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Palazzo Thun: restaurato l'appartamento di Matteo Thun

Ospiterà la Segreteria generale e l'Avvocatura del Comune di Trento, ora in via Calepina

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In quattro delle stanze principali dell'appartamento nobile del primo piano di Palazzo Thun si sono conclusi i lavori di restauro, appaltati all'associazione temporanea d'imprese composta da Enrica Vinante e dall'impresa INCO srl, con recupero dei pavimenti lignei da parte della ditta Opera IV, su progetto e direzione lavori dell'architetto Anna Bruschetti del Servizio Edilizia pubblica.
La previsione della amministrazione è quella di spostare gli uffici della Segreteria Generale al primo piano dell'edificio a partire dall'inizio del 2017, per consentire il trasferimento dell'ufficio Avvocatura, ora in via Calepina.
I lavori conclusi hanno comportato il totale rifacimento degli impianti per una loro ottimizzazione e messa a norma, circostanza che ha comportato il parziale smontaggio e rimontaggio dei pavimenti lignei intarsiati e la loro successiva sistemazione nelle stanze nobili, il restauro e la nuova realizzazione di un pavimento alla veneziana nel resto degli ambienti minori. I lavori avevano anche come obiettivo quello di sbarrierare tutti gli uffici e di realizzare un nuovo corpo servizi, nelle stanze più a est.
 
È stato quindi portato a termine il lavoro nelle quattro stanze principali dell'appartamento nobile, con il restauro conservativo dei soffitti dipinti, dei finti marmi, di caminetto, lampadari e specchiere della sala principale.
Si tratta di stanze comunicanti tra loro, le prime due erano definite «stanze di conversazione» dalle quali si accede a quella che era la camera da letto e quindi allo studio, all'interno dell'appartamento di Matteo Thun progettato dall'arch. bresciano Rodolfo Vantini: si tratta di un progetto del 1834 che prevedeva la riorganizzazione complessiva dell'edificio secondo gli stilemi neoclassici.
Opera di diversi pittori, i soffitti sono attribuiti a Tommaso Castellini, Giuseppe Dragoni e Ferdinando Bassi.
Il lavoro di restauro conservativo svolto ha avuto come obiettivo quello di pulire e consolidare l'apparato decorativo.
Ogni soffitto si è rivelato realizzato con tecniche esecutive diverse e ha avuto pertanto problematiche di degrado differente.
Parallelamente è stato approvato dalla Giunta comunale lunedi 5 dicembre il progetto per la realizzazione del restauro delle finiture di alcuni altri ambienti e soffitti decorati, a completamento dei lavori previsti in quest'ala del palazzo.
 
Lavori conclusi per il restauro di palazzo Thun - appartamento di Matteo Thun: € 625.465.
Lavori da realizzare: completamento e restauro superfici a palazzo Thun - appartamento di Matteo Thun: € 200.000.
 

 
 L'appartamento 
La prima stanza è attribuita al pittore bresciano Tommaso Castellini, è chiamata “stanza raffaellesca” nell'epistolario tra il conte Thun e l'architetto Rodolfo Vantini.
Si tratta di un piccolo ambiente quadrato con un soffitto realizzato come un velario chiaro teso ai quattro angoli che lascia scoperte quattro lunette di imposta: come se sopra la stanza fosse aperto un grande foulard pieno di fiori, animali e allegorie, ci sono infatti tigri, giaguari, conigli, canguri, aironi, fauni e sfingi.
Al di sotto del velario, poggiata sulla cornice perimetrale alla stanza, su uno sfondo rosso scuro è rappresentata una collezione di vasi antichi in quella che potrebbe essere la loro grandezza naturale.
Si tratta di oggetti finemente decorati, con lucentezze e trasparenze corrispondenti ai materiali di cui erano realizzati.
Il finto marmo del Lombris imita un granito rosso scuro intonato con lo sfondo delle lunette, mentre sulle pareti ora lasciate al grezzo, era originariamente stesa una tappezzeria di seta, come avveniva in molte di queste stanze.
 
Il soffitto della seconda stanza è attribuito al decoratore Giuseppe Dragoni: è la stanza rettangolare di dimensioni maggiori con affaccio sui due cortili, caratterizzata da soffitto con decorazioni allegoriche, con vasi, ghirlande e leoni sulle tonalità del grigio e del verde, al di sopra di una cornice a dentelli e dorature.
Sulle pareti in scagliola verde sono ancora presenti le specchiere ottocentesche che facevano parte dell'arredo dell'appartamento, una delle quali al di sopra del caminetto in marmo di Carrara e Giallo Mori.
In questa stanza è presente un pavimento particolarmente prezioso ad intarsi in acero, noce e ciliegio.
La terza stanza era la camera da letto padronale, con soffitto decorato da Giuseppe Dragoni con campiture verdi all'interno di una struttura a fasce grigie meglio definita.
Il Lombris perimetrale è in finto marmo venato.
Due porticine avorio portano a due camerini secondari, mentre a est si ha accesso a un corridoio realizzato successivamente sezionando le volte degli ambienti di servizio dei quali è ora previsto il restauro delle superfici.
 
Da qui si accede alla quarta stanza, a quello che era lo studio, la cosiddetta stanza dell'Aurora in nome del dipinto di Ferdinando Bassi realizzato a olio su muro in centro al soffitto.
Sulle quattro lunette di imposta della volta sono raffigurati a olio su muro quattro putti anch'essi opera di Ferdinando Bassi mentre la geometria generale del soffitto a tempera è ancora una volta opera del Dragoni.
 
 Il Palazzo 
Il comune di Trento acquista il palazzo al 19 di via Belenzani nel 1873, e nel 1949 la parte del complesso su via Manci con Torre Mirana (attualmente sede dell’Ufficio Personale e della Direzione Generale).
Palazzo Thun è oggi la sede Municipale del Consiglio Comunale.   
La famiglia Thun, originaria della val di Non, acquista il primo nucleo del suo patrimonio edilizio a Trento nel 1454, per continuare ad ampliarlo con una campagna di acquisizioni fino al 1559, quando apparteneva alla Famiglia Thun tutto il comparto edilizio compreso nell’attuale isolato tra via Belenzani, via Manci, via Oss Mazzurana e via delle Orne.
L’insieme eterogeneo di edifici aveva al centro un grande Orto, attraversato da un percorso che collegava via Belenzani con via Oss Mazzurana. Nel 1596 il ceppo della famiglia Thun si divise in due linee: la linea Thun Castel Bragher occupò il palazzo «di sotto», composto dal corpo sull’angolo tra via Manci e via Belenzani con Torre Mirana, mentre il palazzo “di sopra”, attualmente sede del Consiglio Comunale, rimase alla linea di Castel Thun.
Questa parte del complesso, detta appunto il Palazzo Thun «di sopra» è il risultato dell’accorpamento di diverse unità edilizie medioevali, quattro lotti gotici di cui una casa a torre all’angolo tra via Belenzani e via delle Orne: le prime due furono unite nel 1454, e le riconosciamo oggi caratterizzate dall’intonaco a finto bugnato visibile dopo i restauri della facciata su via Belenzani.
Questa parte del palazzo subì successivamente una importante fase di modificazione tra il 1550 e il 1557, a cui risalgono le attuali finestre e il portale di accesso sul fronte. In questa fase si puntò infatti a dare un assetto unitario al palazzo e quindi alla facciata.
Una notevole trasformazione avvenne negli anni 30 dell’ottocento, su progetto dell’architetto bresciano Rodolfo Vantini.
 
Il progetto di riorganizzazione neoclassica del palazzo di città della famiglia Thun avviene in un momento di generale rinnovamento urbano. Negli stessi anni Vantini redige progetti anche per altre residenze urbane a Bergamo e a Brescia, anche in altri casi intervenendo su edifici esistenti e trasformandoli secondo la moda dell’epoca.
In questa fase il conte Matteo Thun fece demolire e ricostruire secondo i canoni neoclassici la parte centrale del palazzo. Rispecchiano questo progetto quindi il cortile nobile e il cortile rustico (dove nel 1940 è stata posta la statua originale del Nettuno, prima sulla fontana omonima di piazza Duomo), la facciata su via delle Orne e la facciata verso nord sul giardino (attuale parcheggio). Non fu mai realizzata la imponente facciata neoclassica prevista su via Belenzani.
Dallo scalone si accede al primo piano all’antico salone poi trasformato nella Sala del Consiglio Comunale, a nord della quale si aprono una serie di ambienti comunicanti tra loro.
 
Nei lavori vantiniani la pianta del palazzo è ridisegnata intorno ai cortili costruendo un sistema di spazi ortogonali tra loro, riconfigurando e rettificando il palazzo storico frutto di tante stratificazioni, documentato nel rilievo del 1831 che ci rimane a testimonianza dello stato prima dei lavori.
Nella stessa fase furono realizzate le belle stanze che occupano l’ala nord del palazzo, al primo piano: un appartamento con ambienti destinati alla conversazione, la camera da pranzo, la sala del bigliardo, la camera da letto, lo spogliatoio: tutti con soffitti dipinti da importanti pittori bresciani dell’epoca (Casellini, Dragoni e Pernici) e pavimenti in legno a intarsi.
Questi ambienti conservano anche le porte e le finestre e alcuni arredi del palazzo ottocentesco.
L’ala nord è quella occupata da Matteo: qui si concentra buona parte dei lavori di decorazione ottocenteschi oggi visibili, mentre nella parte a sud dove probabilmente abita la madre, sono visibili ora solo le decorazioni a soffitto nella stanza di conversazione ad angolo.

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