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I problemi che la stampa ha rinviato al nuovo anno 2017

Gli incontri natalizi delle autorità con i giornalisti hanno messo in evidenza le difficoltà del settore e la volontà di superarle

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A fine anno, come sempre, il Presidente della Provincia autonoma di Trento e il sindaco del capoluogo hanno salutato la stampa del Trentino. Per i giornalisti ha parlato il presidente dell’Ordine dei Giornalisti.
Un modo per socializzare dopo un anno di collaborazione, non sempre amichevole, ma certamente costruttiva (almeno nelle intenzioni).
Interessante l’intervento di Ugo Rossi, che ha fatto notare come si debbano prendere le distanze dai social network, argomento che da tempo predichiamo ai nostri lettori e che riprenderemo più avanti.
Significativo l’incontro tra il sindaco Andreatta e il presidente dell’Ordine dei giornalisti Fabrizio Franchi (nella foto), che hanno dimostrato una notevole comunità di intenti, perché nello scambio di regali si sono omaggiati lo stesso libro: «Le otto montagne» di Paolo Cognetti.

La montagna non è solo neve e dirupi, creste, torrenti, laghi, pascoli. 
La montagna è un modo di vivere la vita. Un passo davanti all'altro, silenzio, tempo e misura. 
Lo sa bene Paolo Cognetti, che tra una vetta e una baita ambienta questo potentissimo romanzo.

«Qualunque cosa sia il destino, abita nelle montagne che abbiamo sopra la testa.»

In tutti i casi si è parlato di crisi della stampa, perché anche il settore dell’informazione ha dovuto affrontare la grande recessione che ha sconvolto il mondo.
Noi ne abbiamo parlato più volte, ma forse è bene riepilogare ancora una volta che cosa sta succedendo.
I dati di diffusione media mensile dei principali quotidiani nazionali, monitorati tra agosto 2015 e luglio 2016, evidenziano una ulteriore flessione.
La rilevazione dei consumi mediatici degli italiani nel 2016 evidenzia che la televisione continua ad avere un pubblico sostanzialmente coincidente con la totalità della popolazione (il 97,5% degli italiani).
Tengono anche gli ascolti della radio, con una utenza complessiva pari all’83,9% degli italiani.
Mantengono i propri lettori i settimanali (+1,7%) e i mensili (+3,9%), ma non i libri cartacei (senza aumentare gli ebook).
Infine l’utenza della rete Internet tocca un nuovo record, attestandosi al 73,7% degli italiani (e al 95,9% dei giovani under 30).
 

 
Le idee più diffuse sull’argomento si trovano agli estremi. Da una parte si ritiene che sia la stampa gratuita a rovinare l’«informazione di qualità». Dall’altra per contro si dà pieno credito a piattaforme sociali come facebook.
Non contestiamo entrambe le visioni della problematica.
Anzitutto la stampa stampata non è destinata a scomparire. La differenza tra un giornale di carta e uno virtuale è enorme. Se il cartaceo offre 300 articoli, il giornale online ne può dare solo 30. E non è una questione di costi o di spazi, sia ben chiaro, ma di gestibilità del mezzo online da parte del lettore. Le versioni online dei giornali che si trovano anche in edicola provano a riportare il maggior numero di notizie nella homepage, ma il risultato rimane lo stesso. Il lettore online ha dei limiti ben precisi.
Quindi, se il numero di copie vendute calerà ancora nei prossimi anni, si fermerà in un rapporto cartaceo-online equilibrato.
In poche parole parole, i due mezzi sono complementari e non concorrenti.
 
Viceversa, l’idea di appoggiarsi in toto o in parte ai social network è una follia. Per due motivi.
Il primo è che - ad esempio - Facebook non è un mezzo d’informazione ma una bacheca virtuale. Chiunque può scrivere quello che vuole senza che nessuno possa dire nulla.
Un quotidiano online registrato in Tribunale come tale, invece, risponde all’Ordine dei Giornalisti e alla legge in maniera certa. Le notizie vanno sempre verificate e la verità deve essere individuata «al di là di ogni ragionevole dubbio».
Qualcuno ha pensato di istituire un’agenzia europea capace di combattere le bufale che appaiono in rete, cioè quelle non proprio pubblicate dai giornali. Non sappiamo quanto possa funzionare l’idea, dato che la rete è praticamente incontrollabile, ma il concetto che qualche leader politico (all’opposto del presidente Rossi, evidentemente) ritenga l’autorità di controllo un modo per pilotare l’informazione, davvero ci lascia perplessi.
Se un giornale online pubblica castronerie, alla lunga saranno gli stessi lettori a isolarlo. Non c’è nulla di più devastante per un giornale della mancanza di credibilità. Ma se un social continua a pubblicare bufale, nessuno ci fa caso e anzi le necessarie smentite non fanno altro che consolidare l’ipotesi della veridicità della notizia.
 
La credibilità della testata si riversa inevitabilmente anche sulla pubblicità, che è la fonte di sostentamento delle testate online.
E in questo caso possiamo dire che il mercato impara a riconoscere la validità della testata sulla base dei risultati.
Il che ci riporta al discorso di partenza: la pubblicità viene fatta quando c’è mercato. Se la gente non acquista un prodotto, non sarà certo la pubblicità a convincerlo diversamente. Viceversa, se il mercato c’è, la pubblicità può giocare un ruolo fondamentale nel comportamento dei consumatori.
Stiamo uscendo faticosamente da una crisi epocale, per cui non c’è da meravigliarsi se la pubblicità non è ancora quella che vorremmo.
Per questo ci si trova ad avere giornali cartacei che devono ridurre gli organici, senza che la stampa gratuita riesca ad assorbirli.
E per questo riteniamo che la legge provinciale appena approvata dalla Provincia per gratificare la stampa gratuita nei prossimi tre anni possa fungere da cuscinetto nel difficile passaggio che stiamo attraversando.
 
G. de Mozzi

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