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«I due presidenti» – Settimo capitolo

Spy story di Guido de Mozzi

IL PERIODO DEI DUE PRESIDENTI



PERSONAGGI

MARCO BARBINI
IMPRENDITORE ITALIANO

GINA BARBINI
MOGLIE DI MARCO

SAOUL GROWE
AGENTE SPECIALE DELL'FBI

JILL MOORE
AGENTE NSA

JEFF FLIT
CAPO OPERAZIONI NSA

A. CHITTUM E P. VINERY
AGENTI NSA

ROLAND GARCIA
VICEDIRETTORE AIR & SPACE SMITHSONIAN ISTITUTION

GREGORY LEVITAN
DIRETTORE DEL MUSEO DI DAYTON

MANNY LARSEN
CAPO DELL'UFFICIO STORICO DELL'USAF

COLONNELO KENNETT, MRS DOLAN, MR JACOBS
DELL'ARCHIVIO STORICO DEL PENTAGONO

GEORGE BUSH
PRESIDENTE USA USCENTE

BILL CLINTON
NUOVO PRESIDENTE USA

A mia Madre
che mi ha insegnato ad amare,
a mio Padre
che mi ha insegnato a scrivere.





Capitolo 7.


Quando Luigi suonò alla porta eravamo quasi pronti, ognuno nel proprio bagno. Dovetti aprirgli io dopo aver verificato, come voleva Jill, che si trattava proprio di lui. Avevo lo spazzolino in bocca.
"Buongiorno. Non avevi detto alle sei e mezza?"
"Sì sì Luigi, ostia. Ma sono solo le sei."
"Meglio così, no?"
"OK. Non preoccuparti, siamo pronti."
"Vedo."

Dopo una decina di minuti eravamo per strada. Eravamo usciti silenziosamente dal villaggio. Il vigilante era addormentato, ma Luigi gli aveva detto di tenere comunque la stanga sollevata.
"E' un Italiano." - Disse, come per dire che non tradirebbe mai.
Arrivammo al molo del Fish Buster poco prima delle sette. Luigi ci lasciò dicendoci nel suo napoletano «stattene accuorto».
Salimmo a bordo della barca rapidamente e sistemammo il borsone sotto coperta. Ci raggiunse Phil.
"Morning. Ho riscaldato i motori e acquistato viveri ed esche vive per la giornata. Marco, non mi hai detto se dovevo portare con me il capopesca."
"E nel dubbio lo hai portato?"
"No, visto che costa..."
"Hai fatto bene... Così ti pagherò meno."
"Meno un cazzo!"
"Va bene. Vuol dire che le esche le preparerai tu mentre piloterò io."
"Dove andiamo?"
"Intanto prendi il largo. Poi ti piazzi sulla Dorsale Atlantica a sei miglia dalla costa. Faremo pesca alla traina per alcune ore sulla Corrente del Golfo. Poi, quando sarà più caldo, ci porterai a prendere il sole e fare il bagno a Bimini."
"Fiuuu! E per 300 dollari pretendi che ti porti fino alle Bahamas?"
"280 Dollari" - precisai. - "E mi riporti a casa per le otto, va bene? Al diavolo, Phil. Saranno sì e no 30 miglia..."
"Sono 45."
"Senti, ti do 350 di dollari, OK? Però non parlare più di soldi perché non sto lavorando."
"Su le ancore, ragazzi! Vedrai cosa ti faccio pescare per 400 dollari!"
"350 dollari, Phil."
Ci sistemammo riparati dall'aria del mattino mentre Phil dava gas ai motori. Vidi scorrere prima la città e poi il mare. Guardai la villa di un amico milanese sulla bocca del porto e la indicai a Jill.
"E' di un pubblicitario." - Dissi, con riverenza.
"E' un lavoro che rende, vedo. Lavora in una città di provincia anche lui?"

Diedi un'occhiata a Jill che teneva gli occhi chiusi. Riposava. Mi faceva pensare alla nottata trascorsa insieme. Alla nostra voglia di contatto fisico e alla dolcezza con cui ce l'eravamo concesso.
Meno di un'ora dopo Phil aveva ridotto la velocità a 4 nodi, aveva messo la barca parallelo alla costa, la prua verso Sud. Mi aveva dato il timone per mettere a mare i calamenti. Quattro canne per due persone.
La diminuzione del rumore dei motori aveva svegliato Jill, ma io volevo approfittarne per telefonare a casa da lì. Una cellula telefonica in oceano non era facilmente localizzabile.
"Scusa, Jill. Dovrei telefonare a casa. Potresti dare una mano a Phil?"
Si alzò e mi lasciò solo. In Italia erano le due del pomeriggio di sabato. Telefonai a mia moglie a casa.
Rispose mio figlio. Scambiammo due parole simpatiche, parlammo di golf. L'indomani avremmo giocato entrambi, a 10.000 miglia di distanza. In culo alla buca, figliolo. In culo alla buca, papà. Mi passò la mamma.
"Ciao amore! Dove sei?" - Mi accorsi che dirglielo poteva essere pericoloso per la nostra sicurezza. Mi avevano detto che di tenermi sotto controllo telefonico e ambientale.
"Non lo so con precisione, ora. Come va?"
"Ci sono problemi?"
"No, certo, ma poi ti spiegherò..."
"Hai fatto tutto quello che dovevi fare?"
"Quasi. Forse ho fatto bingo."
"Hai trovato quello che cercavi?"
"Mi tocco le palle, ma forse sì. Lo saprò lunedì.
"Quando mi richiami?"
"Domani."
"Mi manchi." - Guardai Jill nel quadrato.
"Anche tu."
"Buona pesca!" - Mi disse in codice, riferendosi ai miei obiettivi e ignorando che stavo proprio per iniziare a pescare. La mia cultura mi impedisce di credere alla sfiga, ma la buona educazione vuole che ad un pescatore non si debba mai augurare buona pesca. Le mandai un bacio e chiusi la comunicazione. Poi, con beata disinvoltura, mi toccai le palle.
Uscii a valutare la situazione. La giornata sarebbe stata bella. Pensai al freddo di Washington e alla nebbia di Milano, e mi rallegrai. Scesi a spiegare a Jill qualcosa sulla pesca d'altura, quando vidi degli uccelli roteare ad un centinaio di metri da noi.
"Philip! Portami sui tonni."
"Stiamo per arrivarci." - Urlò dal tuna tower.
"Li vedi quei gabbiani sulla termica? Sta portandoci là." - Indicai a Jill gli uccelli che giravano intorno in cielo senza muovere le ali. - "Se ci sono i gabbiani, vuol dire che hanno adocchiato branchi di acciughe o sardine. E dove ci stanno i branchi, ci stanno anche i predatori.
"Abbiamo due esche vive, sono su queste canne sullo specchio di poppa, una in superficie e l'altra in profondità. E due artificiali, queste che teniamo distanti con gli outridgers; anche per loro una in profondità e una in superficie. Dopo una prima passata sul branco riesci a capire qual'è l'esca migliore e se vuoi le metti tutte così."
A piena smentita della lezione che le avevo impartito, beccarono contemporaneamente un vivo in superficie e un artificiale in profondità.
Corsi a prendere quella vicina a lei e glie la misi in mano.
"Gira, gira!" - Le urlai dopo aver predisposto il mulinello.
Quindi corsi all'altra canna e mi misi anch'io a girare il mulinello. Lei chiamava aiuto. Era più forte di lei, diceva, ma sapevo che poteva farcela da sola. Dall'alto Phil urlava comandi sia a me che a lei. E' difficile recuperare due prede contemporaneamente, se non altro perché la barca non può fare il gioco di entrambi i pescatori.
E infatti io persi la preda. Lei voleva passarmi la sua canna, ma feci cenno di no e mi avvicinai con in mano il raffio. Era un lavoro che doveva fare il capopesca, che non c'era. Dopo un quarto d'ora di lotta estenuante tra Jill e il pesce, vidi la preda. Era un barracuda.
"Passami la canna!" - Le dissi.
"Proprio adesso che sto per prenderlo?"
"E' un barracuda!"
"Non mi fa paura!" - Urlò.
"Non me ne frega di cosa ti faccia. Non è commestibile e si ributta in acqua. Niente raffio. Capito?"
Mi passò la canna. Tirai su la bestia che per essere un barracuda era enorme (almeno 80 centimetri), tagliai l'esca e lo buttai provvisoriamente nella ghiacciaia. Sostituii l'esca tagliata con altra intatta, e solo dopo aver ributtato il calamento pensai a liberare il barracuda e rimetterlo in acqua.
Le cose andarono meglio il passaggio succcessivo e quello dopo ancora, solo grazie al fatto che non si attaccarono più di uno alla volta. In un'ora avevamo preso un tonno, tre wahoo, due kingfish e altri barracuda che ebbero la fortuna del primo. D'un tratto però entrammo probabilmente in un branco di tonni, perché tutte le canne si misero a tirare all'impazzata contemporaneamente. Perdemmo tutti i calamenti, uno dopo l'altro, in pochi minuti.
A mezzogiorno Phil mi chiese se era ora di mettere la prua per 0-9-0 in direzione di Bimini. Gli risposi di sì. Mi chiese se poteva issare le insegne della barca che ha pescato e gli risposi di no. Jill mi si avvicinò.
"Ha detto Bimini?"
"Esatto. Ma tanto, tu ce l'hai un passaporto, no?"
"Sì, naturalmente. Ma l'ultima cosa che voglio è fare dogana registrando il mio passaggio alla frontiera delle Bahamas."
"Phiiil!" - Urlai in alto perché mi sentisse con i motori che avevano ripreso potenza.
"Dimmi, Marco!"
"Puoi portarci a Bimini senza fare dogana?"
"Che cosa? Vieni su! Non ho capito niente!".
"Salii sulla scaletta e gli dissi che non volevamo lasciare tracce."
"Mamma mia!" - Commentò. - "Non ho mai visto una segretezza tale per un'avventura, come si dice, del cazzo."
"Spiritoso!"
"OK. Va bene. Ora lo chiedo per radio."
"Che cosa?"
"Se un amico di Bimini mi lascia accostare senza burocrazia."
"Bene. Fallo e basta." - Tornai giù.
"Se non ci sono problemi andiamo a fare il bagno a Bimini senza dire nulla a nessuno."
Lei non rispose, scettica.
"Se vuoi un consiglio..." - Le dissi. - "Mettiti in costume. Il tempo è bello e tra un'ora faremo il bagno."
"Resta il problema del reggiseno."
Tornai su da Phil.
"Ce l'hai un costume da bagno per Jill?"
"Può fare il bagno senza."
"Lo so, ma non ci tiene."
"Nel gavone di prua, insieme all'ancora di rispetto, c'è una scatola con dentro cazzate del genere."
"L'ancora..." - dissi - "insieme al pettine, i costumi da bagno, pezzi di scimmia, il pane..." - Feci per scendere dalla scaletta.
"Mi hanno dato l'OK." - Mi disse ancora Phil. - "Possiamo dare fondo in rada a Bimini Est-Sud Est. Mi costerà un po'..."
"Cazzi tuoi."
"Facevo per dire..."
Nella scatola dell'ancora c'era davvero un costume da donna. Forse gli serviva per pulire per terra, ma al momento era asciutto e pulito. Lo presi e lo portai a Jill, che lo guardò con disprezzo, ma lo accettò e andò a cambiarsi.
Quando uscì, le feci vedere il colore blu intenso che la Corrente del Golfo assume nel tratto più veloce.
"E' molto veloce, se pensi alle dimensioni del fenomeno. Farà 4 o 5 nodi, quasi come una barca a vela col vento in poppa. Phiiil!"
"Dimmi Marco!"
"Perché siamo solo adesso sulla dorsale della Gulf Stream? Non dovrebbe essere a 6 miglia dalla costa americana?"
"Non sempre." - Urlò. - "La corrente è una cosa viva. Oggi è a 5 miglia, domani a 20... Come dici tu, la natura, il tempo e i ricchi, seguono sempre il loro corso."
Jill era affascinata da quanto andava scoprendo e seguiva con lo sguardo il dialogo.
"Phil si riferiva ad un proverbio italiano?"
"Quello della natura? Sì," - sorrisi. - "Perché?"
"Perché mi suona tanto come traduzione dall'italiano. Com'è l'originale?"
"Beh, è in dialetto. Non so se lo capisci. Suona così: El temp, el cul e i siori, i fa quel che i vol lori. Significa..."
Scoppiò a ridere. - "L'ho capito. Ha Ha!"
"A sì? E cosa significherebbe quel che i vol lori?"
"Quello che vogliono. Loro. E Phil, lui sa cosa vuol dire?"
"Non è la prima volta che lo traduco. Una volta, tornando dal Québec, feci il viaggio aereo a fianco del vescovo di Montréal. In uno scambio di battute filosofiche, Sua eminenza citò Cartesio. Per tagliare corto gli citai lo stesso proverbio."
"In francese?"
"No. In latino. Tempus culusque domini, omnia ei licet."
"Ha Ha! E che significa?"
"La stessa cosa, ma in latino."
"E lui?"
"Acuto. Aveva risposto. Poi mi chiese la fonte."
"E tu glie la hai data?"
"Certo." - Risposi. - "Gli feci il nome di mio cugino, professore di latino e filosofo per eccellenza. Il vescovo avrà certamente citato il suo nome alla prima occasione."

All'una e trenta il Fish Buster aveva buttato l'ancora nel mezzo di una baietta incredibilmente blu a sfondo bianco. Per quanto abituato, anche Phil si guardava intorno soddisfatto che la sua barca potesse portarlo in posti del genere.
"E' di tuo gradimento?" - Chiesi a Jill che pareva elettrizzata dallo spettacolo.
"Io mi butto!" - Disse sorridendomi come una bambina. Aveva dimenticato ogni precauzione e ne aveva ragione.
"Aspetta." - Le dissi. - "Andiamo sopra e ci buttiamo da lì."
"Sì, sì. Tuffiamoci da lì." - Phil aveva già recuperato l'emozione del panorama, aveva spento i motori ed era sceso dal flying-bridge per fare quel sacco di cose che i comandanti fanno quando la loro barca sta all'ormeggio o all'ancora.
Mi tuffai prima io e mi si sfilò un po' il costume da bagno. Quindi attesi Jill. Si tuffò anche lei con un urlo alla Tarzan. Si sfilò un po' il costume anche a lei.
"Dai, caviamocelo del tutto!" - Dissi, togliendomi il costume e buttandolo a bordo. Mi avvicinai a lei.
"Fermo, fermo. Faccio da me." - Se lo tolse e lo lanciò in barca.
"E il reggiseno?"
Ci pensò, poi finalmente tolse anche quello.
"Hai finito di girarmi la schiena?" - Le dissi ridendo delle sue tette.
"Stronzo..."
Iniziò a nuotare verso la spiaggia. La seguii. Phil ci aveva osservati soddisfatto per poi andare in coperta.
"Che bello!" - Disse, lasciandosi cadere a prender fiato sull'incredibile sabbia bianca.
Mi sdraiai vicino a lei e incrociai una gamba sulla sua. Restammo così rigirandoci al sole per un buon quarto d'ora. Fui io a prendere la parola.
"Chi sei tu veramente?" - Le chiesi d'un tratto, cogliendola di sorpresa.
Nessuna risposta. Allora parlai ancora io.
"L'altra sera, quando ho preso la pistola dalla tua borsetta, scusami, ma ho frugato un po'. Non avevi il distintivo dell'FBI come mi aspettavo, ma solo il Passaporto (tra l'altro diplomatico) e un tesserino, con la tua foto, una banda magnetica, un codice a barre e un numero piuttosto lungo. Niente nome. Chi sei veramente?"
Silenzio per un po'.
"Allora? Ti ho dato tempo abbastanza per trovare una spiegazione. Non ti pare?"
"Hai trovato una carta di credito. Nient'altro."
"No. Conosco quelle tesserine. Appartengono ad un Servizio del Dipartimento di Stato, non della Giustizia. Cosa sei veramente?"
Si girò verso di me. Mi ricordai come la sera prima avevamo fatto l'amore e mi sentii vergognare per come mi comportavo. Tenni duro perché sapevo che anche lei avrebbe dovuto sentirsi morire per quello che stava accadendo. Era una partita imprevista e al buio. Non sapevo come sarebbe andata a finire e, come tutti i giocatori d'azzardo, avrei preferito giocare con tutto il mazzo, o almeno conoscere le carte dell'avversario.
"Se non rispondo, cosa puoi fare, mi lasci qua?" - Mi guardò sentendosi improvvisamente nuda, come in effetti era.
"Possiamo anche lasciarti qui." - Sorrisi per sdrammatizzare, ma ormai avevo gettato il sasso. Stavo per fare marcia indietro, ma lei mi attaccò.
"E' per questo che mi hai portata qui? Non è stata la tua dolcezza a scegliere un posto incantato per noi, vero? E' così che tua madre ti ha insegnato ad amare?"
Jill si girò a pancia in giù, ed automaticamente mi ritrovai attratto dal suo sedere. Questo mi riportò i piedi per terra.
"Se è per questo, non sono sicuro neanche che mio padre sia riuscito ad insegnarmi a scrivere... Senti, è l'ultima chance. Chi sei, veramente?"
"Avevi detto giusto l'altro ieri." - Iniziò dopo un po', guardando la sabbia appoggiata sui gomiti. - "Sei andato a letto con una spia."
"Sei della CIA, vero?" - Mi sdraiai al suo fianco.
Non rispose ma non ce n'era bisogno. Più di una volta avevo sentito parlare di quelle tessere alla Farnesina, il Ministero degli Esteri Italiano, perché volevano istituirle anche presso i nostri Servizi. Il problema era un altro: cosa diavolo mi tenevano nascosto di così grande da far scomodare Federali e CIA insieme per Nessuno come me? Avevano mentito su tutto? E lei, aveva scopato con me perchè faceva parte dei rischi o dei doveri del suo lavoro?
"Non so se vuoi interrompere il dialogo con me. Ma ti prego di dirmi una sola cosa, prima. Ieri, hai scopato con me perché hai voluto approfittare della situazione, o davvero impazzivi per me come dicevi mentre te la spassavi stanotte?" - Si alzò in piedi. Balzai su anch'io.
"E tu, stronza, hai scopato perché non potevi farne a meno, o perché mi amavi, come mi hai giurato per tutta la notte?"
"Davvero hai bisogno di una risposta?" - Mi disse mettendosi in posizione da conbattimento, gambe divaricate. Decisi di atterrarla con una mossa di judò, ma non essendo vestita ebbi un attimo di incertezza che le consentì di anticiparmi, tanto che mi trovai steso pancia in giù senza capire come. Mi si mise sopra tenendomi le mani dietro la schiena.
"Scotta la sabbia, amico?" - Mi si sedette comodamente sul culo.
"Stronza, mi bruci l'uccello così. Cavati."
"Non ci penso neanche. Sono una donna-sopra io." - Niente male come battuta di avvicinamento, tanto che allentò la presa quel poco che bastava per lasciarmi girare di forza a pancia in sù. In un attimo ero dentro di lei.
Forse fu il ricordo della notte, ancora troppo vicina. O forse furono quella sabbia bianca e quel mare blu. Più probabilmente avevamo solo bisogno di credere che non fosse stata una reciproca strategia di lavoro. Dopo un po' anche le nostre labbra si cercarono.
Tornammo a bordo, dopo aver fatto l'amore. A Bimini.
Phil ci issò a bordo e porse un asciugamano a lei. A me niente.
"Bravi, ragazzi." - Ci disse. - "Vi sto preparando da mangiare."
"Ce l'ha già?" - Mi chiese invece Jill mentre si passava i capelli con la testa piegata in dietro.
"Ce l'ha cosa?"
"La sabbia di Bimini."
"Quale sabbia?"
"La tua amica, quella della..."
"Oddio, la sabbia! Sì. Cioè no che non ce l'ha, brava. Era già due volte che me la chiedeva. Se me la dimenticavo anche stavolta..." - Cercai un sacchetto di nailon, ma quando lo trovai Jill me lo prese di mano.
"Vado io. Quando torni a casa di' alla tua amica come sono andate le cose." - Lasciò cadere l'asciugamano e, nuda, si rituffò in acqua. Andò sul fondo e riempì il sacchetto. Tornò su sbuffando per lo sforzo facendomi vedere che ce l'aveva fatta. L'aiutai a salire e stavolta la lavai con un getto d'acqua dolce. Poi lavai anche me. Era stato un gesto simpatico da parte sua, probabilmente proprio per consolidare l'armonia ritrovata in zona Cesarini.
Dopo un po' eravamo a tavola. Era tutto così buono... Il tonno pescato fatto in umido coi capperi, lo spumante trentino che regalo di tanto in tanto a Phil, il pane fresco che si trova vicino all'imbarcadero la mattina presto. Mangiammo tutti tre con avidità.
"Come mai non è Ferrari?" - Chiese Jill.
"Perché quello lo tengo per me." - Risposi. Ma Philip ci aveva comunque riservato un buon trattamento. Non so cosa pensasse di noi, però certamente aveva capito che eravamo stati a due passi dalla rottura.
Dopo il caffè fatto con la Moka e il Bourbon, Phil spreparò e ci lasciò andare sul flying-bridge a prendere il sole, mentre lui proseguiva le innumerevoli cose che ci sono da fare a bordo.
Sdraiàti vicini, lei mi toccava con un piede.
"C'è qualcosa che puoi dirmi?" - Sussurrai.
Silenzio.
"Sai almeno chi erano quelli di ieri?"
Sorrise.
"Dei nostri."
"Se erano i tuoi, perché non te lo hanno detto subito?"
"Perché erano i nostri. In questa operazione io sono in contatto con i Federali, e non con la CIA."
"Ah Ah!" - Scoppiai a ridere anch'io.- "Vuoi dire che erano due agenti? Abbiamo fregato due agenti della CIA?"
Ridemmo insieme. Fu il primo attimo di relax dopo la verifica sulla spiaggia. Ne approfittai per porre altre domande.
"E chi è che mi ha teso un agguato allo Smithsonian. Lo sai?"
"Ci hanno teso un agguato. Se ben ricordi c'ero anch'io. No. Non lo sappiamo ancora."
"Ma Cristo, davvero non puoi dirmi qualcosa di più? Ti riesci a mettere nei miei panni e comprendere che tutto è assurdo? Che non ci sono ragioni valide per tenermi sotto controllo... Perché è me che controllate... Vero? E' me che controlli." - La strinsi a me e lei si lasciò stringere. La sua pelle scottava come la sabbia. - "Cosa vuoi sapere da me. Dimmelo, ti posso aiutare. Ti posso dire qualsiasi cosa, perché io non ho nulla da nascondere."
Mi guardò e mi abbracciò. Il piacere del suo calore mi provocava la pelle d'oca. - "Ti amo, Marco."
Mi stava fregando, perché a questo mondo non è tanto bello amare, quanto essere amati. Mi batteva il cuore, ma non mi aveva risposto ed era chiaro che non voleva o non poteva rispondermi. Non mi restavano che due cose da fare: o fidarmi di lei e aspettare il momento della verità, o torturarla con qualsiasi mezzo fino a farla parlare.
"Non ti dirò niente di più anche se ti amo, Marco. Almeno finché non sarà tutto concluso. Ti posso solo promettere che se dovessi correre pericolo, da qualsiasi parte provenga, io sarò dalla tua. Allora ti dirò anche quello di cui non sono autorizzata."
Da qualsiasi parte provenga... Mi ricordò senza volerlo la fatidica frase del governo Badoglio. Jill aveva dunque incluso la possibilità che il pericolo potesse venire anche dai suoi? Non disse di più.
Un paio d'ore dopo stavamo ancora sul flying-bridge, vestiti, a goderci il tramonto sulla Florida davanti a noi, ormai vicini alla costa.
Alle sette salivamo in macchina di Luigi che ci riportò a casa con il nostro kingfish già pulito da Philip.

Misi il pesce in freezer perché quella sera non lo avremmo mangiato di sicuro. Preparai due aperitivi a base di gin e telefonai a casa di Gregory Levitan, a Miami, dove avrebbe dovuto passare il week-end, per accordarmi sullo skin-game dell'indomani.
"Pronto, casa Levitan." - Risposero dall'altra parte del filo.
"Sono il dottor Barbini, c'è il Comandante?"
"Il Comandante non c'è. Verrà domani. Oggi c'è stato un contrattempo."
"Ah." - Dissi un po' deluso. - "Ha almeno lasciato un messaggio per me?"
"Mr Barbini, ha detto?"
"Sì. Barbini."
"Forse doveva giocare a golf con lui domani?"
"Esatto."
"Temo di doverle dare una brutta notizia, Mr Barbini. L'Ammiraglio Larsen, che doveva giocare con voi domattina, è morto sei ore fa."
"Morto, ha detto?"
"E' stato ucciso. Un colpo di pistola alla testa. Mentre si recava all'Aeroporto di Washington per venire qui. Era fermo al semaforo, quando si è avvicinato alla sua auto un barbone. L'Ammiraglio dava sempre un dollaro ai barboni di quell'incrocio ed ha aperto il finestrino. Il barbone gli ha sparato. Un solo colpo. Alla testa."
"Un barbone?" - Dissi allibito, quasi soprapensiero.
"Con tutta probabilità l'assassino era solo travestito da barbone, sir."
"Sono senza parole..." - Dissi poi. - "Mi dispiace. Dove posso trovare il Comandante Levitan, adesso?"
"E' volato da Deyton a Washington dall'amico ucciso. Arriverà a Miami stasera tardi. Lo può trovare qui domattina."
Ringraziai e chiusi il telefono.
"La cosa si fa più seria." - Dissi a Jill che mi guardava interrogativa anche se aveva capito il senso della telefonata. - "Hanno ucciso Larsen."
"Stai... pensando che la morte sia riconducibile a te?"
"Tu che ne pensi?"
"Io devo pensarla come la polizia, in questi casi. E la polizia pensa sempre alle soluzioni più semplici, più logiche. Sono troppe le coincidenze. Dobbiamo pensare che ci sia una qualche relazione. Almeno finché non ne sapremo di più."
Prese la sua radiolina. Scambiò alcune frasi in codice, ma il suo tono era piuttosto duro.
Controllò le chiusure di casa e si mise con me sul divano senza parlare, con la borsetta aperta a portata di mano.

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