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Il senso della vita per Gianna Jessen – Di Sandra Matuella

Prima dell’incontro con i giovani all’Arcivescovile di Trento, Gianna Jessen ha chiarito alcune questioni per il nostro giornale

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Gianna Jessen è un paradosso vivente: è nata infatti in una clinica abortista della California, a seguito di un aborto volontario non riuscito.
«Al settimo mese di gravidanza mia madre decise di abortire, tramite iniezione salina nell’utero. 
«Sono riuscita a sopravvivere e a chi, oggi, mi dice di non vedere le ustioni del sale sul mio corpo, io dico loro di leggere le mie cartelle cliniche: sono nata il 6 aprile 1977 durante un aborto salino alla 29esima settimana, pesavo meno di un chilo e al momento dell’espulsione dall’utero ero viva, anziché morta.
«Per puro caso, il medico non era in servizio per concludere la sua opera, così l’infermiera ha dovuto mettermi in una incubatrice e firmare il certificato di nascita. La mia versione è che in quel momento Dio ha distratto il medico con un caffè.»

A seguito di questa nascita estrema, Gianna ha avuto una paralisi cerebrale per mancanza di ossigeno.
«Per molti la paralisi è una malattia – osserva – ma per me è stata un dono, perché se non fossi Sopravvissuta, non avrei avuto nemmeno la paralisi.»
Quanto ai medici che la presero in cura, «giurarono che non sarei riuscita a tenere la testa dritta e neanche a camminare, e che avrei passato tutta la vita a letto.
«Invece sono stata adottata da Penny, una donna single, straordinaria, che nella sua vita ha aiutato ben 56 bambini affetti da gravi problemi; con una lunga terapia, tanto amore e preghiere, (Gianna è cristiana evangelica, ndr) a 3 anni camminavo già.»
 
Oggi Gianna è avvocato, vive nel Tennessee, la sua storia ha ispirato «October baby» un film di successo negli Stati Uniti: il suo equilibrio motorio è ancora instabile, ma non demorde ed ha addirittura partecipato a due maratone, mentre la sua prossima sfida sarà quella di scalare una montagna.
«Il danno neurofisiologico che ho subìto spero sia temporaneo: non voglio fare la vittima. E – rivolgendosi alla sala dell’Arcivescovile, in particolare ai più giovani – quando avete un momento di crisi pensate a me e al mio equilibrio instabile.»
Insomma Gianna non si piange certo addosso per quanto le è successo, al contrario, per lei la vita è una avventura straordinaria e il suo entusiasmo e la sua vitalità sono contagiosi, al punto che è stata accolta come una vera rockstar da oltre settecento persone, tra cui tantissimi giovani e intere scolaresche accorse anche da fuori regione, per incontrarla al Liceo Arcivescovile di Trento, in un aula magna strapiena.
 
L'incontro presentato da Silvia Piasentini di Nuovi Prizzonti, è stato promosso da ProVita Onlus, in collaborazione con Movimento Ecclesiale Carmelitano, Coordinamento Famiglie Trentine, Movimento per la Vita, Giuristi per la Vita, MEVD –Movimento Europeo Difesa Vita, Associazione La Torre, Associazione Libertà&Persona e InerTrentino.
Ha ricevuto il patrocinio e il contributo della Regione Autonoma TN/AA, il supporto di Acustica Trentina, Ottica Romani e Antica Trattoria ai Tre Garofani e il Liceo Arcivescovile per l’ospitalità .
Prima dell’incontro, Gianna Jessen ha chiarito alcune questioni per il nostro giornale.



La parola «aborto» cosa evoca in lei?
«Per me è un concetto forte e vibrante: essendo sopravvissuta ad un aborto, associo questa parola al fatto di non essere morta.»
 
E qual è la sua reazione a questo argomento?
«È un concetto che non riesco a tollerare: sempre per la mia storia personale, è come se tollerassi l’omicidio. E poi mi sembra che le persone affrontino l’aborto con superficialità, quasi con casualità, senza sapere bene di cosa si tratti esattamente, e per me questo è fonte di problemi, perché l’aborto è una questione molto complessa Oltre all’aborto, infatti, molte donne prendono la pillola del giorno dopo senza pensarci troppo, e io mi chiedo come sia possibile un comportamento di questo tipo.»
 
Attorno a queste pratiche ci sono interessi di vario tipo.
«Sì, spesso si sente dire che l’aborto e la pillola del giorno dopo sono per i diritti delle donne, in realtà l’indurre a queste pratiche, corrisponde allo sfruttamento delle donne per soldi: è come se la donna e la famiglia stessa venissero scomposte, e portata via una parte di sé.
«Capisco bene che i momenti di crisi capitano nella vita di ogni persona, ma noto anche, che stiamo perdendo il senso della prova: ognuno di noi deve superare delle prove, mentre oggi ci aspettiamo che tutto sia facile e non c’è più il senso del sacrificio.
«E se dovessi dire quale sia il momento in cui le donne hanno la possibilità di scegliere, tranne le eccezioni, non è quando decidono di sottoporsi all’aborto, ma è prima del rapporto sessuale stesso, decidendo se avere o meno il rapporto.»
 
Come valuta la legge promossa dai socialisti francesi, che intende proibire i siti che si esprimono contro l’aborto?
«Per me questa legge che punisce chi parla contro l’aborto è uno choc: direi che questo tema ha la stessa portata del Comunismo in Cina. Speriamo che i francesi si mobilitino per non fa passare questa legge.»
 
Alle recenti elezioni americane, per molti cattolici ed evangelici la Clinton era eticamente ineleggibile poiché sostenitrice delle politiche abortiste. E per quanto riguarda Donald Trump?
«Non mi è mai capitato di vedere tanta demistificazione e odio per un candidato alle elezioni americane: grazie a Trump, invece, dopo 40 anni, la legge sull’aborto potrà essere cambiata.»
 
Sandra Matuella – s.matuella@ladigetto.it

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