamente hanno diversi dubbi sulle possibilità che una donna di cinquanta anni, alta un metro e cinquanta e tarchiata, sia riuscita da sola uccidere e sezionare tre esseri umani.
Così Leonarda, pur di salvare dalle accuse Giuseppe, propone alla corte di eseguire per loro ciò che ha fatto alle altre donne. A sorpresa il giudice accetta la proposta e vengono fatti portare nell'aula il cadavere di un vagabondo, un pentolone e una scure.
In 12 minuti netti, sotto agli sguardi allibiti dei magistrati e degli avvocati, il vagabondo viene sezionato, smembrato e bollito per fare saponette. Leonarda è la sola colpevole.
Il prete e il suo amante se la cavano con un'accusa di ricettazione.
Condannata a 30 anni di carcere e 3 anni di manicomio, Leonarda passa la sua condanna nelle strutture di Pozzuoli e Aversa, lavorando all'uncinetto, facendo il discorso di benvenuto ai funzionari ministeriali in visita e cucinando biscotti per tutte le sue compagne.
 
A questo proposito, una suora che l'ha conosciuta ricorda: «Malgrado gli scarsi mezzi di cui disponevamo preparava dolci gustosissimi che nessuna detenuta però, si azzardava a mangiare. Credevano che contenessero qualche sostanza magica.»
Il 15 settembre 1970, in seguito a apoplessia celebrale, la Cianciulli si è spenta nel manicomio criminale di Pozzuoli ed è stata seppellita nella fossa comune della città campana.
Alla sua misteriosa figura di madre (e quindi di dispensatrice di vita) che si trasforma in terribile assassina sono ispirati il film «Gran Bollito» di Bolognini, lo spettacolo teatrale «Amore E Magia Nella Cucina Di Mamma» della Wertmuller e «Cianciulli!» della band Heavy Metal AFA, ma anche pagine su pagine di libri.
(fonte: Sashinka Gorguinpour, su Carmilla online)

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