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Verso il referendum del 4 dicembre: una scelta per le riforme

Il documento di Confcooperative sul Referendum: «Avanti con le riforme»

Confcooperative ha chiesto, già diverse stagioni fa, in tempi non sospetti, di intraprendere un processo riformatore che oggi torniamo a incoraggiare.
A livello nazionale e a livello territoriale Confcooperative sta organizzando momenti di confronto sulla prossima consultazione referendaria e sulla necessità di proseguire il percorso riformatore di cui il paese ha bisogno.
Di seguito il documento promosso dalla Federazione.

 Confcooperative: procedere con le riforme 
1. Confcooperative è impegnata a promuovere una conoscenza corretta e approfondita della riforma costituzionale che sarà oggetto del referendum confermativo del 4 dicembre.
Organizza occasioni di approfondimento e discussione nei suoi organismi settoriali e territoriali e con le cooperative aderenti.
Invita i cooperatori ad informarsi e a partecipare al voto.
Condivide i contenuti della riforma.
Anzi, prende atto che la riforma costituzionale recepisce anche proposte avanzate negli anni scorsi dal movimento cooperativo, e in particolare con documenti della Alleanza delle Cooperative Italiane.
All'inizio del 2013, in vista delle elezioni politiche che hanno dato il via alla attuale legislatura, l'Alleanza si è rivolta alle forze politiche per chiedere che la nuova legislatura provvedesse a compiere le riforme strutturali necessarie, ma anche «a un riassetto complessivo del sistema istituzionale», e indicava «alcuni temi da tempo maturi», quali «il superamento del bicameralismo perfetto, il ripristino di un ruolo centrale dello Stato nell'equilibrio dei diversi livelli istituzionali, la semplificazione e la riduzione del numero degli enti intermedi a partire dalla Province».
 
2. C'è un perché. Già prima della crisi, nel decennio scorso, Confcooperative e altre principali associazioni imprenditoriali avevano fatto questa valutazione: la crescita più lenta del resto di Europa, la produttività che non avanzava, la debolezza competitiva del sistema imprenditoriale, il deficit di infrastrutture, rendevano insufficiente risolvere solo i problemi specifici delle cooperative, o di altri settori.
Nessuno può crescere bene in un contesto pesante, burocratizzato, oneroso, lento.
Da qui la scelta di sollecitare riforme strutturali: la previdenza, il mercato del lavoro, la scuola e l'università, la giustizia civile, il fisco più equo e senza evasione, l'impulso alla innovazione, alla digitalizzazione e alla internazionalizzazione, e tante altre, che in parte si sono cominciate a fare.
Da qui anche la necessità stringente di riforme istituzionali: migliorare il processo legislativo, riordinare l'affollamento di enti intermedi, ridurre i costi eccessivi della politica, dare il via a una pubblica amministrazione moderna, efficiente, trasparente, capace di assicurare opere pubbliche in tempi accettabili, impedire che le scelte necessarie e a volte urgenti si impantanino continuamente.
Sappiamo tutti che una pubblica amministrazione ridondante e antiquata diventa di fatto dispotica. Invece di essere al sevizio della società civile e delle sue attività economiche, le frena, le rallenta e le scoraggia.
 
3. Da qui le ripetute prese di posizione di Confcooperative, da sola, o insieme ad altre parti sociali, e dal 2011 come Alleanza delle Cooperative Italiane.
Il bicameralismo perfetto comporta lungaggini e viene di fatto superato con accorgimenti per i quali il vero esame avviene in una sola Camera (decreti legge, fiducia, tempi predeterminati come per la legge di bilancio, che verrà presentata al Parlamento il 20 ottobre e sarà approvata entro l'anno.
Le province in un certo senso già non ci sono più: la scelta di ridurre le Camere di commercio a 60 massimo va avanti, ma già prima della riforma camerale si era avviata una autoriforma con accorpamenti. Banca d'Italia ha già rinunciato da tempo ad avere filiali in tutte le province, con alcune decine in meno.
La maggior parte delle associazioni imprenditoriali si fa la propria geografia organizzativa con strutture associative interprovinciali. Anche alcuni grandi sindacati hanno preso questa strada. L'impegno va al dopo province: a creare forme di raccordo agili, funzionali, efficaci in luogo della vecchia e rigida architettura istituzionale, imbarocchita da decenni di aggiunte senza razionalizzazioni.
L'attuale titolo V, cioè la suddivisione di competenze fra Stato e Regioni, ha prodotto un contenzioso costituzionale insostenibile. Le correzioni sono indispensabili.
La scomparsa del CNEL rispecchia semplicemente la realtà: nessuna delle parti sociali rappresentate nel CNEL quando ha una proposta importante la sottopone al CNEL. Invece la porta direttamente al Parlamento e al Governo. La dinamica democratica dell'Italia ha saltato il CNEL, svuotandolo di fatto.
Forme sostanziali di partecipazione diretta dei cittadini al processo legislativo, come le proposte di legge di iniziativa popolare e i referendum abrogativi, acquisiscono maggiori probabilità di successo.
La riduzione dei costi della politica va accolta come un buon segnale per andare oltre.
 
4. Guardiamo avanti: il nostro non è il Parlamento solitario di un'isola perduta. Anche i Consigli regionali legiferano nelle loro materie.
Anche il Parlamento europeo con le altre istituzioni dell'Unione legifera, con regolamenti che vanno subito in vigore e con direttive da recepire. Gran parte delle attività economiche è legata alle scelte di trattati internazionali.
Entità come il Comitato di Basilea, la BCE, lo IASB e tante altre sono determinanti nel processo regolatorio. A casa nostra pensiamo al ruolo assunto da ANAC e da Antitrust.
Dobbiamo impegnarci per dare trasparenza, democraticità, efficienza a questo processo decisionale policentrico, a questa filiera complessa che alla fine produce regole per la vita delle imprese e dei cittadini. Qui sta la sfida per avere nelle nostre mani il nostro futuro (per averlo nelle nostre mani insieme ad altri, anziché lasciarlo solo nelle mani di altri).
Dobbiamo andare avanti a costruire soluzioni valide e nuove ai problemi che si presentano.
L'Italia è solo all'inizio del suo cammino di modernizzazione. Le istituzioni e la politica vanno sollecitate e incoraggiate a fare di più, a fare con spirito aperto, a correggere con realismo sulla base della esperienza attuativa.
Molte cose sono ancora da fare per dare un futuro vitale e soddisfacente agli italiani.
È con questo spirito che guardiamo alle riforme. Lo facciamo con l'animo dei cooperatori che fin dalle origini sono stati inventori di soluzioni nuove, autori di regole nuove per le loro attività, maestri di condivisione e responsabilità.

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